Tra le entità che più recentemente hanno promosso la loro dedizione alla causa tech figura l’Iran, nazione che già da tempo sfrutta le potenzialità dell’intelligenza artificiale per sopprimere la dissidenza e ottimizzare il settore della Difesa.
A un anno dopo la morte di Masha Jhina Amini nel settembre 2022 e le conseguenti proteste di massa delle donne iraniane che si mostrano in pubblico con il capo scoperto in segno di resistenza, il governo della Repubblica islamica dell’Iran ha avviato un iter legislativo volto all’approvazione della cd. “legge Hijab e castità” che comporterà sanzioni più severe per le violazioni dei protocolli hijab in aggiunta a quelle già previste dal codice penale islamico.
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La legge “Hijab e castità” e l’uso invasivo dell’IA
Questo disegno di legge, presentato il 21 maggio 2023 dal Governo, farà leva sull’utilizzo invasivo dell’IA e della tecnologia di riconoscimento facciale per identificare e punire le donne iraniane che non rispettano gli obblighi imposti dal codice di abbigliamento islamico.
Il face detection implica il riconoscimento e l’analisi complessa di attributi facciali distinti, durante la quale le immagini vengono tradotte in dati digitali e successivamente confrontati con diversi database per stabilirne l’identità.
Questa sofisticata tecnologia trova applicazione in diversi scenari, tra cui lo sblocco degli smartphone, il miglioramento delle misure di controllo delle frontiere, il rafforzamento della sicurezza del sistema, la mitigazione delle attività criminali e la copertura di una moltitudine di altri ambiti.
In questo senso, secondo gli attivisti per la sicurezza e i diritti delle donne, tra cui Azam Jangravi, le autorità iraniane stanno investendo considerevolmente nell’espansione del sistema di sorveglianza attraverso le telecamere intelligenti CCTV Faraja che saranno installate, secondo il disegno di legge, nelle università, negli istituti scolastici, nelle sezioni di trattamento ospedaliero, nei parchi e nelle località turistiche.
A tal proposito, secondo l’articolo 50 del disegno di legge, chiunque si presenti in luoghi pubblici o strade in stato di nudo o seminudità, o con un abito ritenuto abitualmente troppo succinto, sarà immediatamente arrestato dagli agenti e consegnato alla magistratura, rischiando una reclusione o una sanzione amministrativa.
L’attuazione della strategia digitale iraniana
L’uso di tale tecnologia informatica conferisce potere a tre agenzie di intelligence iraniane: il Ministero dell’Intelligence, l’Organizzazione di Intelligence delle Guardie Rivoluzionarie e l’Organizzazione di Intelligence della Magistratura, insieme alla polizia e alle forze paramilitari Basij.
Infatti, Ahmadreza Radan, comandante in capo delle forze di polizia, ha dichiarato che l’attuazione della strategia digitale è attualmente in corso, la quale prevede già una prima identificazione con uno short message service con funzione di avvertimento, seguito da successivi messaggi per il coordinamento tra gli organi giudiziari e di polizia.
Il 14 giugno 2023, il portavoce della polizia Saeed Montazer-Almahdi, ha annunciato che dall’applicazione delle misure, la polizia ha inviato quasi un milione di SMS di avvertimento alle donne sorprese senza velo nelle loro auto, ha emesso 133.174 SMS che richiedevano l’immobilizzazione dei veicoli per due settimane, ha confiscato 2.000 auto e ha deferito più di 4.000 “recidivi” alla magistratura a livello nazionale.
Tuttavia, tra i numerosi esperti e sostenitori della tecnologia emerge Ahmed Ahmadian, il quale durante un’intervista con la BBC Farsi ha osservato come “la prospettiva di utilizzare telecamere per monitorare l’osservanza dell’hijab ha un impatto psicologico molto forte, poiché mira a instillare un senso di paura; quindi, sembrerebbe che il governo iraniano attualmente non possieda capacità tecnologiche ed economiche così avanzate”.
