Elon Musk, il vulcanico imprenditore CEO di Tesla e SpaceX, è in procinto di diventare il nuovo proprietario di Twitter, con il social network che se inizialmente sembrava intenzionato a resistere all’offerta di acquisto dell’uomo più ricco del mondo, pare ora ben lieta di farsi acquistare per 44 miliardi di dollari.
Nello stile che lo contraddistingue, Musk ha fatto seguire alla sua acquisizione una serie di dichiarazioni che hanno molto preoccupato gli osservatori riguardo al futuro del social network sotto la sua guida.
In particolare, nel comunicato stampa che ha accompagnato la notizia della chiusura dell’affare, Musk afferma che “La libertà di parola è la pietra d’angolo di una democrazia sana e Twitter è la piazza digitale in cui si dibattono questioni vitali per il futuro dell’umanità”.
Questa affermazione è seguita da un ermetico elenco di punti programmatici della nuova gestione del social network, che intende “rendere Twitter migliore che mai potenziandolo con nuove funzionalità, rendendo gli algoritmi open source per aumentare la fiducia degli utenti, sconfiggendo gli spam bot e autenticando tutti gli umani”.
È l’ultima delle proposte elencate da Musk quella che ha fatto alzare più di un sopracciglio, specie perché Twitter, più di altri social network, si è distinto per la sua funzione di arena digitale di discussione su temi politici e sociali e quindi è tenuto in considerazione come un tassello importante del discorso democratico (soprattutto in USA).
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La lotta ai bot e la “autenticazione degli umani”
Per combattere gli spam bot (in effetti una “piaga” che affligge Twitter con circa un 10% di utenti non reali secondo alcune stime) non è infatti chiaro cosa intenda fare Musk.
Se è vero che la nuova proprietà, meno preoccupata dal valore delle azioni, potrà agire più incisivamente sulla rimozione dei bot senza preoccuparsi delle ripercussioni di mercato derivanti dalla diminuzione degli utenti, va anche riconosciuto che Twitter ha messo in piedi un sistema tutto sommato efficace per limitare l’impatto di questi account fasulli, che passa da sistemi per l’eliminazione degli account fasulli a sistemi per limitarne l’attività (ad esempio impedendo agli utenti di twittare in simultanea da più account).
Il CEO di Tesla (che ha molto a cuore la problematica degli spam bot anche perché è stato “impersonato” in più di un’occasione da account fasulli che sfruttando la sua immagine hanno truffato molti utenti della piattaforma social e si è speso in più di un’occasione per una guerra senza quartiere ai bot) sembra aver così pensato che il suo asso nella manica per la lotta allo spam su Twitter sarà quello di rafforzare il processo di autenticazione degli utenti.
Secondo alcuni, inoltre, l’idea di Musk sarebbe quella di garantire un ambiente più sereno dove esercitare la libertà di parola degli utenti grazie all’autenticazione degli utenti, che saranno più facilmente individuabili per essere tenuti a rispondere delle loro azioni.
Ed è proprio questo il problema.
Se negli Stati Uniti l’autenticazione non porterebbe conseguenze catastrofiche, basta pensare ad un regime autoritario per rendersi conto che la libera circolazione delle idee verrebbe molto ridimensionata se tutti per twittare dovessero rivelare le loro generalità.
Ma anche nel mondo occidentale a volte un account pseudonimo può essere essenziale per contribuire allo sviluppo del dibattito sociale: pensiamo, ad esempio, a un dipendente che intende denunciare le nefandezze dell’azienda per cui lavora senza essere “marchiato” per la vita come quel tipo di dipendente.
Quanto invece alla creazione di un ambiente più “civile” di discussione utilizzando nomi reali, la tesi sembra smentita dalla ferocia con cui certi soggetti dotati di account con nomi e cognomi reali hanno attaccato anche in tempi recenti persone che volenti o nolenti si sono trovate al centro della ribalta mediatica.
Musk in un’altra occasione aveva proposto di distinguere gli account di soggetti verificati (ad esempio con un segno di spunta) rispetto agli altri. Questa seconda possibilità, più moderata, è senz’altro più in linea con lo spirito e le ambizioni del social network, ma ha comunque dei lati negativi, come il rischio di “categorizzare” gli utenti in classi distinte (e diseguali) fra “autenticati” e “non autenticati”.
Altre preoccupazioni riguardano il processo di autenticazione. Sebbene sia prematuro parlarne visto quanto poco sappiamo del progetto della nuova proprietà di Twitter (Musk potrebbe anche aver inteso dire che l’autenticazione degli umani avverrà con sistemi stile captcha, circostanza questa che non desterebbe alcuna preoccupazione dal punto di vista privacy), è comunque verosimile che Twitter, implementando un sistema di autenticazione, si troverà a gestire una mole inedita di dati personali (e verosimilmente di dati sensibili che potrebbero ricavarsi ad esempio dalle immagini o dai documenti dei soggetti da autenticare). Un simile database appare pericoloso da gestire e non in linea con il principio di minimizzazione di cui al GDPR, rilevante con riguardo quantomeno agli utenti europei del social.
La trasparenza degli algoritmi
Le altre proposte di Musk sono invece state accolte con maggior favore, specie quella rivolta ad una maggior trasparenza degli algoritmi, che Musk vorrebbe addirittura rendere open source consentendo quindi il loro riutilizzo da parte di terzi.
