La situazione che stiamo vivendo con l’emergenza sanitaria daCovid-19, oltre ad aver cambiato profondamente e in brevissimo tempo le “regole del gioco” per la stragrande maggioranza di aziende e persone, ha modificato anche il panorama cibernetico internazionale e, soprattutto, quello nazionale.
Quello che è successo, e che sta succedendo, sta causando un cambiamento repentino nel rischio cyber a cui aziende e persone sono esposte.
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Cos’è cambiato nel rischio cyber
Anche il rischio cibernetico non è immune all’emergenza Covid-19. I cambiamenti repentini nelle abitudini delle persone, nell’uso delle tecnologie digitali, nell’operatività delle aziende e la maggior attenzione alla problematica sanitaria, hanno mosso parte degli elementi che caratterizzano il rischio cibernetico. Inoltre, questo cambiamento è stato recepito anche dagli agenti di minaccia, che si sono adattati alle nuove situazioni e in molti casi ne stanno cogliendo le nuove “opportunità”.
Il primo cambiamento che abbiamo osservato sin dagli inizi della pandemia, il più noto, è senz’altro legato all’infodemia che ha accompagnato il dilagare dell’emergenza.
In pochissimi giorni il coronavirus è entrato negli interessi di milioni di persone. Così rapidamente ed intensamente che la disinformazione e le fake news sono state una delle costanti sin dall’inizio della crisi. L’infodemia non è passata inosservata ai criminali cibernetici, che nelle settimane a seguire hanno fatto di Covid-19 uno dei principali temi caldi per ingannare le loro vittime, rubare credenziali ed installare malware nei loro dispositivi, indistintamente personali o aziendali.
Ma questo è stato solamente l’inizio. Il primo di una serie di cambiamenti di direzione che gli osservatori e gli specialisti della cyber security stanno monitorando, fenomeni che col passare delle settimane si stanno intensificando sempre di più.
Inoltre, con l’applicazione delle misure contenitive, le restrizioni alla mobilità delle persone, la sospensione di interi settori produttivi e l’aumento dei contagi, vi sono stati anche altri cambiamenti che hanno giocato un ruolo nelle variazioni dei profili di rischio cibernetico. Vediamo quali.
Rischio cyber: il telelavoro e la perdita di controllo
Remote working o smart working che sia, molte aziende si sono trovate di fronte a dover remotizzare le loro attività in qualche misura.
Le più fortunate, tipicamente nel settore dei servizi, sono rimaste completamente operative, specie quelle che già avevano politiche interne sullo smart working, mentre quelle meno digitalizzate, o semplicemente meno avvezze al telelavoro, si sono ritrovate a dover remotizzare quanto più possibile in breve tempo per limitare gli impatti sul business. E si sa, la fretta non è la migliore dei consiglieri.
Questo repentino cambiamento si è tradotto in una altrettanto immediata variazione della superficie di esposizione al rischio cyber aziendale, modificando e in parte invalidando quello che fino a prima veniva considerato il perimetro aziendale.
Qui, quello che sfugge a molti, è che questo cambiamento così repentino e massivo ha ripercussioni anche se sulle aziende che erano già strutturate per il telelavoro. Le organizzazioni che già praticavano lo smart working lo facevano con criteri e numeri molto diversi da oggi: le politiche di telelavoro più avanguardistiche delle aziende italiane prevedono infatti uno o due giorni di smart working a settimana, e molto sono concessi come “benefit” a certe tipologie di collaboratori. Avere tutta la forza lavoro remotizzata per mesi è tutt’altra cosa.
Insomma, nel bene o nel male, il perimetro di sicurezza aziendale è cambiato molto e in poco tempo, anche per i più virtuosi, ed in questo nuovo ecosistema informatico molto spesso ci ritrova ad avere a che fare con dispositivi personali, pc di fortuna o riesumati, politiche BYOD, macchine in VPN e, molto spesso, deroghe alle policy di sicurezza.
Nel migliore dei casi, lo staff di sicurezza aziendale si trova ad affrontare “solamente” una importante perdita di visibilità sul perimetro ed una capacità di intervento e di contenimento azzoppate. Nel peggiore, invece, macchine in rete fuori controllo, non protette e potenzialmente già compromesse.
Per questo, anche per i più virtuosi, revisionare le proprie politiche di sicurezza per il telelavoro è una azione quasi d’obbligo per prepararsi alle riaperture della fase 2.
Gli attacchi ransomware sono sempre gli stessi?
Durante lo scorso anno, come testimonia il report annuale di Yoroi, le minacce ransomware hanno subito una forte evoluzione e si è assistito alla diffusione di attacchi ransomware mirati diretti a tantissime aziende italiane.
Lo schema utilizzato in questa tipologia di intrusioni criminali è tanto semplice quanto devastante: infettare la rete con malware, magari a seguito dell’apertura di e-mail di phishing, raggiungere il cuore delle infrastrutture aziendali, eliminare tutti i backup e lanciare l’attacco ransomware finale in una maniera talmente massiva da costringere l’azienda a stoppare tutte le sue attività produttive.
