Con il Regolamento sul (divieto di) geoblocking, entrato in vigore il 3 dicembre scorso, il Parlamento e il Consiglio europei hanno sancito l’abolizione delle discriminazioni tra gli utenti (consumatori e imprese) dei diversi Stati membri e di ogni blocco ingiustificato agli acquisti basato sulla nazionalità, sul luogo di residenza o sul luogo di stabilimento.
Il Regolamento 2018/302 va quindi a completare il quadro normativo europeo che nel 2018 ha visto la piena applicazione anche del GDPR relativo alla protezione, al trattamento e alla libera circolazione dei dati personali e del Regolamento (UE) 2018/1807 sulla libera circolazione dei dati non-personali.
Il nuovo Regolamento 2018/302 ha l’obiettivo di incrementare le possibilità per i clienti di accedere attraverso le interfacce on-line (siti internet o app) alle informazioni relative alla vendita di beni e alla prestazione di servizi nel mercato interno e di aumentare la trasparenza anche per quanto riguarda i prezzi.
Il Considerando 22 con una diamantina chiarezza esplicita che “i clienti dovrebbero perciò avere il diritto, alle condizioni specifiche previste dal presente regolamento, di effettuare transazioni alle stesse condizioni di un cliente locale e dovrebbero accedere pienamente e in modo paritario ai diversi beni o servizi offerti, a prescindere dalla loro nazionalità, luogo di residenza o luogo di stabilimento. Ove necessario, i professionisti dovrebbero, pertanto, adottare misure volte a garantire il rispetto di tale divieto di discriminazione, qualora la loro mancata adozione impedisse ai clienti interessati tale accesso pieno e paritario”.
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Tra GDPR e regolamento sul geoblocking
Con le sfide poste dalla globalizzazione e dalla trasformazione digitale le tecnologie giocano un ruolo essenziale in quanto rappresentano il sistema operativo che rende possibile l’esistenza di questo complesso mercato digitale. Ciò comporta che i servizi sono prestati tramite mezzi elettronici e la rete Internet, che per natura sono essenzialmente strumenti automatizzati con interventi umani minimi (cfr. art. 2, par. 1, n. 1).
Più in particolare, il cons. 18 specifica che gli strumenti elettronici possono comprendere le tecnologie utilizzate per determinare l’ubicazione fisica del cliente, compresa la tracciabilità di tale ubicazione attraverso un indirizzo IP o le coordinate ottenute tramite un sistema globale di navigazione satellitare.
Il Regolamento Geoblocking al Considerando 6 si propone “di combattere altresì le disparità di trattamento ingiustificate basate su altri criteri di differenziazione che producono lo stesso risultato, come l’applicazione di criteri basati direttamente sulla nazionalità, sul luogo di stabilimento o sul luogo di residenza dei clienti, indipendentemente dal fatto che il cliente interessato si trovi permanentemente o temporaneamente in un altro Stato membro. Tali altri criteri possono essere applicati, in particolare, sulla base di informazioni indicanti l’ubicazione fisica dei clienti, come l’indirizzo IP utilizzato per accedere a un’interfaccia online, l’indirizzo indicato per la consegna delle merci, la scelta della lingua effettuata o lo Stato membro in cui è stato emesso lo strumento di pagamento del cliente”.
Ciò rappresenta un chiaro punto di contatto con il GDPR che sappiamo volto a tutelare i dati personali definiti come qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile (ad esempio: nome, numero carta identità, indirizzo, identificativo on-line, economici ecc.).
A titolo esemplificativo, la circostanza che un sito e-commerce possa riconoscere l’indirizzo fisico o IP del cliente e impedirgli l’accesso al sito di un altro Stato, allo scopo di proporgli i prezzi pensati per un acquirente di un determinato Paese, rientra in una più ampia riflessione che dovrebbe essere affrontata sulla profilazione e sull’intelligenza artificiale.
