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Consumatori e privacy, c’è più conoscenza ma le paure restano



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Un’indagine di Cisco sulla privacy dei consumatori rivela che, dall’entrata in vigore del GDPR, nonostante siano aumentate la consapevolezza sul rischio privacy e sull’efficacia delle normative in materia, restano alte le preoccupazioni degli utenti sui loro dati

Pubblicato il 27 nov 2024

Federica Maria Rita Livelli

Business Continuity & Risk Management Consultant, BCI Cyber Resilience Committee Member, CLUSIT Scientific Committee Member, ENIA Comitato Scientifico



Privacy by design come implementarla

I l rapporto tra consumatori e privacy ha subito un’evoluzione significativa dall’entrata in vigore del GDPR. Cisco, a partire dall’entrata in vigore del Regolamento UE nel 2018, ha monitorato le tendenze globali in tema di privacy.

Il Privacy Consumer Report 2024 – che si basa sui dati raccolti lo scorso giugno 2024 tramite un sondaggio condotto su 2.600 persone di età pari o superiore a 18 anni, provenienti da 12 paesi (5 in Europa, 4 in Asia e 3 nelle Americhe) offre un aggiornamento in termini di: attuali tendenze, sfide e opportunità in materia di privacy e Intelligenza Artificiale.

I dati del CISCO Privacy Consumers Report 2024

Il Report 2024 di Cisco analizza la consapevolezza e l’atteggiamento dei consumatori riguardo all’utilizzo dei dati personali da parte delle aziende, alla legislazione sulla privacy, all’IA generativa (Gen AI) e ai requisiti di localizzazione dei dati.

I risultati mostrano che i consumatori riconoscono sempre più l’importanza delle normative sulla privacy e stanno adottando misure concrete per proteggere i propri dati, con impatti significativi per aziende e governi.

Inoltre, il report sottolinea come la privacy non sia più solo una questione di conformità normativa, ma sia diventata una priorità per i clienti. Di conseguenza, le organizzazioni, per mantenere un vantaggio competitivo, devono essere in grado di adattarsi a un pubblico sempre più attento alla protezione dei dati.

Leggi sulla privacy nel mondo

Oggi, più di 160 paesi hanno leggi sulla privacy attive, segnalando un crescente impegno globale per la protezione dei dati personali. Tuttavia, il livello di consapevolezza pubblica su queste normative varia.

Nel 2019, solo il 36% degli intervistati era a conoscenza delle leggi sulla privacy nel proprio paese. Questa percentuale, come evidenziato dal Report 2024 di Cisco, è cresciuta costantemente: nel 2024, il 53% degli intervistati ha dichiarato di conoscere le normative sulla privacy, rispetto al 46% del 2023. Tale aumento riflette non solo l’efficacia di campagne di sensibilizzazione, ma anche un interesse crescente verso la gestione dei dati personali in un’era sempre più digitale.

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È interessante osservare che la conoscenza delle leggi sulla privacy influisce significativamente sulla percezione della capacità di proteggere i propri dati personali.

Tra gli intervistati ignari delle normative del proprio paese, solo il 44% si ritiene in grado di proteggere i propri dati. Al contrario, tra coloro che conoscono queste leggi, ben l’81% afferma di avere le competenze necessarie per tutelare la propria privacy.

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Inoltre, la consapevolezza delle leggi sulla privacy varia notevolmente a livello globale. I tassi più elevati si registrano in Cina (81%) e Francia (73%), mentre i più bassi si rilevano in India (37%) e Australia (26%). In Italia, il 62% degli intervistati dichiara di conoscere le normative sulla privacy del proprio paese, posizionandosi sopra la media globale.

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Ancora, il report evidenzia una chiara correlazione tra l’età degli intervistati e la consapevolezza delle leggi sulla privacy. I consumatori più giovani mostrano una maggiore conoscenza delle normative rispetto alle generazioni più anziane.

In particolare, il 65% degli intervistati tra i 18 e i 24 anni dichiara di conoscere le leggi sulla privacy del proprio paese; tuttavia, questa percentuale diminuisce progressivamente con l’aumentare dell’età, fino a raggiungere appena il 24% tra gli over 75.

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Dal report si evince altresì che i consumatori continuano a valutare positivamente le leggi sulla privacy: tra coloro che ne sono a conoscenza, il 70% ritiene che abbiano avuto un impatto positivo, in crescita rispetto al 66% del 2023 e al 61% del 2022. Solo il 5% degli intervistati, in media, percepisce un impatto negativo.

Per quanto riguarda l’Italia, il 65% degli intervistati considera le leggi sulla privacy benefiche, mentre il 13% le valuta negativamente, registrando la percentuale di critiche più alta tra i paesi analizzati.