Tuttavia, questo particolare periodo storico ha delle ripercussioni anche su questi sofisticati attacchi, che rappresentano una delle minacce attuali più gravi e complesse per le organizzazioni.
In questo periodo, infatti, moltissime aziende sono state costrette a sospendere le operazioni a causa delle restrizioni imposte dal Governo italiano per fronteggiare la fase acuta della crisi. Quindi, di fatto, sono già nello stesso stato di fermo in cui i cyber criminali desiderano portarle.
Certo, ricevere un attacco del genere non è comunque piacevole, tuttavia, in questo particolare momento è probabile che gli impatti sul business di queste aziende siano più contenuti, in quanto già costrette a fermarsi in precedenza. Esiste però un rovescio della medaglia: chi è operativo in questo momento soffre del problema opposto.
Le tipologie di aziende e organizzazioni ancora aperte in questo particolare momento sono tipicamente legate a filiere o servizi essenziali, ad attività produttive fondamentali in questo particolare momento. Per queste aziende e queste filiere l’operatività del business è oggi più importante che mai.
Questa condizione non sfugge ai criminali che compiono questi infami attacchi, che sono infatti pronti a sfruttare il momento senza alcuna minima considerazione etica.
Tant’è che ad inizio aprile le autorità di polizia spagnole hanno riportato di attacchi ransomware diretti proprio alle strutture sanitarie pubbliche, poste già sotto forte stress dalla pandemia. Anche l’Interpol Europeo ha lanciato l’allarme: i cyber criminali stanno prendendo di mira le istituzioni dell’Healthcare.
Perché lo fanno? Il motivo è tanto semplice quanto terribile: ogni ora ed ogni giorno di operatività di queste organizzazioni oggi conta molto di più, e ne approfittano per aumentare le loro rendite illecite.
È quindi fondamentale, per le aziende operative durante questo periodo, alzare i livelli di guardia e potenziare sia le misure di sicurezza preventive, ad esempio rafforzando i sistemi di accesso con autenticazioni multi-fattore, che ne i monitoraggi di sicurezza per intercettare e bloccare questi attacchi prima che sia troppo tardi. Purtroppo, oggi, la minaccia di questi gruppi criminali è ancor più concreta e le conseguenze dei loro attacchi non rimangono confinate alle organizzazioni colpite: hanno infatti impatto diretto anche sulla società e sulla nazione stessa.
Il rischio cyber e le nuove infrastrutture strategiche
I cambiamenti che l’emergenza Covid-19 ha repentinamente creato nel tessuto socio-economico e nelle priorità stesse di persone e nazioni sta avendo dei risvolti anche in ambiti meno palesi, ma non per questo meno importanti, specie per quello che sarà il post-pandemia.
La pandemia sta di fatto costringendo gli stati sovrani a rivalutare quelle che sono infrastrutture e asset strategici. L’avvisaglia di questo cambiamento l’abbiamo già ricevuta e ce ne ha portato testimonianza direttamente Flavio Aggio, Chief Information Security Officer (CISO) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: da inizio Marzo l’OMS ha intercettato e bloccato tentativi di intrusione operati da attaccanti avanzati, gruppi APT sponsorizzati da stati sovrani e governi.
Questi tentativi di cyber spionaggio dicono molto su quanto la sanità sia prepotentemente diventata strategica per il futuro ruolo delle vari paesi: come, quando, e quante volte i vari Paesi usciranno dai rispettivi lockdown farà la differenza, i più sagaci sapranno infatti coglierne le opportunità guadagnando posizioni strategiche nel mondo post-coronavirus.
L’interesse di questi gruppi hacker para-governativi non riguarda solo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, dagli osservatori Kaspersky è infatti arrivato l’allarme riguardo alla scoperta di operazioni di cyber-spionaggio in corso verso organizzazioni e centri di ricerca nel settore sanitario e del farmaco, ma anche verso organizzazioni umanitarie.
Bersagli insoliti per questo genere di gruppi hacker, che tuttavia sono in possesso di informazioni ora inestimabili come ricerche in corso sulle cure al coronavirus, vaccini e test.
Conclusione
La pandemia di Covid-19 ha cambiato le carte in tavola molto rapidamente. Per tutti. Popoli, stati sovrani e organizzazioni. Ed ha generato un cambiamento repentino anche nel profilo di rischio cibernetico delle aziende e della Pubblica Amministrazione, cambiamento del quale stiamo cominciando a vedere gli effetti già da queste settimane, come con le controverse questioni delle falle e degli attacchi ai sistemi di teleconferenza, come Zoom, al centro dei recenti scandali privacy, all’abuso dell’emotività delle persone esposte all’infodemia, ed agli attacchi ai settori produttivi ancora operativi ora più critici che mai, insieme al Healthcare.
Questo cambiamento nell’esposizione al rischio cibernetico impone una reazione anche per le aziende, che nei prossimi mesi, dopo la tanto agognata riapertura, si ritroveranno in un contesto cibernetico diverso, che andrà approcciato intervenendo su politiche interne, processi, cultura delle persone, nuove soluzioni e tecnologie.