L'ANALISI

Fake news, così Meta ha smascherato la più grande campagna di disinformazione cinese

Nell’Adversarial Threat report del secondo trimestre 2023, Meta ha dichiarato di aver messo fine alla più grande rete di influenza segreta mai conosciuta e sostenuta, a quanto sembra, dal governo cinese. Il documento è utile a comprendere, individuare e mitigare le tattiche di disinformazione sui social

Pubblicato il 06 Set 2023

Nunzia Alfano

Analyst, Hermes Bay

Stefano Lovi

Analyst, Hermes Bay

Meta smaschera campagna disinformazione cinese

Il 29 agosto 2023 Meta ha pubblicato il Q2 Adversarial Threat report, un documento ufficiale in cui la multinazionale dichiara di aver messo fine alla più grande rete di influenza segreta mai conosciuta. L’operazione, risalente al 2019 e nota nel settore della sicurezza come “Spamouflage”, ha determinato la chiusura di 7.704 account Facebook, 954 pagine, 15 gruppi e 15 account Instagram.

Nello specifico, la campagna di disinformazione ha preso origine in Cina e ha coinvolto diverse regioni nel mondo, tra cui Taiwan, Stati Uniti, Australia, Regno Unito, Giappone e, in generale, gli utenti di lingua cinese su scala globale.

Il fine ultimo della rete, da un lato, era quello di divulgare opinioni positive sulla Cina e la sua provincia dello Xinjiang e, dall’altro, criticare gli Stati Uniti, la politica estera occidentale e gli oppositori del governo cinese, compresi giornalisti e ricercatori.

Nonostante gli autori dell’operazione abbiano tentato di camuffare la propria identità, le indagini hanno trovato collegamenti con le forze dell’ordine cinesi.

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I dettagli della campagna di disinformazione cinese

Sulla base di quanto riportato nel documento ufficiale di Meta, la rete di influenza sarebbe stata gestita da operatori geograficamente dislocati in tutta la Cina, forniti con indicazioni sui contenuti da condividere e con un medesimo accesso ad Internet, spesso localizzato negli Stati Uniti, probabilmente per celare le proprie origini.

In realtà, molti degli account coinvolti erano già stati identificati e disabilitati attraverso sistemi automatizzati; tuttavia, tale processo avrebbe incentivato gli stessi autori a servirsi di piattaforme più piccole o secondarie per la realizzazione della propria rete di influenza: tra queste, si sono rilevate più di 50 piattaforme, quali YouTube, X (ex Twitter), TikTok, Reddit, Pinterest, Medium, Blogspot, LiveJournal, VKontakte e Vimeo.

Inoltre, una delle missioni perpetrate dalla campagna di disinformazione comprendeva numerosi post che tentavano di affermare che la reale provenienza della pandemia da COVID-19 fossero gli Stati Uniti.

Quest’ultima tesi veniva avvalorata tramite un fittizio documento di ricerca di 66 pagine, pubblicato dal gruppo, e contenente numerosi errori di ortografia tra i nomi delle personalità citate.

Il progetto di ricerca, inoltre, è stato ulteriormente accreditato da articoli e video su YouTube e Vimeo, in cui si dichiarava che gli Stati Uniti avevano “nascosto la verità sulle origini del virus”.

Dal proprio canto, il governo cinese ha categoricamente negato di esser coinvolto in reti di influenza ostili agli Stati Uniti.

Così Meta ha smascherato le fake news cinesi

L’indagine condotta dalla multinazionale statunitense ha evidenziato errori distintivi e modelli comportamentali simili che avrebbero facilitato l’identificazione dei gruppi di attività: spesso, ad esempio, i commenti venivano pubblicati insieme a quelli che sembravano essere numeri di serie, facendo intuire che venissero copiati ed incollati da un elenco numerato.

Inoltre, molte delle pagine utilizzate ai fini dell’operazione venivano acquisite da account già esistenti, e non di rado accadeva che i vecchi contenuti non venissero eliminati.

Come riportato da Meta, infatti, accadeva che pagine precedentemente dedicate alla pubblicazione di annunci di lingerie in cinese, si trasformassero in contenuti sulle rivolte in Kazakistan in lingua inglese.

Non di rado, inoltre, sono stati rilevati refusi ortografici, nomi scritti erroneamente o didascalie tradotte automaticamente e senza correzioni.

Nonostante le grandi dimensioni di tale rete di influenza, l’operazione Spamouflage “ha costantemente faticato ad andare oltre la propria (falsa) camera d’eco”.

