Il 4 luglio 2023, il The Wall Street Journal ha riportato che l’amministrazione Biden avrebbe intenzione di limitare l’accesso delle società cinesi ai servizi di cloud computing statunitensi. La proposta in questione, se approvata, dovrebbe riguardare i principali fornitori di servizi cloud, come Amazon e Microsoft, i quali sarebbero vincolati a richiedere il via libera al Governo degli Stati Uniti prima di vendere a compagnie cinesi i propri servizi che si servono di chip avanzati di intelligenza artificiale.
Le restrizioni in questione costituirebbero una parte della strategia messa in atto dagli USA per colmare una lacuna nei controlli sull’esportazione dei chip: gli analisti per la sicurezza nazionale, infatti, avrebbero informato la Casa Bianca sulla possibilità che le compagnie cinesi di intelligenza artificiale abbiano raggirato le attuali leggi attraverso l’utilizzo di servizi cloud.
Secondo quanto riportato dal The Wall Street Journal, tali servizi fornirebbero ai propri clienti grandi capacità di computing senza dover acquistare apparecchiature avanzate, come, ad esempio, i chip dell’azienda Nvidia, uno dei maggiori produttori di chip per l’elaborazione grafica.
Le restrizioni cinesi alle esportazioni di terre rare: quali conseguenze
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Cloud, chip e AI al centro della competizione tra USA e Cina
Emily Weinstein, ricercatrice presso il Georgetown Center for Security and Emerging Technology, ha dichiarato che un’alternativa alla proposta statunitense potrebbe essere quella di scoraggiare i fornitori di servizi cloud dal rivolgersi ad utenti o aziende legate all’ambito militare o di intelligence cinese.
Questo permetterebbe di arginare i rischi di uno specifico gruppo di entità, oltre ai produttori di semiconduttori e apparecchiature.
Questa manovra si inserisce nel più ampio scenario di competizione tra le due superpotenze ed è avvenuta prima della visita del Segretario del Tesoro Janet Yellen in Cina.
Già lo scorso giugno, le autorità statunitensi stavano prendendo in considerazione un inasprimento delle regole sui controlli delle esportazioni relativamente al flusso di chip di intelligenza artificiale e semiconduttori verso la Cina.
Se tale proposta venisse approvata, Nvidia, non sarebbe più in grado di spedire i suoi prodotti di intelligenza artificiale A800 e H800 in Cina. L’azienda ha realizzato i due dispositivi per il mercato cinese dopo che, ad agosto 2022, Washington le aveva vietato di esportare nel Paese i chip A100 e H100.
Gao Lingyun, ricercatore presso l’Istituto di Economia e Politica Mondiale dell’Accademia Cinese delle Scienze Sociali, ha dichiarato al Global Times che la potenziale espansione dei divieti danneggerà gli interessi dei produttori di chip statunitensi, che hanno venduto circa il 30% dei loro prodotti in Cina.
Da parte sua, Colette Kress, Direttore Finanziario di Nvidia, ha reso noto che, a lungo termine, ulteriori restrizioni comporterebbero una perdita permanente di opportunità per l’industria statunitense di competere e di essere leader in uno dei più grandi mercati del mondo.
La Cina risponde con investimenti nel comparto tecnologico
Per far fronte ai provvedimenti dei propri competitor, la Cina starebbe dirigendo da tempo importanti investimenti nel comparto tecnologico al fine di raggiungere l’autosufficienza produttiva.
A marzo, l’ex Premier Li Keqiang ha dichiarato che il Paese dovrebbe accelerare la ricerca e lo sviluppo di tecnologie all’avanguardia e promuoverne l’applicazione; inoltre, lo sviluppo dell’economia delle piattaforme dovrebbe essere supportato e supervisionato regolarmente.
Contemporaneamente, il Ministero delle Finanze ha annunciato che nel 2023 sarebbero aumentati di 4,4 miliardi di yuan i fondi speciali per sostenere campi di ricerca e sviluppo dedicati a settori come quello dei circuiti integrati, portandoli a 13,3 miliardi di yuan.
Ha altresì comunicato che sarebbero stati stanziati 6,5 miliardi di yuan per il progresso scientifico e tecnologico a livello locale, con un aumento di 2 miliardi di yuan.
Gran parte di queste risorse sarebbero destinate a piattaforme digitali come Alibaba e Tencent. Già nel novembre 2022, il Governo ha creato il Beijing Open Source Chip Research Institute, un conglomerato di aziende e istituti di ricerca, tra cui l’Accademia delle Scienze, per creare una nuova proprietà intellettuale di chip.
