Oggi che è diventata una buzzword tutti si chiedono cosa sia il metaverso, il nuovo “paradigma orizzontale” informatico e di rete di cui parlò pubblicamente Mark Zuckerberg nel luglio 2021, preceduto nel maggio però da Tencent e da Microsoft. E forse solo gli esperti di tecnologia, di marketing e di comunicazione, possono dare risposte sufficientemente circostanziate e complete.
Per Mattew Ball, uno dei maggiori esperti mondiali, è il salto prossimo di internet, è il mondo digitale a tre dimensioni, è la rete delle esperienze interconnesse oltre la realtà virtuale come oggi la conosciamo e percepiamo. È contenuti, mercati ed economia, cultura, esperienze umane, tecnologie digitali e blockchain.
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Il metaverso: cos’è e cosa può diventare
Ma cosa sarà il metaverso è quasi difficile da prevedere: tali e tanti sono gli adattamenti e gli utilizzi che se ne possano fare nei diversi settori industriali. È infatti una piattaforma, un’infrastruttura, un nuovo modo di fare relazione, comunicazione e marketing commerciale come sociale. Un nuovo modo di produrre e distribuire.
È analisi, è strategia e operatività per imprese e per individui. Quanto c’è di vero e di approfondito dunque in quello che ascoltiamo e leggiamo ogni giorno? Durante il Future Sight (manifestazione organizzata da Università Roma Tor Vergata in occasione del 40ennale della sua fondazione), ci si è interrogati sul metaverso e date alcune risposte sulle potenzialità di questa nuova rivoluzione tecnologica – di cui parlò per primo il novelist futurologo Neal Stephenson nel 1992 con il romanzo Snow Crash – cercando di comprenderne logiche e possibili utilizzi, individuali e collettivi, di intrattenimento e di business.
Perché il metaverso è un nuovo meta-medium e, in quanto tale, si è allargato a ricomprendere categorie e settori industriali che fanno capo al concetto di piattaforme non solo tecnologiche ma relazionali.
Quando si parla di musei, parchi a tema, shopping streets e mall, recreation center, entertainment based location, eventi sportivi agonistici e amatoriali, entertainment allargato, nonché prodotti artistici, culturali, di largo consumo, fashion e speciali, il concetto di medium è certamente evocato. Cosa c’è di più comunicativo, che mette in relazione per un acquisto e una fruizione artistica, editoriale, di gioco e sportiva, di evento di moda e di shopping del metaverso tridimensionale?
Nel 2030 sembra che saranno oltre 40 i metaversi con oltre 350 milioni di persone coinvolte. Dunque primo punto: il “metaverso” è plurale. Parliamo di diverse e molteplici imprese digitali che hanno creato e creeranno diverse piattaforme e ne daranno una direzione di uso – e pertanto copriranno un mercato anche parzialmente diverso.
Avremo il metaverso maggiorente dedicato al gioco, alla musica e in genere all’entertainment, quello prettamente dedicato al retail, quello con particolare attenzione ai settori di moda o di sport, ma tali metaversi saranno anche interoperabili.
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Le leggi del metaverso e del nuovo web3
Dunque questo web ulteriormente evoluto che chiamiamo web3 (Harvard Business Review di settembre 2022 dice del web3 “rivoluzione o utopia?”) coprirà un mercato che vedrà nuovamente presenti i diversi settori industriali seppur in una veste digitalmente mutata anche in relazione al fatto che entro 10 anni le persone vi trascorreranno almeno un’ora al giorno.
Il metaverso risponde pertanto perfettamente alle sette leggi dei media elaborate nel combinato disposto delle teorie massmediologiche di McLuhan ed economiche di Vogel (Pattuglia S., Media Management, Franco Angeli):
- Il metaverso estende ed amplifica organi e facoltà dell’utilizzatore, è un’estensione di questi: l’avatar è di fatto una personificazione dello user.
- L’equilibrio mediatico comporta che se un’area dell’esperienza umana aumenta in intensità e presenza, l’altra o le altre recedono. Il nuovo mondo del metaverso, pertanto, crea sempre più obsolescenza per i media precedenti e li spinge in una posizione meno preminente, anche se certamente non li annulla. Vi si sostituisce parzialmente e li integra (pensiamo ad esempio ai social media, e alla Meta di Zuckerberg).
- Ogni nuovo medium spinto al limite delle sue potenzialità trasforma e inverte le sue caratteristiche: si entra nel metaverso con e attraverso degli avatar, gli avatar divengono noi stessi, ci rappresentano e agiscono al nostro posto.
- Il contenuto di un nuovo mondo mediatico è mutuato da uno precedente o più vecchio medium: il metaverso attualmente mette insieme caratteristiche dei precedenti medium a partire da Second Life per arrivare ai social, alle piattaforme di gaming come di e-commerce.