Le misure adottate dai consumatori per tutelare la propria privacy

CISCO, dal 2019, ha monitorato un gruppo di consumatori chiamati “Privacy Actives”, ovvero persone particolarmente sensibili alla privacy e disposte ad agire per proteggerla, sino a considerare di cambiare organizzazione o fornitore se le politiche sui dati o le pratiche di condivisione dei dati non soddisfano le loro aspettative.

Il report di quest’anno rivela, di fatto, che i consumatori più giovani sono significativamente più attivi in materia di privacy. Inoltre, risulta che, tra gli intervistati di età compresa tra i 25 e i 34 anni, il 49% si identifica come Privacy Actives. Tale percentuale diminuisce progressivamente con l’età: solo il 33% degli intervistati tra i 45 e i 64 anni rientra in questa categoria, e la percentuale scende al 18% tra gli over 75.

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Inoltre, i consumatori adottano sempre più misure per proteggere la loro privacy: il 61% degli intervistati ha dichiarato di utilizzare un gestore di password per proteggere e tenere traccia delle proprie credenziali; mentre due terzi hanno rivisto o aggiornato le proprie impostazioni sulla privacy negli ultimi 12 mesi e utilizzano l’autenticazione a più fattori.

Ancora, l’adozione di misure di protezione delle informazioni è in costante crescita, con aumenti annuali in termini di disattivazione degli assistenti domestici e di gestione delle preferenze sui cookie.

In particolare, i consumatori stanno sfruttando il loro potere d’acquisto per promuovere la privacy, con il 75% degli intervistati che afferma di non acquistare prodotti da organizzazioni di cui non si fida.

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Data Subject Access Requests – DSAR

In base alle normative sulla privacy, i consumatori hanno il diritto di esercitare il DSAR (Data Subject Access Request), che permette loro di accedere alle informazioni relative ai propri dati personali e, in alcuni casi, di chiederne la modifica o la cancellazione. Il 36% degli intervistati ha dichiarato di aver esercitato questo diritto, un aumento rispetto al 28% dell’anno scorso e al 24% di due anni fa.

Anche in questo caso, i consumatori più giovani tendono ad agire con maggiore frequenza: il 51% degli intervistati tra i 18 e i 24 anni ha esercitato il DSAR, contro solo l’8% degli over 75.

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Inoltre, risulta che i consumatori più giovani sono generalmente più consapevoli delle leggi sulla privacy, più attivi nell’adottare misure per proteggere i loro dati, oltre a risultare più fiduciosi riguardo alla protezione delle informazioni personali.

Tuttavia, è altrettanto importante considerare le necessità dei consumatori più anziani, che tendono ad essere meno attenti alla privacy, meno attivi nella protezione dei dati e più insicuri riguardo alla loro sicurezza. Ovvero, è essenziale garantire che tutti, indipendentemente dall’età, si sentano sicuri e a proprio agio nel partecipare all’economia digitale, che spesso implica la condivisione di dati personali con le organizzazioni, quando e dove è opportuno farlo in modo sicuro.

Localizzazione dei dati

Se inizialmente un 76% degli intervistati ha ritenuto che la localizzazione dei dati fosse una buona soluzione per garantire l’applicazione delle leggi e degli standard di protezione del proprio paese ai dati personali – con solo il 12% inizialmente contrario – successivamente, quando sono stati considerati i possibili aumenti dei costi, le riduzioni dei servizi, la sostenibilità e altre implicazioni, il supporto per la localizzazione è calato significativamente.

Alla fine, solo il 50% degli intervistati ha continuato a considerarla una buona soluzione, mentre il 30% si è dichiarato contrario.

Interessante notare come supporto per la localizzazione dei dati varia notevolmente a seconda delle aree geografiche e tra i paesi all’interno di ciascuna regione.

In Europa, c’è generalmente un forte sostegno a tali politiche, con picchi in Francia (75%) e Italia (59%). Nelle Americhe, invece, le opinioni sono più divise, con il Brasile nettamente contrario alla localizzazione, mentre negli Stati Uniti l’opinione è più equilibrata (47%). La regione Asia-Pacifico mostra invece un forte sostegno, con la Cina in testa (86%).

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Intelligenza Artificiale (IA) e decisioni automatizzate: il ruolo dei dati personali

Il 63% degli intervistati riconosce i benefici dell’IA nel migliorare diversi aspetti della vita, come lo shopping, i servizi di streaming e l’assistenza sanitaria. Inoltre, più della metà degli intervistati (53%) è disposta a condividere le proprie informazioni sanitarie anonime con l’IA per contribuire a migliorare l’assistenza sanitaria, ritenendo che i vantaggi superino i rischi, purché vengano adottate tecniche di anonimizzazione adeguate. Al contempo, la maggior parte degli intervistati (78%) sostiene che le organizzazioni devono utilizzare l’IA in modo esclusivamente etico.

