Italia Digitale 2026 è la nuova strategia di digitalizzazione per l’Italia promossa dal Ministero per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, guidato dal Ministro Vittorio Colao, che prevede al suo interno anche misure di rafforzamento della cyber security per contrastare l’aumento delle vulnerabilità e di minacce cyber.
Vediamo nel dettaglio cosa ci aspetta, tenendo conto anche delle risorse stanziate nel Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza.
Indice degli argomenti
La cyber security nel Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza
Il PNRR destinerà 620 milioni di euro alla cyber security delle PA per potenziare personale e strutture. “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura” sarà il primo obiettivo mirato alla modernizzazione digitale delle infrastrutture di comunicazione del Paese, nella Pubblica Amministrazione e nel suo sistema produttivo.
In questo modo, la Pubblica Amministrazione sarà dotata di strumentazioni più tecnologiche e personale e infrastrutture verranno potenziate, così come la stessa organizzazione e le procedure interne e orientate al cittadino.
Per quanto riguarda le imprese e la loro digitalizzazione, grazie alla cosiddetta Transizione 4.0, le imprese del comparto editoria e della filiera della stampa oltre alle filiere agroalimentari del Mezzogiorno vedranno la realizzazione di reti ultraveloci in fibra ottica, 5G e investimenti per il monitoraggio satellitare.
Sul campo cyber, Draghi ha dichiarato che si potenzieranno “gli asset e le unità cyber incaricate della protezione della sicurezza nazionale e della risposta alle minacce cyber. Tutto ciò sarà svolto in pieno raccordo con le iniziative Europee e alleate, per assicurare la protezione degli interessi comuni dei cittadini e delle imprese”.
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La cyber security in Italia Digitale 2026
“La Trasformazione Digitale è la nostra occasione per progettare […] interventi e realizzare quel futuro, con determinazione, spirito di collaborazione e […] quella creatività e voglia di sperimentare che è alla base dell’innovazione”. Così si è espresso il Ministro Colao in merito alla nuova strategia Italia Digitale 2026.
Ma innovazione e digitalizzazione sono anche sinonimo di maggiore vulnerabilità al cyber crime e maggiore attenzione alla sicurezza informatica dei cittadini.
Italia Digitale 2026 parte dall’attuazione del Perimetro di sicurezza nazionale cibernertica e da misure di rafforzamento della difesa cyber, divise in quattro macroaree di intervento.
Si parte dal potenziamento dei presidi front-line per la gestione degli alert e eventi a rischio intercettati verso le PA e le imprese di interesse nazionale.
Si passa poi al consolidamento delle capacità tecniche di valutazione e audit continuo della sicurezza di apparati elettronici e applicazioni che erogano servizi, fino all’inserimento di nuovo personale che si occupa specificatamente del controllo e della prevenzione del cyber crime e minacce cibernetiche.
Infine, come già accennato, si agirà sugli asset e le unità che si occupano di sicurezza nazionale e gestione delle minacce informatiche.
I cinque obiettivi di Italia Digitale 2026
Cinque sono gli obiettivi della nuova strategia di digitalizzazione.
Primo obiettivo è “diffondere l’identità digitale, assicurando che venga utilizzata dal 70% della popolazione”. Gli investimenti saranno utilizzati per il miglioramento dei servizi digitali per i cittadini e per la trasformazione delle PA nell’infrastruttura cloud e l’interoperabilità dei dati.
Servizi come pagoPA, la piattaforma per i pagamenti verso la PA e l’app IO, il punto unico di accesso per i servizi pubblici digitali, saranno migliorati, mentre comparirà una nuova piattaforma unica di notifiche digitali, per l’invio di notifiche con valore legale in modo interamente digitale, riducendo i tempi di invio tra PA e cittadini, le spese di spedizione e i problemi legati al mancato recapito.
Il sistema di identità digitale, ricordiamo gli attualmente esistenti SPID e CIE, saranno potenziati seppur con una semplificazione per l’utente, rendendo la user experience accessibile sempre più a tutti.
Il secondo obiettivo è “colmare il gap di competenze digitali, con almeno il 70% della popolazione che sia digitalmente abile”, ossia alla digitalizzazione dei servizi e delle infrastrutture deve affiancarsi ovviamente un percorso di alfabetizzazione digitale che coinvolga i diretti cittadini.
Le fasce della popolazione a cui è maggiormente dedicata questa azione sono quelle a maggior rischio di subire le conseguenze del digital divide. Le più tradizionali piattaforme educative, di istruzione e di supporto all’inserimento nel mondo del lavoro, saranno affiancate da esperienze di facilitazione digitale sul territorio e il Servizio Civile Digitale, fino a coinvolgere circa tre milioni di cittadini.
Il terzo obiettivo riguarda i servizi in cloud e infatti mira a “portare circa il 75% delle PA italiane a utilizzare servizi in cloud”. In questo caso l’approccio deve essere “cloud first”, ossia prevedere la migrazione dei dati e degli applicativi informatici delle singole amministrazioni verso un ambiente cloud.
È emblematico che il 95% dei circa 11mila data center utilizzati dagli enti pubblici italiani non è in regola in termini di sicurezza, affidabilità, capacità elaborativa ed efficienza. Le amministrazioni centrali potranno scegliere tra la migrazione sul Polo Strategico Nazionale, PSN, nuova infrastruttura dedicata cloud localizzata sul territorio nazionale, e il cloud “public” di uno tra gli operatori di mercato certificati.
Il livello di digitalizzazione delle PA italiane ha bisogno di essere portato al pari degli altri paesi, per combattere la ridotta produttività e lo spreco di risorse, che si registra ormai da tempo, e per cittadini e imprese il fatto che le diverse amministrazioni non siano interconnesse tra loro rappresenta un ostacolo, ecco che il quarto obiettivo di Italia Digitale 2026 è proprio “raggiungere almeno l’80% dei servizi pubblici essenziali erogati online”.
Verrà creata, quindi, la Piattaforma Nazionale Dati, che permetterà al cittadino di creare un unico profilo digitale, disponibile a tutte le amministrazioni, le quali disporranno di un catalogo centrale di “connettori automatici” (le cosiddette “API” – Application Programming Interface) consultabili e accessibili tramite un servizio dedicato.
Infine, “raggiungere, in collaborazione con il Mise, il 100% delle famiglie e delle imprese italiane con reti a banda ultra-larga” è il quinto obiettivo, che coinvolgerà non solo le famiglie italiane sulla penisola, ma anche le isole, così come le scuole, la sanità e il 5G per le zone mobili a fallimento di mercato, quelle in cui attualmente ci sono solo reti 3G.
A livello europeo si mira a garantire una connettività a 1 Gbps per tutti e la piena copertura 5G delle aree popolate entro il 2030, attraverso la strategia europea Digital Compass. L’Italia vuole raggiungere connessioni a 1 Gbps su tutto il territorio nazionale entro il 2026, 4 anni in anticipo rispetto all’UE.