La nuova e recentissima disposizione di legge, il cosiddetto “Decreto trasparenza” (Decreto Legislativo numero 104/2022, pubblicato il 29 luglio in Gazzetta Ufficiale), ha ampliato notevolmente gli obblighi informativi ai lavoratori.
Queste nuove disposizioni ampliano le informazioni dovute in ambito giuslavoristico e si aggiungono, specificandole ulteriormente, a quelle in materia di informative in ambito privacy e in materia di sicurezza sul lavoro.
Anche per questo motivo, il Ministero e l’Ispettorato del lavoro hanno pubblicato delle circolari che forniscono utili indicazioni ai datori di lavoro su come fornire correttamente le informative ai lavoratori.
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Gli obblighi informativi già esistenti
Come dicevamo, già prima, all’inizio di un rapporto di lavoro, il datore di lavoro (l’azienda) era tenuto a fornire una serie di informazioni ai propri lavoratori.
Dal 1997 (con il Decreto Legislativo 152/1997) è previsto un obbligo di informazione, entro trenta giorni dall’assunzione.
Successivamente, l’art. 36 del Decreto Legislativo n. 81 del 2008 ha disposto che il datore provveda affinché ogni lavoratore riceva una adeguata informazione in materia di sicurezza sul lavoro.
E pure la normativa in materia di trattamento dei dati personali, a seguito della riforma intervenuta con il Regolamento Europeo (UE) 2016/679 (cd. “GDPR”), ha ribadito e ampliato l’onere di informare i lavoratori.
Più recentemente, con la diffusione dello “smart working” (o, più comunemente, del lavoro agile) ha assunto maggior rilevanza il dovere del datore di lavoro di consegnare (al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza) un’informativa scritta in cui siano individuati i rischi, generali e specifici, connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro da remoto. A tal fine l’INAIL mette anche a disposizione un modello di informativa.
Informative ai lavoratori: le novità del Decreto trasparenza
Ora, con il Decreto trasparenza, le cose sono radicalmente mutate.
Il fine perseguito è la creazione di “condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione Europea”, come recita la direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 che il Decreto 104/2022 attua.
Se però l’obiettivo dichiarato è la trasparenza e la prevedibilità, il risultato al momento pare essere più quello di aver accresciuto la confusione tra gli operatori, in particolare creando dubbi e difficoltà alle aziende.
Innanzitutto, è bene ricordare che l’ambito di applicazione è vastissimo in quanto le regole valgono non solo per gli assunti (il rapporto di lavoro dipendente/subordinato in tutte le sue forme, incluso il part-time e il contratto a termine) ma anche per il lavoro intermittente, la somministrazione, le collaborazioni (sono escluse solo alcune forme tra cui i contratti di agenzia e il lavoro domestico).
Non solo, il nuovo decreto non si limita a richiedere che le nuove informazioni siano inserite nei nuovi contratti d’ora in poi stipulati, ma obbliga a integrare tutti i contratti già in essere ancorché firmati prima dell’entrata in vigore della nuova legge.
I tempi strettissimi di adeguamento (già scaduti) di una norma entrata in vigore in piena estate stanno complicando maggiormente il processo di adeguamento delle imprese.
In vigore è già anche il nuovo regime sanzionatorio che prevede sanzioni pecuniarie per le società che non si adeguano, calcolate anche in ragione dei lavoratori interessati.
Il contenuto dell’informativa
L’oggetto delle informazioni da trasmettere ai lavoratori e da inserire nei contratti è articolato (art. 4 del DL 104/2022) e comprende, in sintesi: i dettagli relativi alle parti del contratto, il luogo di lavoro, la sede, inquadramento, data di inizio, tipologia di rapporto di lavoro, il periodo di prova, la formazione, i congedi, il preavviso per il recesso, la retribuzione, la programmazione dell’orario di lavoro, il contratto collettivo applicato, gli enti in materia di previdenza, assistenza e sicurezza, i sistemi automatizzati decisionali utilizzati e via dicendo.
Le informazioni, dunque, riguardano non solo i temi e gli accordi contrattuali o le disposizioni di legge prettamente giuslavoristiche, ma anche alcune informazioni sul trattamento dei dati personali, sui trattamenti automatizzati e sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati e sulla sicurezza sul lavoro, in particolare sul diritto a ricevere la formazione prevista.
