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Il riarmo della Nato: le sfide, anche cyber, per l’Europa



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Secondo la presidente della Commissione europea von der Leyen, l’Europa deve investire nella difesa, rafforzare le sue capacità, adottando un approccio proattivo alla sicurezza. Ecco i pilastri del piano di riarmo europeo e Nato

Pubblicato il 2 apr 2025

Marco Santarelli

Investigative Analysis Government Entities, Advisory Information Security and Terrorism, Semiotics and Intelligence Professor



Il riarmo della Nato: le sfide per l'a cyber'Europa

La Nato si prepara a potenziare le proprie forze per poter rendersi sempre più autonoma, a seguito del recente scontro pubblico tra il presidente Usa Donald Trump e il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca, che ha portato l’amministrazione USA a eliminare dalle sue priorità la difesa dell’Ucraina e dell’Europa.
Il riarmo deve avvenire nel giro di qualche anno per potersi allineare al contesto globale attraverso intelligenza artificiale e nuove tecnologie.

La Commissione Europa ha, nel frattempo, presentato il piano ReArm Europe/Readiness 2030 per promuovere un aumento degli investimenti nelle capacità di difesa.

Il riarmo della Nato

Dopo l’acceso incontro tra Trump e Zelensky a Washington, la Casa Bianca ha dichiarato che la difesa dell’Ucraina, così come dell’Europa, non è più prioritario, pertanto, per gli Stati membri è il momento di colmare le proprie carenze, provvedendo al riarmo.

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Già a gennaio scorso era stato lanciato il progetto Baltic Sentry, una missione per monitorare le infrastrutture sottomarine, come i cavi, a rischio di sabotaggio russo. Ma ad ostacolare la missione sono la carenza di navi e gli alti costi di equipaggio e manutenzione.

È seguito, poi, il lancio della Task Force X, una flotta di sistemi navali autonomi. Se nell’Atlantico o nel Pacifico i droni possono riscontrare difficoltà in caso di forti tempeste, nel Baltico, che è un mare più calmo, si possono ottenere buoni risultati, liberando le grandi navi per altri compiti.

Così, come ha fatto l’Ucraina dall’inizio della guerra contro la Russia, è fondamentale aggiornarsi continuamente, affiancando alle strumentazioni già in uso le tecnologie più avanzate.

Gli obiettivi di spesa militare UE

L’Europa si prepara al riarmo e il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto ai Paesi dell’Unione di aumentare la spesa per la difesa fino al 3% del prodotto interno lordo: “Negli ultimi tre anni, i russi hanno speso il 10 per cento del loro Pil per la difesa. Dobbiamo quindi prepararci a ciò che verrà”.

I membri della Nato hanno destinato collettivamente l’1,99 per cento del loro Pil alle spese per la difesa, cifra che dovrebbe arrivare al 2,04% nel 2025.
Dei Paesi di Unione Europea e Nato, solo quattro sono oltre la soglia indicata da Macron, mentre gli altri arrivano a malapena, o sono al di sotto, del 2%.

Con oltre il 3% destinato agli armamenti, ci sono la Polonia, con un abbondante 4%, Estonia e Lettonia con rispettivamente il 3,43% e il 3,15%, e la Grecia, con poco più del 3%.

Tra i Paesi che sfiorano il 3% ci sono la Lituania, con un 2,85%, la Finlandia, con un 2,41%, Danimarca, Regno Unito e Germania.

La Francia è a poco più del 2%, mentre l’Italia a un 1,43 %, quindi è tra i Paesi al di sotto del 2%, insieme a Spagna, Portogallo, Belgio, Croazia, Slovenia e Lussemburgo.

Il piano ReArm Europe o Readiness 2030

Dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la necessità di rendersi autonomi rispetto agli Usa, a cui l’UE si è appoggiata per decenni dal punto di vista della spesa militare, è diventata sempre più realtà.

Nel vertice di Londra, qualche giorno dopo lo scontro tra Trump e Zelensky, il presidente francese Macron ha parlato di nuovi finanziamenti che permettano un riarmo adeguato al Vecchio Continente: “Voglio che alla Commissione venga dato il mandato di ricorrere a finanziamenti innovativi. Vale a dire, sia prestiti congiunti sia il Meccanismo europeo di stabilità per raccogliere insieme somme considerevoli. Probabilmente inizialmente avremo bisogno di 200 miliardi di euro per poter investire”.

