l’analisi

L’Italia ha la sua strategia sull’AI: anche il rischio cyber tra i punti cardine



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Con la pubblicazione della Strategia italiana per l’intelligenza artificiale anche l’Italia si è dotata di una guida strategica per lo sviluppo sicuro di una tecnologia dirompente e in rapido sviluppo. Tra le attività che potranno trarre giovamento dall’uso dell’AI, anche la cyber threat intelligence. Ecco i punti cardine

Pubblicato il 2 ago 2024

Luisa Franchina

Presidente Associazione Italiana Infrastrutture Critiche (AIIC)

Corrado Fulgenzi

Analyst, Hermes Bay



garante privacy intelligenza artificiale

Il 22 luglio l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) ha pubblicato la Strategia italiana per l’intelligenza artificiale 2024-2026, dotando così il Paese di una direzione aggiornata per quanto concerne il fattore tecnologico più dirompente e in rapido sviluppi degli ultimi decenni.

Le ricadute, anche cyber, della strategia per l’AI

Il documento apre con una serie di premesse per realizzare obiettivi che hanno ricadute anche cyber come:

  1. la realizzazione di progetti e infrastrutture dati capaci di salvaguardare i differenziali competitivi delle aziende nostrane che importano sistemi sviluppati da Paesi terzi;
  2. la promozione della ricerca scientifica fondazionale e applicata, la quale incentivi la connessione tra le unità di ricerca nazionali e le piattaforme internazionali di sviluppo;
  3. l’incentivazione dell’uso dell’AI per migliorare il benessere sociale, culturale e relativo alla salute;
  4. l’efficientamento dei servizi della Pubblica Amministrazione tramite implementazione dell’IA;
  5. la creazione di un sistema di formazione adeguato al livello del Paese.

Il raggiungimento dei suddetti scopi richiede che il sistema-Paese prenda coscienza del ruolo cruciale dell’AI nel contesto geopolitico e della necessità di un progetto unitario che diriga tutte le parti interessate.

La cyber security si basa, fra le altre, su attività di cyber threat intelligence che potranno trarre grande giovamento dall’uso dell’IA.

La parte avversa già fa grande utilizzo di sistemi AI per profilazione e social engineering, nonché per attività di redazione delle truffe sia cyber che fisiche che miste: la scommessa è portare l’IA sul tavolo della squadra dei difensori.

Il peso dell’AI nello scenario globale

Il testo procede con un’analisi del contesto, in esso è riportato il peso dell’IA nello scenario globale e in Italia.

Nel primo, è evidenziata l’importanza strategica attribuita all’AI nel panorama economico globale: nel 2022 gli investimenti corporate nel settore sono cresciuti da 14,7 miliardi di dollari nel 2013 a 189 miliardi, il picco è stato raggiunto nel 2021 con 276 miliardi.

Sul piano socioeconomico globale, si stima che la sola AI generativa possa produrre un valore annuo equivalente a 4,4 trilioni di dollari, con effetti significativi in settori come il commercio al dettaglio, i servizi finanziari, l’assistenza sanitaria e la formazione-mondo accademico.

Il mercato del lavoro dovrà sicuramente allinearsi, l’AI sta accentuando il divario tra le competenze richieste e quelle disponibili per cui sono necessari programmi di upskilling e reskilling per adeguare le competenze della forza lavoro alle nuove esigenze del mercato.

La tradizione accademica italiana sull’AI

Nel contesto italiano, l’AI possiede una solida tradizione accademica risalente agli anni Settanta, in cui è presente un ecosistema distribuito su tutto il territorio nazionale.

Al momento, 160 curricula universitari in 53 Atenei offrono insegnamenti collegati all’AI, e dal 2020/2021 è attivo il Dottorato Nazionale in Intelligenza Artificiale, che coinvolge 61 università ed enti di ricerca.

Nonostante ciò, l’Italia resta ultima tra gli stati membri UE per laureati nel settore ICT (1,5%) e quartultima per cittadini con competenze digitali di base (45,60%).

Nel campo della ricerca, l’Italia si posiziona settima a livello globale con 3.261 pubblicazioni in AI nel 2022.

L’adozione dell’AI nel settore produttivo rimane limitata: solamente il 15% delle PMI italiane ha avviato progetti pilota di IA nel 2022, con circa 600 brevetti e 350 startup in AI fondate dal 2017. Rebus sic stantibus, ossia escludendo ulteriori avvenimenti sociali, geopolitici o finanziari peggiorativi, il 78,2% delle aziende italiane prevede di utilizzare l’AI generativa nel breve-medio periodo, con un potenziale aumento del PIL italiano fino al 18,2% annuo.

Per stimolare l’innovazione, il Piano Nazionale Industria 4.0 del 2018 ha istituito 8 centri di competenza nazionali, rifinanziati fino al 2025. Inoltre, sono stati finanziati 40 European Digital Innovation Hub per supportare la digitalizzazione di PMI e Pubblica Amministrazione.