Ricordiamo che la profilazione è un trattamento dei dati personali che permette l’individuazione di caratteristiche, preferenze ed abitudini dei consumatori alla base di processi decisionali “automatizzati” per offrire servizi o prodotti su misura ed in linea con le esigenze dei soggetti.
Ebbene, entrambi i Regolamenti vogliono rendere la vendita on-line meno discriminante, con l’obiettivo unico di tutelare i cittadini dell’Unione e uniformare il mercato digitale europeo.
Sempre al fine di evidenziare le affinità più significative con il GDPR (art. 3), con riferimento alle imprese con sede in altri continenti, tra cui i giganti del mondo digitale, appare evidente che siano tenute al rispetto della normativa sul geoblocking. Tanto si evince dal Considerando 17 il quale stabilisce chiaramente che “Le conseguenze per i clienti e per il mercato interno del trattamento discriminatorio con riferimento alle transazioni relative alla vendita di beni o alla fornitura di servizi nell’Unione sono le stesse, indipendentemente dal fatto che il professionista [venditore] sia stabilito in uno Stato membro o in un paese terzo. Di conseguenza, e al fine di garantire che i professionisti concorrenti siano soggetti agli stessi obblighi al riguardo, il presente regolamento dovrebbe applicarsi in ugual misura a tutti i professionisti che svolgono attività nell’Unione, compresi i mercati on-line”. Può affermarsi quindi che un’azienda extra-europea che propone su siti internet e app prodotti e servizi a utenti che si trovano in una città di uno Stato membro dovranno adeguarsi alle normative europee.
Geoblocking: cos’è e cosa comportava
Con il geoblocking il venditore trans-frontaliero aveva la possibilità di:
- bloccare o limitare l’accesso a siti internet e applicazioni a clienti di altri Stati membri, impedendo così gli acquisti on-line di prodotti più convenienti;
- impedire il completamento di un ordine e re-indirizzare automaticamente al sito omologo della stessa nazionalità dell’utente;
- stabilire e proporre costi e condizioni differenti in base alla nazionalità.
In genere scattava il blocco all’acquisto quando il cliente non risiedeva nello stato del venditore o perché si effettuava il pagamento con una carta bancaria straniera; in altri casi l’acquisto era permesso ma a prezzi maggiorati in base alla nazionalità o al luogo di residenza del cliente.
È evidente che tali pratiche erano discriminatorie per cittadini e imprese dell’UE, limitando i diritti dei clienti e impedendo loro di beneficiare di una scelta ampia e di condizioni ottimali. Di conseguenza si ostacolava la libera circolazione delle merci e dei servizi e si impediva il pieno sviluppo del mercato interno.
Di fatto, tale pratica divideva il mercato unico europeo a vantaggio dei profitti e a scapito dei cittadini europei ed è apparsa tanto ingiustificata da dover essere eliminata dall’Unione Europea.
A tal proposito Andrus Ansip, vicepresidente della Commissione UE per il mercato unico digitale ha dichiarato che: “Nel 2015 il 63% dei siti non consentiva agli utenti di effettuare acquisti da un altro Paese dell’UE, di conseguenza due terzi dei consumatori che volevano fare acquisti online all’estero non hanno potuto farlo. Il 3 dicembre mettiamo fine a questa pratica. Vogliamo un’Europa senza barriere, e questo vuol dire anche eliminare gli ostacoli agli acquisti online”.
Con l’entrata in vigore del Regolamento (UE) 2018/302, le imprese venditrici non dovranno più bloccare né porre limiti all’accesso dei clienti di un altro Stato membro a un’interfaccia on-line, non potranno più applicare condizioni generali di accesso diverse o ancora non potranno più applicare condizioni diverse per le operazioni di pagamento nell’ambito delle possibilità di pagamento accettate.
È bene precisare che con “interfaccia on-line” deve intendersi qualsiasi software, compresi siti Internet o parte di essi e applicazioni, tra cui le applicazioni mobili, che serve a fornire ai clienti l’accesso a beni o servizi e ad effettuare la transazione.
