L’autorità Antitrust italiana ha presentato a Facebook il conto per non aver rispettato le disposizioni riguardo alla rimozione della pratica scorretta dell’uso dei dati degli utenti e non aver pubblicato la rettifica richiesta.
Nello specifico, Facebook Ireland Ltd. e Facebook Inc non avrebbero adeguatamente spiegato la differenza tra l’uso dei dati ai fini della personalizzazione del servizio e quello per finalità pubblicitarie, una situazione che quattro anni fa aveva portato all’intervento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Per l’avvocato Rocco Panetta, la sanzione “rappresenta una scossa per il mercato e deve essere considerata come un monito per tutti gli operatori che si muovono in questo settore”. L’ex presidente del Garante privacy Francesco Pizzetti “il tema rappresenta un nodo centrale di interesse anche per il prossimo futuro e su cui interverrà anche la regolamentazione e-Privacy”.
La multa ammonta a sette milioni di euro.
Leggi il provvedimento dell’Antitrust – PDF
Facebook e Antitrust, l’antefatto
Il provvedimento con cui l’Agcm chiedeva a Facebook di ottemperare alle richieste risale al 2018. Infatti, l’autorità Antitrust aveva verificato che il social “induceva ingannevolmente gli utenti a registrarsi sulla sua piattaforma non informandoli subito e in modo adeguato – durante l’attivazione dell’account – dell’attività di raccolta, con intento commerciale, dei dati da loro forniti e, più in generale, delle finalità remunerative sottese al servizio, enfatizzandone viceversa la gratuità”, spiega l’autorità nella sua nota.
L’Agcm aveva ritenuto inoltre che le informazioni che venivano date dal social fossero troppo generiche e non complete, non in grado quindi di dare la possibilità di distinguere tra l’uso dei dati necessario per personalizzare il servizio e quello invece volto alla realizzazione di campagne marketing mirate.
L’Autorità aveva quindi sanzionato il social per cinque milioni di euro, vietando oltretutto di perseguire nella “pratica ingannevole”, come indicata dall’Agcm, e disponendo inoltre che la piattaforma rendesse pubblica una dichiarazione di rettifica sulla homepage del sito italiano, sull’app e sulla pagina personale di ogni utente italiano.
Antitrust e privacy: tutti i problemi del mercato pubblicitario online
Perché l’Antitrust ha multato ora Facebook
Tuttavia, l’Autorità Antitrust ha verificato che ciò non è stato fatto e che le società coinvolte “non hanno cessato la pratica scorretta accertata: pur avendo eliminato il claim di gratuità in sede di registrazione alla piattaforma, ancora non si fornisce un’immediata e chiara informazione sulla raccolta e sull’utilizzo a fini commerciali dei dati degli utenti”.
Informazioni che l’Agcm ritiene siano necessarie al consumatore affinché possa scegliere liberamente se aderire al servizio “alla luce del valore economico assunto per Facebook dai dati ceduti dall’utente, che costituiscono il corrispettivo stesso per l’utilizzo del servizio“.
Panetta ha precisato che con una prima pronuncia era stata ritenuta “non trasparente e anzi misleading l’informativa resa per spiegare cosa fa l’azienda con le informazioni personali degli utenti, riguardo all’aspetto pratico e non teoretico del tema dei dati. La prima pronuncia aveva previsto una sanzione e prescritto anche di informare con una pubblicazione gli interessati e i consumatori dei termini della sanzione e del perché era stata erogata”. La sanzione ammonta “a 5 milioni per la non ottemperanza e reiterazione della condotta irregolare, cui si sommano due milioni di euro per la mancata pubblicazione dell’informazione”.
L’impatto per la digital economy
La decisione dell’autorità antitrust rappresenta per Panetta “una scossa per il mercato”. Innegabile infatti “che negli ultimi cinque anni il focus delle autorità antitrust abbia iniziato a porsi sui dati intesi come beni giuridici commerciabili, mentre le autorità garanti della privacy tutelano i dati come diritto fondamentale. Le due autorità si muovono in maniera parallela ma non coincidente”.
Francesco Pizzetti ha sottolineato che “l’ambito è quello dei contratti stipulati in modalità digitale e l’uso dei dati, è un problema centrale dell’economia digitale. In questo caso, le indicazioni fornite agli utenti non erano sufficienti, ma il problema di fondo è più significativo. Attraverso la concorrenza si puniscono violazioni alle regole che governano la corretta modalità del trattamento dei dati, il nodo di fondo dunque riguarda l’informazione all’utente che è anche contraente del servizio fornito”.
Un tema “che sarà centrale anche nel prossimo periodo quando uscirà il nuovo regolamento e-Privacy che riguarda anche chi fornisce servizi di comunicazione elettronica. Ricordiamo che la protezione dei dati riguarda in larghissima parte i rapporti economici, quindi anche i contratti stipulati con modalità digitale ed è il core business di tutte le over the top che si servono dei dati degli utenti, forniti per usare il servizio social, per trarre guadagni significativi”.