Le circolari interpretative
La portata della novità introdotta dal Decreto trasparenza è stata subito evidente a tutti tantoché si sono susseguiti, a brevissima distanza temporale, due interventi interpretativi per “fornire le prime indicazioni” ma facendo “riserva di fornire [ulteriori] istruzioni di dettaglio”.
Il 10 agosto l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha dunque pubblicato la circolare n. 4/2022 anticipando il Ministero del Lavoro (da cui l’INL dipende) che il 20 settembre ha emesso la circolare n. 19/2022.
L’INL ha subito sottolineato il “disallineamento temporale fra la data di emanazione e quella di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale che rende necessaria un’attività interpretativa” in quanto la norma, per come scritta (entra in vigore il 13 agosto, ma prevede si applichi ai rapporti già instaurati alla data del primo agosto 2022) non sembrerebbe interessare i rapporti di lavoro instaurati tra il 2 e il 12 di agosto.
A tal proposito, l’Ispettorato ricorda che, in ogni caso, anche per i rapporti sorti in questo periodo temporale dovranno trovare applicazione i medesimi principi di trasparenza, solidarietà contrattuale e parità di trattamento e, pertanto, anche questi lavoratori potranno domandare al datore l’integrazione delle informazioni relative al proprio rapporto di lavoro.
La circolare INL, nonostante il nuovo provvedimento (riformando l’art. 1 del D.lgs. n. 152/1997) non faccia più espresso riferimento alla possibilità di rendere alcune informazioni al lavoratore mediante il rinvio alle norme del contratto collettivo applicato, tuttavia, ritiene che la “disciplina di dettaglio potrà essere comunicata attraverso il rinvio al contratto collettivo applicato o ad altri documenti aziendali qualora gli stessi vengano contestualmente consegnati al lavoratore ovvero messi a disposizione secondo le modalità di prassi aziendale”.
Su questo punto, però, la suddetta circolare del Ministero del Lavoro, pur dichiarando di raccordarsi alla circolare INL, sembra dare un’interpretazione parzialmente diversa dichiarando che “l’obbligo informativo non è assolto con l’astratto richiamo delle norme di legge che regolano gli istituti oggetto dell’informativa, bensì attraverso la comunicazione di come tali istituti, nel concreto, si atteggiano, nei limiti consentiti dalla legge, nel rapporto tra le parti” salvo aggiungere poi che ciò può avvenire “anche attraverso il richiamo della contrattazione collettiva applicabile”.
La circolare Ministeriale è stata subito criticata da molti giuristi in quanto introduce alcune “precisazioni” in materia, per esempio, di “congedi” da comunicare obbligatoriamente, degli elementi e componenti della retribuzione, delle cause interruttive del decorso del periodo di prova, dei sistemi decisionali ecc. alquanto discutibili.
Sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati
Per esempio, in merito al passaggio (punto 3 pag. 6 della circolare) relativo agli “Ulteriori obblighi informativi nel caso di utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati”, il Ministero fa un breve accenno alla previsione riguardante «le indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori».
La circolare sostiene che “anche in questa ipotesi il datore di lavoro ha l’obbligo di informare il lavoratore dell’utilizzo di tali sistemi automatizzati, quali – a puro titolo di esempio: tablet, dispositivi digitali e wearables, GPS e geolocalizzatori, sistemi per il riconoscimento facciale, sistemi di rating e ranking, etc.”. Però subito dopo la circolare aggiunge che “Si deve ritenere che l’obbligo informativo introdotto dal citato articolo 1-bis del d.lgs. n. 152/1997 trovi applicazione anche in relazione all’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati integrati negli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa, allorquando presentino le caratteristiche tecniche e le funzioni descritte in precedenza”.
L’utilizzo di “allorquando” rende evidente che l’obbligo informativo sull’utilizzo degli strumenti di lavoro citati nella circolare sussiste solo se gli stessi comportano sistemi decisionali o di monitoraggio (prevalentemente) automatizzati e non nella semplice ipotesi di utilizzo dei medesimi strumenti di lavoro (PC, portatile, cellulare, iPad ecc.).
Del resto, il fine di questo punto della norma è permettere al lavoratore di conoscere se il datore acquisisce dati che tratta per finalità decisionali prevalentemente automatizzate. Non risultano al momento interpretazioni del Garante Privacy su questo punto specifico.