Difatti, sebbene risulti che più di 560.000 account abbiano seguito almeno una delle pagine in questione e siano stati spesi almeno 3.500 dollari per annunci pubblicitari, molti dei seguaci corrispondevano essi stessi ad account spam non autentici e provenienti dal Vietnam, Bangladesh e Brasile.

Complessivamente, Meta ritiene che la capacità di raggiungere un pubblico reale sia stata relativamente bassa.

Possibili legami con altre campagne di disinformazione

Diverse sono le personalità espressesi in merito alla questione; primo tra questi, Ben Nimmo, a capo della Global Threat Intelligence di Meta, che ha dichiarato al The New York Times: “Si tratta del più grande smantellamento di una singola rete che abbiamo mai condotto.

Se la mettiamo insieme a tutte le attività che abbiamo rimosso su Internet, concludiamo che questa è la più grande campagna segreta di cui siamo a conoscenza oggi”.

Il responsabile di Meta conclude affermando: “Per la prima volta siamo stati in grado di collegare questi numerosi cluster per confermare che erano tutti destinati a un’unica operazione”.

Stando alle dichiarazioni di Nimmo, alcune tattiche utilizzate in Cina risulterebbero simili a quelle di una campagna di influenza russa chiamata Doppelgänger, una rete scoperta nel 2019 e interrotta per la prima volta dal team di sicurezza un anno fa, suggerendo che tali operazioni di disinformazione possano apprendere le une dalle altre.

Scopo dell’operazione Doppelgänger era quello di imitare i siti web dei principali organi di informazione in Europa, falsificando i loro domini, tra cui The Washington Post e Fox News, per pubblicare notizie mendaci in merito alla guerra in Ucraina.

Il coinvolgimento di funzionari cinesi

In una denuncia penale presentata ad aprile 2023, il Dipartimento di Giustizia statunitense ha incriminato 34 ufficiali dell’intelligence cinese presso il Ministero cinese della Pubblica Sicurezza (MPS) di essere dietro una campagna segreta di propaganda sui social media.

Alcuni degli stessi contenuti di propaganda, citati dai pubblici ministeri statunitensi in quella denuncia, appaiono anche nel rapporto di Meta pubblicato il 29 agosto, indicando il Ministero della Pubblica Sicurezza come l’agenzia che Meta crede sia dietro Spamouflage.

Secondo l’accusa, i funzionari cinesi facevano parte del gruppo 912 Special Project Working Group dell’MPS, il cui scopo era quello di creare e utilizzare una serie di account falsi, sulle piattaforme di social media statunitensi, per influenzare e modellare la percezione pubblica della Repubblica Popolare Cinese e del Partito Comunista Cinese.

David Mitchell, direttore tecnico di HYAS, società che fornisce servizi di sicurezza informatica, ha affermato che il personale di sicurezza, sia a livello esecutivo che operativo, dovrebbe prestare attenzione alle campagne di disinformazione proprio come farebbe con una campagna di attacco.

Ken Westin, Field Chief Information Security Officer presso Panther Labs, ha aggiunto che i CISO di social media, notizie e altri siti dovrebbero identificare questi account falsi per ridurre la quantità di disinformazione sulle loro applicazioni.

Il portavoce del Ministero degli Esteri, Wang Wenbin, si è espresso in merito alla vicenda Spamouflage in una conferenza stampa del 30 agosto affermando che: “alcune persone e istituzioni hanno lanciato una “campagna di voci” dopo l’altra contro la Cina sulle piattaforme dei social media e hanno diffuso un’enorme quantità di disinformazione sulla Cina. Ci auguriamo che le aziende interessate possano sostenere il principio di obiettività e imparzialità, evitare di applicare doppi standard, distinguere veramente voci e bugie dalla verità e dai fatti e adottare misure concrete per eliminare la disinformazione sulla Cina”.

Il precedente rapporto dell’Australian Strategic Policy Insitute (ASPI), pubblicato il 24 luglio 2023, ha affermato che il Governo cinese sta espandendo la propria infrastruttura digitale per condurre operazioni di influenza online al di fuori della Cina continentale, grazie anche all’operato del Ministero della Pubblica Sicurezza, una delle principali agenzie cinesi responsabili della manipolazione dell’opinione pubblica globale sui social media.

Inoltre, l’ASPI afferma che queste attività prevedono la diffusione di campagne di influenza da parte del Governo cinese utilizzando personaggi falsi e account non autentici sui social media che risulterebbero collegati a organizzazioni criminali transnazionali.

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