Facendo seguito all’ordine esecutivo del Presidente Biden dello scorso marzo, con il quale si dava incarico alle agenzie governative coinvolte di produrre rapporti dettagliati sulla situazione delle risorse digitali di ultima generazione, la Casa Bianca ha emanato le proprie linee guida, volte a regolamentare l’intero settore.
Quanto agli obiettivi del Framework appena pubblicato, secondo quanto dichiarato nello stesso documento, essi riguardano la protezione dei consumatori, degli investitori e delle imprese, assieme alla promozione della stabilità finanziaria, della sicurezza nazionale e dell’ambiente.
Partendo dall’assunto che il mercato delle risorse digitali coinvolge ormai milioni di persone e che esso ha raggiunto una capitalizzazione di mercato di 3 trilioni di dollari a livello globale, la Casa Bianca riconosce che le risorse digitali, incluse le criptovalute, presentano indubbie opportunità “per rafforzare la leadership degli Stati Uniti nel sistema finanziario globale”.
Tuttavia – si legge nel paper – esse “rappresentano anche rischi significativi, come dimostrano i recenti eventi nei mercati delle criptovalute”.
Per questo, il governo statunitense intende, da un lato, promuovere l’innovazione avviando la ricerca e lo sviluppo del settore privato, aiutando le aziende statunitensi all’avanguardia a trovare un punto d’appoggio nei mercati globali e, dall’altro, porre misure per “mitigare i rischi”, attraverso una più severa applicazione delle leggi esistenti e la creazione di standard di efficienza, con particolare riferimento al mining di criptovalute.
Non manca, infine, una nuova conferma della volontà di proseguire lo sviluppo dell’ormai noto “dollaro digitale”, laddove è prevista la creazione di un gruppo di lavoro comune, guidato dal Tesoro, a supporto della FED nel progetto.
Criptovalute e reato di autoriciclaggio: il punto su regole e giurisprudenza
Indice degli argomenti
Protezione dei consumatori, degli investitori e delle imprese
Secondo i rapporti pervenuti all’esecutivo, i maggiori rischi per consumatori e imprese sono rappresentati innanzitutto dall’elevata volatilità degli asset tokenizzati, ma anche della narrativa ingannevole proposta dagli offerenti di tali strumenti e dalla scarsa trasparenza che pervade alcuni players del settore, senza tacere delle sempre più frequenti frodi rilevate dall’FBI in questi ambiti, che risultano aumentate, nel solo anno 2021, di circa il 600% rispetto all’anno precedente.
Per questo, prosegue la Studio Ovale, deve essere garantito un sempre maggiore rilievo alle autorità di regolamentazione, su tutte la Securities and Exchange Commission (SEC) e la Commodity Futures Trading Commission (CFTC), che sono incoraggiate “a porre in essere in modo aggressivo indagini e azioni di contrasto contro pratiche illegali nello spazio delle risorse digitali”, attraverso l’emanazione di ulteriori e più specifiche regole volte a regolare il settore.
Infine, si è inteso prevedere una linea di intervento informativa, volta a “sensibilizzare” i consumatori sul tema, permettere a questi ultimi la comprensione dei rischi connessi con tali risorse, identificare le pratiche fraudolente comuni e imparare a segnalare comportamenti scorretti.
Il dollaro digitale
Come accennato, la Casa Bianca conferma l’intenzione di proseguire la strada già iniziata verso la creazione della propria stablecoin istituzionale, riconoscendone il potenziale.
Tale valuta – si legge – potrebbe consentire un sistema di pagamento più efficiente, fornire la base per ulteriori innovazioni tecnologiche, facilitare transazioni transfrontaliere più rapide, promuovere l’inclusione finanziaria e l’equità, consentendo l’accesso a un’ampia gamma di consumatori, oltre a poter favorire la crescita economica e la stabilità, proteggere dai rischi informatici e operativi, salvaguardare la privacy dei dati sensibili e ridurre al minimo i rischi di transazioni finanziarie illecite, il tutto attraverso la sua “sostenibilità ambientale”, aiutando, e non pare di secondaria importanza, “a preservare la leadership finanziaria globale degli Stati Uniti e supportare l’efficacia delle sanzioni”.
Sembra quindi che, riconosciuto il potenziale delle criptovalute, incluse (e forse soprattutto) delle CBDC per ovvi motivi, sia ormai ferma l’intenzione di addivenire all’adozione di una valuta digitale “stampata” dalla FED.
Non si tratta tuttavia di un progetto a brevissimo termine: sempre secondo l’esecutivo USA infatti, per la sua eventuale adozione sono ancora necessarie ulteriori ricerche, prevedendosi che il suo sviluppo sia per l’appunto guidato dalla FED e dal Tesoro, attraverso un percorso che necessita di ulteriori approfondimenti.
Le stablecoin nel mirino?
Da quanto emerge nello sheet, il progetto di creazione di una valuta digitale USA sembra poi coinvolgere, almeno indirettamente, le stablecoin.