Quest’ultima ipotesi in effetti appare poco in linea con il modello di business di Twitter, con il social che potrebbe certo giovare di una maggiore trasparenza nello spiegare il funzionamento dei suoi algoritmi agli utenti (sia con riguardo agli algoritmi che guidano la proposizione di contenuti sponsorizzati agli utenti, sia e soprattutto con riguardo agli algoritmi che propongono i contenuti degli altri utenti di Twitter agli utenti, selezionando ciò che è ritenuto più di interesse per chi sta visualizzando in modi ad oggi poco chiari), ma che deve bilanciare questa esigenza con la tutela dei propri investimenti tecnologici.
Se ora la bilancia pende decisamente verso la tutela della proprietà intellettuale del social network, non è detto che un completo ribaltamento di prospettiva possa davvero far bene a Twitter, anche perché conoscere il codice che “muove” il sistema di raccomandazioni di Twitter potrebbe consentire ad alcuni utenti preparati di sfruttare queste nozioni per alterare a suo vantaggio il sistema (ad esempio se si diffonde la consapevolezza che Twitter valorizza con un certo “punteggio” dei tweet con determinate caratteristiche, facendone aumentare le interazioni e consentendo più facilmente di raggiungere i “top tweets”, è evidente che molti adotteranno queste caratteristiche, distorcendo però in questo modo il funzionamento stesso dell’algoritmo).
Le nuove funzionalità
Anche la novità relativa alle nuove funzioni del social (una su tutte la possibilità di modificare i tweet dopo la loro pubblicazione, funzione su cui il social network era però già al lavoro) non desta ad oggi particolari preoccupazioni (anche perché ancora non è definita nei suoi contorni), presentandosi piuttosto come una maggiore apertura alla “sperimentazione” per Twitter, che ci si augura rimanga neutra dal punto di vista dei diritti delle persone.
Molti sperano che l’”avvento” di Musk porti nuova linfa all’ambizioso Blue Sky Project, un protocollo decentralizzato focalizzato all’interoperabilità fra i social network lanciato da Twitter nel 2019. Peccato che Blue Sky abbia diffuso una nota in cui ricorda di essere da tempo sostanzialmente indipendente da Twitter e che quindi l’acquisto del social network non porterà stravolgimenti nelle sue attività.
Musk e la libertà di parola
Non possiamo dimenticare che l’elemento caratterizzante della “gestione” di Twitter da parte di Musk sarà senz’altro quello della libertà di parola.
L’eclettico magnate è stato spesso descritto come un assolutista riguardo alla libertà di parola sui social network.
Musk, infatti, abbraccia senza se e senza ma la filosofia racchiusa nella frase attribuita (peraltro a torto) a Voltaire: “non sono d’accordo con quello che dici ma darei la vita affinché tu possa dirlo” e ha infatti twittato pochi giorni fa: “I hope that even my worst critics remain on Twitter, because that is what free speech means”.
Il principio è senz’altro condivisibile, ma è difficile da implementare nella maniera manichea che sembra contraddistinguere la linea di Musk. Cosa fare se il peggior critico di Musk dovesse fondare le proprie critiche su fake news? O iniziare ad offendere gratuitamente?
È evidente che, al di là degli slogan, sarà comunque necessario raggiungere, dal punto di vista prima di scelte imprenditoriali e morali e poi di scelte tecniche, un equilibrio fra libertà di espressione e tutela dei diritti degli utenti.
È però al contempo altrettanto evidente che l’”era” Musk sarà caratterizzata da una maggior “comprensione” verso i profili che si fanno portavoce di ideologie borderline.
A dimostrazione della fondatezza di questa prospettiva si registrano i primi effetti dell’acquisto di Twitter da parte di Musk, ovvero la perdita di seguaci da parte di account USA noti per le posizioni liberali a cui fa da contraltare un grande aumento di follower per gli account più conservatori, rilevato da The Verge analizzando i dati Social Blade tra il 25 e il 26 di aprile.
Sembra proprio che la notizia dell’acquisto del social network da parte di Musk abbia galvanizzato e spinto sulla piattaforma i conservatori, sconfortando invece i liberal (in Italia, ad esempio, ha fatto notizia l’annuncio di Carola Rackete che starebbe pensando di lasciare il social).
In questa corsa alla libertà di espressione è ironico notare come Elon Musk sia limitato nella sua libertà di esprimersi sul social network che ora possiede. Dopo la boutade con cui nel 2018 annunciava la sua volontà di ritirare Tesla dal mercato quotato la SEC (Securities and Exchange Commission) statunitense lo ha costretto ad un accordo con il quale Musk si è impegnato a non postare determinati contenuti e a far visionare i suoi tweet ad un legale prima di postarli.
Musk ha cercato di far dichiarare nullo questo accordo, perché violerebbe la sua libertà di espressione, ma proprio pochi giorni fa (il 27 aprile) una Corte di New York ha rigettato il suo ricorso ritenendo valido l’accordo siglato con la SEC (il caso, già abbastanza singolare, è stato peraltro colorito dalla scelta del legale di Musk di citare Eminem dinnanzi alla Corte, sostituendo la FCC (Federal Communications Commission) con cui se la prendeva il rapper nel 2000 con la SEC: “The [SEC] won’t let me be or let me be me so let me see…”).
Insomma, l’avvento di Musk alle redini di Twitter riserverà sicuramente molte sorprese, alcune buone altre meno per il social network, c’è però da augurarsi che la nuova proprietà non introduca misure che possano mettere a rischio la sicurezza dei suoi utenti e quella stessa libertà di espressione che Musk si vanta di tutelare più di ogni altra cosa.