Le partnership estere per i sistemi di sorveglianza di massa
Successivamente alle dichiarazioni da parte degli esperti, Azari Jahromi, Ministro delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, ha espresso riserve sull’efficacia di questo investimento tecnologico, ritenendolo foriero di azioni di contromisure di qualsivoglia natura e quindi inefficace.
Dove non arriva ancora con i mezzi propri, l’Iran si dimostra pronto ad appoggiarsi alle partnership estere, soprattutto per i sistemi di sorveglianza di massa alimentati da tecnologie di riconoscimento facciale, i quali rientrano nel trattato di cooperazione “Joint Statement on Comprehensive Strategic Partnership” siglato nel 2016 tra Teheran e Beijing.
Attraverso tale accordo, i due paesi intendono stringere “collaborazioni pragmatiche” atte a contrastare “terrorismo, estremismo e separatismo”, derive che vengono etichettate esplicitamente come “grandi mali” a prescindere che si tratti di attentati o di manifestazioni pacifiche.
A tal proposito, il governo di Teheran ha ricevuto apparecchiature tecnologiche utilizzate per implementare la repressione digitale da uno dei più grandi produttori ed esportatori di sistemi di videosorveglianza cinesi, “Tiandy Technologies”.
Secondo il sito web di Tiandy l’azienda ha venduto i suoi strumenti tecnologici alle Guardie rivoluzionarie iraniane e ad altri servizi di sicurezza interna del Paese.
Sono emersi anche rapporti che descrivono in dettaglio l’impiego da parte del governo iraniano di telecamere di sorveglianza stradale realizzate da produttori come Huawei, colosso tecnologico cinese, e Bosch, originario dei Paesi Bassi e della Svezia, per supervisionare le proteste e identificare i manifestanti pacifici civili.
Allo stesso tempo, secondo le dichiarazioni di Bosch, tali telecamere fornite all’Iran tra il 2016 e il 2018 avevano lo scopo di monitorare solo il traffico stradale poiché non disponevano di capacità complete di riconoscimento facciale e non avrebbero potuto essere utilizzate per fini repressivi.
Le mosse degli hacktivisti contro il governo di Teheran
In questo contesto, nel giugno 2023, il gruppo di hacker Ghiyam Ta Sarnegouni ha violato i siti web e i sistemi di telecamere del traffico della municipalità di Teheran.
Hanno pubblicato video sui loro social network, affermando l’utilizzo della tecnologia Milestone nelle telecamere di sorveglianza posizionate agli incroci e alle autostrade di Teheran.
Inoltre, un noto gruppo di hacktivisti chiamato GhostSec, afferma di aver violato un sistema software che le autorità iraniane avrebbero utilizzato per sorvegliare i cittadini del paese. Il software violato è stato realizzato da FANAP, di proprietà della società finanziaria e di investimento privata iraniana Pasargad Financial Group (PFG).
Altri sistemi scoperti includono BehCard, un sistema di biometria facciale per la stampa di carte d’identità, un GPS per auto e un sistema di localizzazione chiamato BehYab, nonché il sistema di riconoscimento delle targhe BehKhan.
Lo sviluppo di tecnologie anticensura
L’impiego di questi software invasivi ha incoraggiato uno dei più grandi colossi informatici statunitensi, Google, a creare e lanciare sul mercato una nuova tecnologia anticensura, ideata per coloro che vivono sotto regimi autoritari in tutto il mondo.
Diversi gruppi informatici minori, fra cui Balatarin, stanno pianificando di implementare una nuova tecnologia per aiutare molti più utenti ad accedere ai suoi servizi, soprattutto coloro che non sono particolarmente esperti di sistemi ITC.
Conclusioni
L’interrogativo che permane sul vasto uso di tali strumenti riguarda i vantaggi a lungo termine che queste strategie potrebbero conferire alla Repubblica islamica.
La risposta a questa domanda si svilupperà nel tempo, offrendo spunti sulle implicazioni sociopolitiche di questi investimenti informatici.