Queste ultime infatti rappresentano un ambito di forte criticità per il governo USA, a causa dei dubbi sulle effettive disponibilità di controvalore rispetto alle valute emesse, e forse di potenziale concorrenza con il progetto USCBDC; per questo, si è voluto prevedere la creazione di una loro regolamentazione adeguata, facendosi esplicito riferimento al crollo di TerraUSD, auspicando una collaborazione in tal senso con i propri alleati, anche attraverso organizzazioni internazionali come l’OCSE e il Financial Stability Board (FSB).
La lotta al crimine
Non sfugge poi alla Casa Bianca che le risorse digitali, tra le cui caratteristiche spesso spicca quella di poter essere trasferite senza un intermediario finanziario, sono state sfruttate per il riciclaggio di proventi illeciti, per “il finanziamento del terrorismo e della proliferazione di armi di distruzione di massa”, oltre che per condurre una vasta gamma di altri crimini come ransomware, vendita di stupefacenti e quant’altro, ed essere utilizzate da organizzazioni di narcotrafficanti e “regimi canaglia”.
Tali criticità diventano quindi una vera e propria questione di interesse e di sicurezza nazionale per l’Amministrazione Biden, che intende mitigare i relativi rischi attraverso una più stretta regolamentazione, la supervisione e l’azione delle forze dell’ordine, oltre che delle Agenzie e degli altri enti preposti al controllo finanziario.
Come intuibile dal tono del paper, si tratta di misure almeno nelle intenzioni a dir poco stringenti: dalla modifica del Bank Secrecy Act (BSA) a leggi specifiche contro la trasmissione di denaro senza licenza, volte a parificare tale attività a quella del riciclaggio di denaro, sino a voler perseguire i crimini informatici nel settore “in qualsiasi giurisdizione si trovino le vittime”.
Da questo impeto regolatorio non sfuggono neppure gli scambi di asset digitali, i token non fungibili (NFT) e le piattaforme di finanza decentralizzata, ai quali per la prima volta si fa esplicito riferimento.
Gli anni venti: corsi e ricorsi storici?
Non c’è dubbio che il documento in questione, che merita un’attenta lettura, dà adito a numerosi spunti di riflessione.
È ormai superfluo ribadire che il mercato delle risorse digitali, che include una vasta pluralità di ambiti, dalle criptovalute ai risvolti applicativi delle blockchain, rappresenta una concreta e consistente realtà di fatto, nonostante alcuni e ormai minoritari tentativi di minimizzazione.
I tentativi di intervento normativi che, secondo un piano programmatico ormai delineato, stanno susseguendosi con sempre maggiore frequenza da parte delle nazioni più “tecnologicamente consapevoli”, ripropongono in un certo senso, tracciando così una sorta di parallelismo con gli anni venti dello scorso secolo, il mai sopito scontro ideologico tra la regolamentazione e la liberalizzazione.
Come spesso accade nei casi in cui siano coinvolti grossi interessi economici e altrettanto importanti risvolti sociali, almeno potenziali, il solco delle istituzioni è però ampiamente tracciato verso l’intervento piuttosto che nella direzione di una deregolamentazione.
D’altra parte, è ben comprensibile l’idea che una circolazione della ricchezza priva di intermediari quali le banche, accessibile ai più (almeno in senso relativo, dovendosi fare riferimento alla percentuale di popolazione in grado di accedere a un computer e a internet) e non influenzabile da parte dei governi, non sia propriamente compatibile con le intenzioni e con gli interessi di questi ultimi.
La volontà di intervenire non lascia affatto sorpresi, vuoi perché nel XXI secolo la via del proibizionismo in rete non può più essere percorsa, vuoi perché è ormai chiaro il potenziale di sviluppo che il settore riveste per la stessa finanza tradizionale, ormai pienamente coinvolta nei vari mercati in cui il settore stesso si sviluppa.
Per questo, lascia sempre più perplessi il reiterato ricorso alla narrativa costituita dall’utilizzo di tali tecnologie da parte degli “stati canaglia”, la produzione di “armi di distruzione di massa” o quant’altro, che pare ormai più che stantìa e che oscura i buoni propositi pur posti in incipit del documento, che sembrano per questo voler più imbonire che rappresentare il vero obiettivo della linea politica così delineata.
Sarà quindi interessante osservare, al di là di ogni ulteriore considerazione, se e come la resilienza di alcuni di questi strumenti permetterà agli stessi di affrontare ed eventualmente superare i sempre più pressanti tentativi di ingerenza da parte dei centri nevralgici della finanza tradizionale, che vede la sua egemonia assoluta, almeno in parte, messa in discussione dal fiorire di nuove opportunità da essa svincolate: d’altra parte, è proprio la resilienza del suo primo rappresentante, Bitcoin, ad aver dato origine all’intero fenomeno e a costituirne a tutt’oggi la maggior costante.