Linee guida per comprendere l’interazione tra il Regolamento sulla libera circolazione dei dati non personali e il GDPR. La Commissione europea ha pubblicato questo orientamento ieri, proprio un giorno dopo l’entrata in vigore del Regolamento sulla libera circolazione dei dati non personali (FFD).
Un provvedimento importante: “Sia questo regolamento che il GDPR hanno come obiettivo la libera circolazione dei dati: ora non ci sono più ostacoli, se non i limiti previsti dai due regolamenti”, commenta a Cybersecurity360.it Francesco Pizzetti, docente di Diritto Costituzionale ed ex presidente del Garante per la privacy.
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Dati non personali, regolamento e linee guida
Il regolamento sulla libera circolazione dei dati non personali si inserisce nel contesto della strategia del mercato unico digitale. La normativa consentirà il trattamento e la conservazione dei dati in tutta l’Unione Europea senza restrizioni che non siano giustificate.
Le Linee guida pubblicate in modo puntuale un giorno dopo il rilascio del regolamento, hanno l’obiettivo di aiutare utenti e, soprattutto, le PMI, a capire gli intrecci tra queste regole e il GDPR. Nel regolamento viene vietato ai Paesi dell’UE di emanare leggi che impongono senza motivo che i dati siano conservati solo all’interno del territorio nazionale.
Si punta dunque a evitare restrizioni legate alla localizzazione dei dati. Le Linee guida pubblicate ieri forniscono esempi pratici su come tali leggi dovrebbero essere applicate quando un’impresa tratta insiemi di dati personali e non. Nelle Linee guida vengono sottolineati:
- i concetti di dati personali e non personali
- i principi della circolazione libera dei dati
- la prevenzione dell’obbligo di localizzazione dei dati
- il concetto di portabilità dei dati
- i requisiti di autoregolamentazione.
L’autorità pubblica potrà avere accesso ai dati per condurre verifiche in qualsiasi Stato membro dell’UE siano essi conservati. Gli stessi Stati possono multare i cittadini che pur di fronte a una richiesta di un’autorità competente non forniscano l’accesso a dati conservati in un altro Stato.
Gli obiettivi
Il regolamento punta a “stimolare lo sviluppo dell’economia europea, sancendo il divieto per gli Stati di adottare norme che, se non ai fini della sicurezza, impediscano la libera circolazione dei dati nell’Unione Europea – commenta Pizzetti -. L’Europa ha raggiunto durante questa legislatura l’importante traguardo del GDPR ma altrettanto rilevante è questo”.
Proprio la stimolazione dell’economia digitale è lo scopo principale. Le nuove norme sono state pensate per aumentare la fiducia delle imprese e facilitare lo sviluppo di nuovi servizi innovativi per le PMI, nonché per sostenere l’espansione delle imprese oltre i confini nazionali.
In una nota ufficiale della Commissione Europea, Andrus Ansip vicepresidente per il mercato unico digitale, ha commentato: “Entro il 2025 l’economia dei dati dell’UE-27 dovrebbe fornire il 5,4% del suo PIL, pari a 544 miliardi di euro. Tuttavia, questo enorme potenziale è limitato se i dati non possono circolare liberamente. Eliminando le restrizioni imposte alla localizzazione forzata dei dati, diamo a un maggior numero di persone e imprese la possibilità di trarre il massimo dai dati e dalle loro opportunità. Gli orientamenti odierni daranno ora piena chiarezza su come il libero flusso di dati non personali interagisce con le nostre rigorose norme in materia di protezione dei dati personali”.
Il connubio con il GDPR offre un framework normativo europeo completo, che permette di capire in toto come in Europa possano circolare i dati.
Come riportato nella stessa comunicazione ufficiale da Bruxelles, la commissaria per l’economia e la società digitale Mariya Gabriel ha dichiarato: “La nostra economia è sempre più guidata dai dati. Con il regolamento sulla libera circolazione dei dati non personali e il GDPR, disponiamo di un quadro completo per per la libera circolazione di tutti i dati all’interno dell’Unione europea”.
Da sottolineare anche un ulteriore obiettivo: con il nuovo Regolamento sui dati non personali, si punta a incoraggiare lo sviluppo di codici di condotta per i fornitori di cloud services, al fine di semplificare il passaggio da un fornitore all’altro entro fine novembre 2019. Gli scopi sono rendere più flessibile il mercato del cloud e d’altra parte più accessibili i dati nell’UE.