Nello stesso vertice è stato annunciato dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il piano denominato Rearm Europe/Readiness 2030,
che mira a ottenere “una pace duratura, ma una pace duratura può essere costruita solo sulla forza, e la forza inizia con il rafforzamento di noi stessi”.

Il piano è stato presentato ufficialmente il 19 marzo scorso, insieme al white paper for European Defence – Readiness 2030.

Mentre il white paper definisce un nuovo approccio alla difesa e identifica le esigenze di investimento, il Piano ReArm Europe/Readiness 2030 rafforza le capacità di difesa paneuropee con nuovi mezzi finanziari.

Readiness 2030

La presidente von der Leyen ha dichiarato: “L’era del dividendo della pace è finita da tempo. L’architettura di sicurezza su cui abbiamo fatto affidamento non può più essere data per scontata. L’Europa è pronta a fare un passo avanti. Dobbiamo investire nella difesa, rafforzare le nostre capacità e adottare un approccio proattivo alla sicurezza. Stiamo intraprendendo un’azione decisiva, presentando una tabella di marcia per la ‘prontezza 2030’, con un aumento della spesa per la difesa e importanti investimenti nelle capacità industriali della difesa europea. Dobbiamo comprare più Europa. Perché questo significa rafforzare la base tecnologica e industriale della difesa europea. Significa stimolare l’innovazione. E significa creare un mercato europeo per le attrezzature di difesa”.

Queste misure mirano a rispondere all’urgenza a breve termine di sostenere l’Ucraina, ma anche ad affrontare l’urgente necessità a lungo termine di rafforzare la sicurezza e la difesa dell’Europa.

I pilastri della spesa del piano di riarmo

La spesa di oltre 800 miliardi di euro, annunciata dalla presidente von der Leyen per il Piano ReArm Europe / Readiness 2030, si struttura sui seguenti pilastri:

  • liberare l’uso dei fondi pubblici per la difesa a livello nazionale;
  • un nuovo strumento dedicato all’azione di sicurezza per l’Europa – SAFE;
  • sfruttare il Gruppo BEI;
  • mobilitare il capitale privato accelerando l’Unione dei risparmi e degli investimenti.

Partendo dal primo punto sui fondi pubblici per la difesa nazionale, la Commissione ha invitato gli Stati membri ad attivare la clausola di fuga nazionale del Patto di stabilità e crescita, che fornirà loro uno spazio di bilancio aggiuntivo per aumentare la spesa per la difesa, nel rispetto delle norme fiscali dell’Ue.

Inoltre, attraverso lo strumento SAFE, dedicato all’azione di sicurezza per l’Europa, la Commissione raccoglierà circa 150 miliardi di euro sui mercati dei capitali, attingendo al suo consolidato approccio di finanziamento unificato per aiutare gli Stati membri dell’UE ad aumentare rapidamente e sostanzialmente gli investimenti nelle capacità di difesa dell’Europa.

Gli Stati membri, interessati su richiesta, sulla base dei piani nazionali, erogheranno questi fondi.

Le erogazioni avverranno sotto forma di prestiti a lunga scadenza a prezzi competitivi e strutturati in modo attraente, che saranno rimborsati dagli Stati membri beneficiari.

I prestiti saranno sostenuti dal margine di manovra del bilancio UE. SAFE consentirà agli Stati membri di aumentare immediatamente e massicciamente i loro investimenti nel settore della difesa attraverso appalti comuni da parte dell’industria europea della difesa, concentrandosi sulle capacità prioritarie.

Il ruolo della BEI

Infine, il Piano ReArm Europe/Readiness 2030 si affida anche al gruppo Banca europea per gli investimenti (BEI) per ampliare la portata dei suoi prestiti ai progetti di difesa e sicurezza, salvaguardando al contempo la sua capacità di finanziamento, e alla mobilitazione del risparmio privato in mercati dei capitali più efficienti, con il coinvolgimento degli investimenti in settori critici dell’economia, come quello della difesa, per coloro che desiderano investirvi.

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