Modelli e facsimili di informativa
Probabilmente sarebbe risultato gradito e utile alle aziende e ai lavoratori che il Ministero avesse pensato a predisporre un modello fac-simile di contratto.
Al momento, on-line è possibile reperire qualche modello che però non gode né dell’ufficialità, per quanto redatto da autorevoli giuristi, né dell’attualità non essendo aggiornato alle nuove interpretazioni della circolare Ministeriale (ad esempio, il modello proposto da Pierluigi Rausei- Dirigente INL scaricabile qui).
Forse gli esperti del Ministero vi provvederanno nei prossimi giorni come hanno fatto il 30 settembre, rendendo disponibile on-line la nuova sezione informativa “Norme e contratti collettivi – Archivio CNEL”, nella quale datore e lavoratore possono reperire e richiamare le disposizioni applicabili del CCNL di riferimento.
Trasparenza o accresciuta complessità?
Ma perché è richiesto di specificare e informare il lavoratore su norme e disposizioni che, per esempio, sono già contenute nelle leggi o nei contratti collettivi?
Sul punto la Circolare Ministeriale, come abbiamo detto, precisa che l’obbligo informativo richiede la comunicazione di come gli istituti contrattuali, nel concreto, si atteggiano, nel rapporto tra le parti, anche attraverso il richiamo della contrattazione collettiva applicabile al contratto di lavoro.
La duplicazione di tali informazioni risulta giustificabile solo se si ritiene valido e applicabile il principio di declinazione delle regole e delle informative nel modo specifico in cui si atteggiano in relazione al caso concreto rispetto ad una disposizione che, invece, descrive un caso generale o presenta diverse opzioni.
Se la regola che le parti del contratto applicano è già puntualmente definita in un altro testo (CCNL per esempio) dovrebbe invece sempre essere sufficiente richiamare quella disposizione e non avrebbe senso riprodurla nel testo del contratto e, ancora meno, avrebbe senso operarne una sintesi arbitraria. Ecco, quindi, la possibilità di rimando ad un link, per esempio quello sopra ricordato, riferito alla nuova sezione predisposta dal Ministero del Lavoro.
Diversamente l’inevitabile conseguenza sarà quella di produrre testi contrattuali (modello contratti bancario o assicurativo…) di tale lunghezza e articolazione da risultare illeggibili e incomprensibili alla maggior parte della platea di lavoratori (e datori) cui la norma dovrebbe rivolgersi.
Da tutte le considerazioni fatte emerge un dubbio sempre più diffuso tra gli interpreti delle norme: se tutto ciò origina da direttive europee volte ad offrire ai lavoratori trasparenza e completezza di informazioni, non si rischia invece, con norme complicate, non chiare, a volte anche superflue e che sovraccaricano di informazioni, di perdere proprio quella ricercata chiarezza e comprensibilità dei contenuti?
Per esempio, in ambito privacy (uno degli ambiti, come abbiamo visto, interessato ai nuovi obblighi informativi), il Garante è intervenuto più volte per promuovere informative più semplici, chiare e immediatamente comprensibili. L’anno scorso ha persino indetto un contest per ideare un set di simboli grafici e icone capaci di semplificare gli elementi da inserire nelle informative.
E ancora, com’è possibile sperare in un’attuazione spontanea da parte dei cittadini della legge o pretendere di applicare sanzioni (incluse quelle pesantissime quando si violano le disposizioni in materia di informativa ai fini privacy o di sicurezza sul lavoro) laddove la norma non solo è di difficile applicazione, ma comporta una totale incertezza applicativa e interpretativa?
I tribunali hanno da tempo ricordato (a iniziare dalla Corte Costituzionale n. 364 del 1988) che il principio “ignorantia legis non excusat” non è invocabile allorquando l’ignoranza diventa inevitabile per l’impossibilità di comprendere correttamente il testo normativo.
Ricordiamo, dunque, ai preposti alla scrittura delle norme, quell’utile lavoro prodotto proprio dalla Camera dei Deputati e intitolato “La buona scrittura delle leggi” richiamando quella “semplicità, chiarezza e proprietà della formulazione” perché “La chiarezza della lingua del legislatore è al tempo stesso l’indicatore e il presupposto dello sviluppo di un Paese: senza chiarezza non c’è sviluppo.” (L. Zanda, «Le leggi? Scriviamole in italiano», in Il Sole24ore, 22 maggio 2011, p. 10).