Le disposizioni inerenti al whistleblowing (WB) come aggiornate con il D.lgs. 24/2023 (DLWB), attuativo della Direttiva UE 1937/2019, hanno molto innovato e rafforzato questo strumento di lotta a violazioni che ledono “l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato”.
Dallo scorso 17 dicembre il decreto whistleblowing è diventato pienamente operativo anche presso realtà private di minori dimensioni.
Ampio è il dibattito che si è avviato intorno alla sua applicazione e interrelazioni con altre disposizioni. In questa sede si fa riferimento alla coerenza con il decreto whistleblowing del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (CCDP) emanato con il DPR n. 62/2013 , che è stato di recente aggiornato in alcune sue previsioni con il D.P.R. n. 81/2023.
Ma le modifiche non riguardano anche il sistema del whistleblowing.
Whistleblowing, la redazione della DPIA: un adempimento di processo, non di piattaforma
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Codice di comportamento e whistleblowing: punti di incoerenza
In particolare, l’art. 8 (invariato) del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici prevede fra l’altro che il pubblico dipendente presti la sua collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) e, fermo restando l’obbligo di denuncia all’Autorità giudiziaria di reati perseguibili d’ufficio (per i pubblici ufficiali ex art. 331 cpp), segnali al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito di cui sia venuto a conoscenza.
Per una segnalazione effettuata al superiore gerarchico non valgono, però, le tutele del whistleblowing salvo che l’interessato non lo richieda ovvero lo si desuma dal contenuto della segnalazione: in questo caso, come evidenzia l’ANAC, il superiore gerarchico è tenuto entro sette giorni a trasmettere la segnalazione al soggetto competente per il whistleblowing.
Certo, procedere sotto la specie di “mera” segnalazione al superiore o tramite la veste whistleblowing è una libera scelta dell’interessato. Ed è verosimile che la mancata richiesta di protezione via whistleblowing da parte del segnalante possa essere tipica di realtà organizzative connotate da un forte e diffuso senso di correttezza a tutti i livelli per cui non si dovrebbero temere ritorsioni.
Ma se il dipendente pubblico volesse fare una segnalazione whistleblowing perché non recepirlo anche nel Codice in parola? La mancata menzione potrebbe indurre in incertezze e impattare sulla consapevole scelta del segnalante e sull’effettuazione di eventuali segnalazioni.
Codice di comportamento: una corretta sintonia col whistleblowing
Una delle disposizioni aggiornate quest’anno del Codice di comportamento è invece quella del nuovo art. 11-ter che al comma 2 prescrive al pubblico dipendente di “astenersi da qualsiasi intervento o commento” che possa impattare sul prestigio, decoro o immagine della propria amministrazione o della P.A. in generale ‘amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale; al comma 3 prevede poi che al fine di garantire la riservatezza delle comunicazioni afferenti al servizio, vanno di norma evitate “conversazioni pubbliche mediante l’utilizzo di piattaforme digitali o social media”.
Tali previsioni potrebbero apparire (ma così non è, come vedremo più avanti) preclusive del diritto a ricorrere, nei casi previsti dall’art. 15 DLWB, alla nuova fattispecie della divulgazione pubblica.
Anche qui, quindi, un mancato coordinamento con il decreto whistleblowing di norme emanate successivamente potrebbe ingenerare dubbi e influenzare l’effettivo ricorso al whistleblowing.
In realtà, così non è, atteso che nei sistemi giuridici l’applicazione delle norme segue una gerarchia che è sempre utile richiamare e che, nel nostro ordinamento segue la sequenza:
- Costituzione (dai principi e diritti fondamentali alle leggi costituzionali e di revisione della Carta);
- le altre fonti di rilievo costituzionale (diritto primario della Comunità Europea e dell’Unione, accordi e convenzioni internazionali), poi, riprendendo anche le disposizioni del Codice civile;
- le leggi (con prevalenza di quella speciale su quella generale);
- i regolamenti (che possono assumere la veste di DPR, DPCM sino al DM) e, a un gradino inferiore, gli atti amministrativi generali;
- gli usi e consuetudini;
- infine, con valenza più soft, ad es. le linee guida emanate su tematiche di competenza del soggetto che le emana.
Con riguardo al diritto europeo una distinzione va fatta fra Regolamenti, direttamente e uniformemente applicabili nell’UE (come il GDPR) e Direttive, che richiedono atti di recepimento nazionali per entrare in vigore (anche se in assenza di recepimento entro la scadenza prevista comunque danno luogo ad alcune conseguenze giuridiche).
Ebbene, nel caso in esame, il Codice di comportamento è una norma di rango inferiore alla coppia Direttiva UE-Decreto legislativo di recepimento del whistleblowing e pertanto, quelli sopra delineati costituiscono solo apparenti disallineamenti: il decreto whistleblowing prevale sul Codice di comportamento.
Potrebbe, però, impattare sull’interpretazione da parte dei singoli interessati e, quindi, sulle modalità di segnalazione e precludere al potenziale segnalante di fruire in concreto delle tutele del decreto whistleblowing.
Conclusioni
Sarebbe quindi preferibile che i diversi soggetti normatori evitassero, in materie che comportano l’esercizio di diritti e/o interessino campi delicati come qui la lotta alla corruzione, questi disallineamenti.
In tale ottica merita di essere menzionato l’articolato lavoro di approfondimento sul DL 24/2023 effettuato dalla Comunità di pratica dei Responsabili per la prevenzione della corruzione e trasparenza, avviata dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione, e che, fra le varie questioni esaminate, propone un possibile e auspicabile aggiornamento DLWB-compliant del menzionato Codice di comportamento.
Se lo stimolo proposto nel capitolo “Per una riscrittura dell’art. 8 del codice di comportamento dei dipendenti pubblici” venisse in qualche maniera recepito, sarebbe un utile ulteriore puntello all’affermazione e riconoscimento della valenza del whistleblowing e, nel contempo, della privacy.
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