- Ogni forma successiva, immediatamente dopo l’introduzione sul mercato, con estrema rapidità si frammenta in tante diverse nicchie sussidiarie, a formare la cosiddetta “coda lunga” mediatica: il proliferare giornaliero dei metaversi e dei suoi diversi utilizzi dimostra proprio questo.
- La frammentazione e l’entropia che ne deriva sono nel contempo però associate con le tendenze biologiche quindi umane che vedono le persone osservare, fare, seguire ciò che altre persone fanno nello stesso momento. Questo è vero in natura e altresì verificato da molta letteratura scientifica nei media e nell’intrattenimento: i diversi metaversi e la loro crescita al momento – sino ad essere una delle parole più pronunciate nel business, nel marketing e nella comunicazione – concretizzano questo principio.
- Il fatturato, e il profitto, è scalato esponenzialmente con pochi item o categorie merceologiche che coprono la maggior parte dei risultati. Nell’entertainment Vogel parla di un ratio pari a 98:2, nei media di 80:20. La storia prossima ci dirà cosa succederà ai fatturati e alla loro composizione sui diversi metaversi.
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Gli interessi economici sul metaverso
Pochi giorni fa, Milano Finanza ha riportato che Bloomberg Intelligence ha stimato in 800 miliardi il business del metaverso entro il 2024, Boston Consulting tra i 250-400 miliardi per il 2025 ed EY fino a 1.000 miliardi entro il 2030. McKinsey ha addirittura parlato di un indotto di 5 miliardi di dollari entro la stessa decade.
Uno dei vari metaversi, Roblox, ha riportato che in settembre il suo fatturato è stato di 7 milioni di dollari al giorno per un totale di 219 milioni di dollari e una crescita del 11-15% sul 2021 con 58 milioni di utenti giornalieri e un aumento dell’engagement del 16%.
Fifa ha peraltro recentemente lanciato in Roblox la sua versione world. Lavazza Arena ha, dal suo canto, presentato sulla stessa piattaforma il proprio programma per sensibilizzare le persone sulle tematiche ambientali e green.
A dimostrazione che il metaverso viene visto dai grandi brand come luogo non solo di commercio e gioco ma anche di comunicazione e promozione sociale. Decetraland ha invece subito l’informazione di una presenza di soli 38 utenti al giorno a fronte di un valore di mercato dichiarato e riconosciuto dagli analisti di 13 miliardi di dollari.
Il metaverso e le ombre del web3
Ecco che allora cominciamo a intravvedere anche le ombre di questo web3 che altrimenti sarebbe eccessivamente luminoso, ombre che, senza arrivare nella Cina proibizionista, hanno anche visto l’Unione Europea prendere recentemente una posizione verso lo studio e l’approfondimento dei temi ad esso connessi.
E, d’altronde, sul mercato mediatico come sugli altri, la maturità di una proposta sopraggiunge quando gli analisti la elaborano e la sottopongono ad uno stress test sui numeri, sulle strategie di mercato e sugli effetti verso singoli e collettività.
Un punto d’ombra innegabile e doveroso è quello relativo alla necessaria responsabilizzazione che le diverse piattaforme debbono esercitare e contribuire a esercitare verso i loro frequentatori: bene ha fatto dunque The Sandbox – che il suo fondatore Sébastien Borget chiama “the open NFT metaverse” – a parlare di responsabilizzazione all’uso per i suoi giovani e meno giovani frequentatori, una sorta di alert anti-addiction che è meritevole per uno dei più grandi operatori di metaverso attuali.
Un secondo punto che desta apprensione in imprenditori e investitori nel metaverso e nei suoi NFT, e nelle meta-valute (ad esempio la criptovaluta standard utilizzata da tutti i metaversi, come ad esempio Ether di Ethereum, o anche le criptovalute specifiche come Sand per Sandbox o Mana per Decentraland) è la performance economica delle imprese che investono anche in termini di acquisto “particelle” di territorio, di acquisito di beni e servizi, e di sponsorizzazione di quella o quell’altra attività.
Notoriamente, nel metaverso si dice che si cresce poco e si spende tanto (in R&S). Peraltro, ed è un terzo punto oscuro, i numeri sono ancora troppo determinati dalla resocontazione (autonoma) delle imprese di metaverso e poco ancora affidati a controllo di organismi terzi e di regolamentazione: si parla, infatti, di metaverso come di “autorità decentralizzata”.
Una quarta problematica inerisce i cosiddetti “costi di sistema”: come si determinano, come si analizzano e – soprattutto – chi li paga?
Una quinta: il metaverso è ancora un far west? Se già per gli OTT è stato difficile addivenire a regole “editoriali” di rispetto delle persone, identità, gruppi e regole da far rispettare da parte dei terzi investitori, inserzionisti, editori o consumatori, risulta ancora più problematico attualmente capire le responsabilità e come si determinino nei mondi virtuali, quali siano le norme a presidio della privacy, della tutela delle diversities, delle minoranze come dei minori e il rispetto delle norme anti-bullismo e anti-violenza digitale.