Aree di intervento della visione strategica sull’AI

La visione strategica si fonda su quattro macroaree di intervento: Ricerca, Pubblica Amministrazione, Imprese e Formazione.

La ricerca sull’intelligenza artificiale

Nell’ambito della ricerca, l’Italia deve far fronte alla necessità di incrementare in modo significativo gli investimenti nel campo dell’IA, con particolare attenzione sia alla ricerca di base che a quella applicata.

È fondamentale promuovere lo sviluppo di competenze e tecnologie che siano specificamente adattate al contesto nazionale, tenendo conto delle peculiarità del sistema-Paese italiano.

Dunque, risulta cruciale allinearsi ai principi europei di IA affidabile e responsabile (Trustworthy AI), nonché all’approccio antropocentrico che caratterizza le politiche dell’Unione Europea in questo settore.

Ciò implica la creazione di soluzioni di AI che non solo siano tecnicamente avanzate, ma che rispettino anche elevati standard etici e di sicurezza, ponendo l’essere umano al centro del processo di innovazione.

L’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione

Nel settore della Pubblica Amministrazione, l’imperativo è l’ottimizzazione dei propri processi amministrativi e il potenziamento della qualità dei servizi erogati ai cittadini mediante l’implementazione di tecnologie basate sull’IA.

È essenziale fornire alle Pubbliche Amministrazioni un supporto mirato nell’acquisizione e nello sviluppo di sistemi di AI, anche per mezzo anche della promozione di una cultura dell’innovazione all’interno delle istituzioni pubbliche, che prepari il terreno per una trasformazione digitale più ampia e sostenibile del settore pubblico italiano.

Imprese e intelligenza artificiale

Per quanto concerne le imprese, lo sviluppo e l’adozione dell’AI nel tessuto imprenditoriale nazionale impegno non deve limitarsi alla mera ottimizzazione dei processi esistenti, ma deve mirare a catalizzare l’innovazione, abilitando nuovi processi che possano aprire inedite prospettive di crescita economica.

Queste azioni dovranno tenere in considerazione e affrontare le barriere sia in termini di competenze che di infrastrutture, che attualmente ostacolano la diffusione capillare delle tecnologie di IA nel tessuto produttivo.

Ciò dovrà andare di pari passo con l’aggiornamento professionale del personale, elemento cruciale per garantire un’efficace implementazione delle nuove tecnologie.

Un discorso analogo riveste la sinergia tra gli ambienti dell’imprenditoria, accademici e della ricerca, i quali dovranno creare un ecosistema favorevole all’innovazione e al trasferimento tecnologico.

La strategia per le imprese dovrà articolarsi su un duplice piano d’azione, combinando misure di supporto immediato con iniziative di lungo termine, al fine consolidare il sistema produttivo italiano nel contesto dell’economia digitale globale.

L’importanza della formazione sull’intelligenza artificiale

In ultimo, la formazione, il settore più importante se si vuole proiettare il proprio sistema-Paese in una visione strategica, sarà al centro di un progetto che coinvolga lo sviluppo di conoscenze tecniche ma anche etiche, in quanto lo studio dell’AI è interdisciplinare.

I rischi analizzati dalla strategia nazionale per l’AI

Lo sforzo per la realizzazione di questa strategia è enorme, data l’ambiziosità a cui si punta, motivo per cui è stata inclusa un’architettura della strategia.

Questa prevede che le quattro macroaree di cui sopra seguano un piano di coordinamento sia interno alla singola area sia trasversalmente tra aree, le quali come abbiamo visto sono interdipendenti.

Un elemento caratterizzante della strategia è la definizione di azioni strategiche “abilitanti, ovvero il perimetro in cui le iniziative dovranno essere svolte nelle diverse macroaree, e sono raggruppate in due tipologie: infrastrutturali e attuative, il coordinamento e il monitoraggio della strategia.

A prescindere da quanto si vogliano limitare ritardi o fallimenti, il Comitato di esperti ha previsto dei rischi, i quali sono:

  1. il rischio del “non fare”, caratterizzante della cultura italiana quando interagisce con le tecnologie dell’innovazione;
  2. il rischio dell’omogenizzazione, l’adozione di sistemi prodotti da terze parti possono non rispettare i valori e l’idea dei diritti di una nazione;
  3. il rischio dell’iperregolazione nazionale, l’AI è impattata da una ingente attività normativa da un lato sulla protezione e valorizzazione dei dati, dall’altro sui fornitori di servizi;
  4. il rischio per il mondo del lavoro, lo scenario previsionale più verosimile riguarda la sostituzione di alcune professioni e competenze;
  5. il rischio del “digital divide”, il tessuto sociale nazionale risulta ancora disomogeneo in particolare tra regioni e città;
  6. il rischio dell’inefficacia, è possibile che la stessa strategia fallisca nel raggiungimento dei summenzionati macro-obiettivi, ciò dovuto essenzialmente dalla forte dinamicità evolutiva dell’AI.

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