Alcune precisazioni sul geoblocking
Il Regolamento 2018/302 stabilisce che il cliente potrà acquistare beni fisici come abbigliamento, accessori o prodotti tecnologici esattamente allo stesso prezzo e alle stesse condizioni, anche di consegna, di cui godrebbero i clienti residenti o stabiliti nello Stato membro in cui i beni sono consegnati o ritirati. Pertanto i clienti potranno ritirare i beni in tale Stato membro o in un altro in cui il venditore effettua la consegna, oppure provvedere alla consegna transfrontaliera dei beni con i loro mezzi privati.
È bene precisare, altresì, che il Regolamento 302 stabilisce che il venditore non potrà applicare condizioni diverse per le operazioni di pagamento nell’ambito delle possibilità di pagamento accettate. Sul punto, il Considerando 32 chiarisce che le aziende “che accettano una carta di debito di un determinato marchio non hanno l’obbligo di accettare una carta di credito di tale marchio o, se accettano carte di credito a uso dei consumatori di un certo marchio, non hanno l’obbligo di accettare anche carte di credito aziendali dello stesso marchio. Tuttavia, una volta effettuata la scelta, i professionisti non dovrebbero discriminare fra clienti all’interno dell’Unione, rifiutando di effettuare alcune transazioni o applicando a tali transazioni condizioni di pagamento diverse per motivi legati alla nazionalità, al luogo di residenza o al luogo di stabilimento del cliente”.
Con la fine del geoblocking, inoltre, si infrangono le barriere per i servizi prestati tramite mezzi elettronici quali i servizi di cloud computing, l’archiviazione dei dati, l’hosting di siti Internet e l’installazione di firewall, l’utilizzo di motori di ricerca e di elenchi su Internet. Potranno così scegliersi le offerte di un servizio operante in una nazione diversa dalla propria all’interno del territorio europeo.
Tale normativa europea è apparsa per migliorare il libero mercato in Europa. Si tratta di un’autentica rivoluzione per lo shopping on-line e di un passo importante verso un mercato unico digitale.
Pertanto, gli utenti europei potranno accedere alle offerte nazionali di un sito e-commerce di un altro Stato membro dell’Unione e beneficiare degli stessi sconti di quel Paese che prima invece non venivano mostrati.
Le nuove regole dell’UE hanno però ancora delle limitazioni: l’art 5 stabilisce che non possono essere applicate a prodotti tutelati dal diritto d’autore. Rientrano in questa categoria e-book, musica, videogiochi e software per cui resta valido il principio della territorialità. Va detto però che la Commissione UE ha annunciato novità in vista del 2020 con la possibilità di mettere fine al geoblocking anche per questi prodotti.
Conclusioni
Il Regolamento sul geoblocking si colloca nel solco dei due Regolamenti sulla libera circolazione dei dati personali e non-personali. Offrendo chiarezza e certezza del diritto a tutti coloro che partecipano alle transazioni transfrontaliere mira ad ampliare la scelta dei consumatori e a creare il clima di fiducia utile allo sviluppo dell’economia digitale nel mercato unico europeo.
In conclusione, vorrei rinviare al Considerando 1 relativo al Regolamento sulla libera circolazione dei dati non-personali che riassume le sfide che ci attendono per il futuro: “L’economia si sta velocemente digitalizzando. Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione non costituiscono più un settore a sé stante, bensì sono la base stessa di tutti i sistemi economici e delle società innovativi e moderni. I dati elettronici sono al centro di tali sistemi e, quando sono analizzati o utilizzati in associazione a servizi e prodotti, possono generare un ingente valore. Allo stesso tempo, il rapido sviluppo dell’economia dei dati e di tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale, i prodotti e i servizi relativi all’Internet degli oggetti, i sistemi autonomi e la tecnologia 5G sollevano nuove questioni giuridiche relative all’accesso ai dati e al loro riutilizzo, alla responsabilità, all’etica e alla solidarietà”.