Lo scopo dell’iniziativa sarebbe quello di ridurre la dipendenza da Arm, di proprietà di SoftBank, la cui tecnologia è alla base della maggior parte dei semiconduttori nel mondo. Il gruppo utilizzerebbe Risc-V, un’architettura di progettazione di chip open-source creata nel 2010 dall’Università di Berkeley ed emersa negli ultimi anni come concorrente di Arm.
Quest’ultima, che ha sede nel Regno Unito ma con attività negli Stati Uniti, è considerata vulnerabile a qualsiasi inasprimento delle sanzioni statunitensi contro Pechino perché fornisce i suoi progetti a società tecnologiche cinesi.
Il consorzio cinese avrebbe sviluppato Xiangshan, un chip ad alte prestazioni per l’elaborazione di computer Risc-V, con l’obiettivo di eguagliare l’IP di Arm.
Più recentemente, nel maggio 2023, Alibaba, Baidu e Tencent hanno manifestato la loro intenzione di sviluppare nuovi strumenti di IA generativa. Dan Ives, Direttore Generale delle Azioni di Wedbush Securities, ha reso noto che le ambizioni dei giganti tecnologici cinesi in materia IA rifletterebbero l’intensificarsi della corsa agli armamenti a livello globale, in cui i Paesi cercano di conquistare la leadership su questa tecnologia.
Massima attenzione sul calcolo computazionale
Infine, gli sforzi cinesi si starebbero focalizzando sul calcolo computazionale. Nel mese di aprile, il Ministero della Scienza e della Tecnologia ha affermato che il Paese ha in programma di costruire una rete internet di supercalcolo entro la fine del 2025 per collegare i computer e sfruttare efficacemente la loro potenza di calcolo comune per promuovere l’innovazione e la crescita socioeconomica.
L’iniziativa dovrebbe consentire alla Cina di superare problemi come la distribuzione disomogenea della capacità di calcolo, la mancanza di standardizzazione delle piattaforme, e la mancanza di incentivi per la creazione e l’adozione di software applicativi.
Una nuova guerra fredda hi-tech
Vari esperti hanno paragonato la sfida tecnologica cinese nei confronti di Washington, soprattutto nel campo dell’intelligenza artificiale, alla corsa agli armamenti della Guerra Fredda.
Ryan Nabil, Direttore delle Politiche Tecnologiche presso il gruppo di difesa National Taxpayers Union, ha dichiarato che l’AI presenterebbe meno barriere all’ingresso rispetto ai settori nucleare e spaziale. La Cina sarebbe avanti in aree come il riconoscimento facciale, anche se questo sarebbe maggiormente funzionale alle esigenze del Governo cinese piuttosto allo sviluppo generale dell’IA.
Secondo Melanie W. Sisson, ricercatrice presso la Brookings Institution, le restrizioni statunitensi, unite a quelle dei loro partner, potrebbero rallentare lo sviluppo tecnologico cinese solo temporaneamente.
All’interno della Cina, infatti, il duello tra le sanzioni e gli incentivi “Made in China” ha aumentato la percezione dei cittadini in merito alla necessità di incrementare le prestazioni tecnologiche per elevare lo status internazionale di Pechino.
Questa contrapposizione non comporterebbe il primato statunitense o cinese in campo tecnologico, ma il passaggio da una moderata competizione a un esplicito antagonismo.
Il nuovo regime di controllo delle esportazioni imporrebbe scelte difficili all’intero sistema globale dei semiconduttori, in particolare alle aziende con sede fuori dagli Stati Uniti. Se queste imprese riducessero l’uso di componenti statunitensi per mantenere l’accesso ai mercati cinesi, sarebbe probabile che gli Stati Uniti esercitino pressioni sui governi alleati affinché impongano restrizioni a Pechino.
Quello che l’amministrazione Biden crede, continua la Sisson, è che i controlli sulle esportazioni diano agli Stati Uniti il tempo sufficiente per consolidare un durevole vantaggio tecnologico-militare sulla Cina.
Tuttavia, non sarebbe chiaro se queste manovre costituiscano una buona risposta, dal momento in cui gli Stati Uniti devono affrontare le proprie sfide nella modernizzazione militare, la Cina potrebbe rispondere in modi che Washington non prevede e le relazioni sino-statunitensi avrebbero ripercussioni negative di lunga durata.