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Il report rivela che 59% degli intervistati ritiene che leggi sulla privacy rigorose li facciano sentire maggiormente a loro agio nell’utilizzo delle applicazioni di IA, oltre ad evidenziare che le organizzazioni possono rafforzare la fiducia dei clienti nell’uso dell’IA attraverso diverse iniziative, quali: l’integrazione di un intervento umano, l’audit dei pregiudizi, l’aumento della trasparenza, la creazione di un programma di gestione etica dell’IA e la formazione dei dipendenti sui principi etici dell’IA.

Approcci che sono stati positivamente accolti dagli intervistati, con il 77%-80% che afferma che tali misure li renderebbero “un po’ più” o “molto più” a loro agio nell’utilizzo dell’IA.

In particolare, la formazione dei dipendenti in termini di etica dell’IA ha avuto l’effetto più significativo, con il 42% degli intervistati che si è dichiarato “molto più a suo agio”. Risultati che offrono alle organizzazioni indicazioni utili per orientare gli investimenti necessari a incrementare il comfort e la fiducia dei clienti nell’adozione dell’IA.

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IA generativa (IA gen)

Il report di Cisco evidenzia che il 23% degli intervistati utilizza regolarmente l’IA generativa, i.e. quasi il doppio rispetto al 2023. Gli utenti impiegano questa tecnologia principalmente per la creazione di nuovi contenuti (56%), per attività legate al lavoro (54%), oltre che per acquisti, ricette e consigli finanziari.

In relazione ai dati utilizzati con l’IA generativa, il 37% degli intervistati ha dichiarato di aver condiviso informazioni sulla salute, il 36% su dati professionali, e tra il 24% e il 29% ha fornito informazioni finanziarie, numeri di conto e dettagli su religione o etnia.

Questi dati, essendo personali o sensibili, potrebbero dare luogo a problematiche legali se le applicazioni di IA generativa dovessero condividerli pubblicamente o con concorrenti e, in tal senso, i consumatori, infatti, si dichiarano pronti a intraprendere azioni legali qualora i loro dati personali vengano utilizzati in modo improprio.

Secondo quanto emerge dal report di Cisco, gli utenti dell’IA generativa sembrano consapevoli dei rischi legati a questa tecnologia, soprattutto se non vengono adottati adeguati controlli e protezioni.

In particolare, l’86% degli intervistati ha espresso preoccupazione per la possibilità che i dati possano essere errati; l’84% teme che i propri dati possano essere condivisi senza autorizzazione; l’80% ritiene che l’IA generativa potrebbe essere dannosa per l’umanità, e il 72% è preoccupato che questa tecnologia possa sostituire i lavori umani.

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Il rapporto rivela che il 51% degli intervistati ha dichiarato che, per ridurre i rischi associati all’uso dell’IA gen, verifica altre fonti di informazione in modo da assicurarsi che l’output dell’IA gen sia corretto.

Inoltre, il 45% ha indicato di utilizzare uno strumento di IA gen sicuro (fornito magari dal proprio datore di lavoro), dove le informazioni non vengono condivise pubblicamente. La stessa percentuale ha dichiarato di astenersi dall’inserire informazioni personali o riservate nelle applicazioni di IA gen.

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Conclusioni

L’importanza della privacy nell’era digitale è fondamentale, poiché rappresenta un diritto umano essenziale per l’autonomia, la protezione e l’equità.

Con l’adozione sempre più diffusa dell’intelligenza artificiale nelle nostre vite, è cruciale rimanere vigili nella salvaguardia della nostra privacy, per garantire che la tecnologia venga utilizzata in modo appropriato.

Inoltre, è fondamentale essere sempre aggiornati sulle tendenze e le normative relative alla privacy, per proteggere le nostre “impronte” digitali.

Di fatto, la protezione della privacy nell’era dell’IA è una questione che ci coinvolge tutti, sia come individui sia come membri della società e richiede un approccio olistico, che combini soluzioni tecnologiche e normative, oltre a fondarsi su una responsabilità condivisa tra governo, industria e società civile.

Solo attraverso il lavoro congiunto, per sviluppare e applicare strategie di privacy e di sicurezza, possiamo assicurare che i vantaggi dell’IA vengano realizzati in modo etico, responsabile e sostenibile, rispettando la privacy e la dignità di ogni individuo.

Ne consegue che le organizzazioni dovranno implementare una governance solida e controlli adeguati, partendo dal presupposto che una protezione dei dati efficace non si limita alla conformità, ma rappresenta anche un’opportunità per costruire fiducia con i consumatori e ottenere un vantaggio competitivo.

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