Il whistleblowing rappresenta uno strumento centrale per la prevenzione e repressione di comportamenti illeciti a tutela delle organizzazioni pubbliche e private ma anche, occorre aver presente, a tutela del contesto socio-economico.
In UE lo strumento del whistleblowing si è progressivamente evoluto sino alla Direttiva 1937/2019, il cui recepimento è avvenuto in Italia con il D.lgs. 24/2023. La Relazione sullo stato di attuazione in UE della citata Direttiva, che la Commissione europea ha presentato a luglio a Parlamento e Consiglio UE, descrive una situazione a geometria variabile nei diversi Paesi e comunque ancora in progress.
La segnalazione di illeciti, a ben vedere, ha una doppia valenza: da un lato, costituisce un diritto del lavoratore (e delle figure assimilate che possono ricorrervi) dall’altro rappresenta un dovere civico.
Dal punto di vista, essenziale, delle persone che si sentono tenute a effettuare segnalazioni potrebbero essere utili azioni positive volte a:
- diffondere la conoscenza di tale strumento;
- superare lo stigma di delatore che la accompagna;
- amplificarne il ruolo per la gestione dei rischi.
Proviamo, quindi, a esplorare tali aspetti e delineare possibili linee di valorizzazione.
Indice degli argomenti
Whistleblowing come diritto
Lo strumento del whistleblowing è, in primo luogo, un diritto del lavoratore (e figure assimilate dalla norma) che, nell’esercizio della sua attività, deve essere libero di poter volontariamente segnalare condotte illecite senza timore di ritorsioni o discriminazioni.
Questo diritto è garantito sia a livello costituzionale, in quanto espressione della libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 della Costituzione), sia a livello di legge ordinaria, con le previsioni del D.lgs. 24/2023 che prevede diverse misure in argomento (come: tutela della riservatezza, divieto di ritorsione, ausilio di facilitatori e di enti del terzo settore).
A supporto di tale diritto anche la previsione che le OO.SS. debbano essere sentite nell’impostare il canale di segnalazione.
Whistleblowing come dovere
Il whistleblowing può essere visto come un dovere civico e professionale che si impone a dipendenti pubblici e privati, intendendo la segnalazione di un illecito non solo come un atto di coscienza, ma anche una manifestazione del principio di solidarietà (in Italia sancito dall’art. 2 della Costituzione) e della tutela dell’interesse pubblico generale e, al contempo, di quelli delle entità organizzative interessate.
Per i dipendenti pubblici il whistleblowing si inserisce nel quadro del principio di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione). La tutela dell’integrità dell’amministrazione è un obiettivo di interesse collettivo, e la segnalazione di illeciti costituisce un atto conforme ai doveri di diligenza e lealtà del lavoratore pubblico.
Anche per i dipendenti privati il whistleblowing può essere ricondotto a un dovere derivante dal principio di diligenza nell’esecuzione del contratto di lavoro (art. 2104 del Codice civile).
Le criticità legate al whistleblowing
Le segnalazioni sono essenziali per prevenire danni all’impresa e, indirettamente, al sistema economico-sociale, specialmente in settori come quello finanziario o della salute pubblica, dove la trasparenza e la legalità hanno una ricaduta diretta sulle persone e sull’interesse collettivo.
È quindi fondamentale da un punto di vista soggettivo che:
- il diritto di segnalazione sia in concreto riconosciuto in quanto forma di partecipazione attiva alla legalità;
- il lavoratore che si fa carico di tale compito sia fermamente protetto da ritorsioni, quali demansionamento, licenziamento o isolamento all’interno dell’organizzazione coinvolta.
Analogamente è fondamentale dal punto di vista delle organizzazioni pubbliche e di quelle private sono tenute a osservare la norma in esame, che sia impiantato senza indugio il previsto canale, secondo le previsioni di legge e tenendo conto delle apposite Linee guida emanate dall’ANAC.
Nonostante l’UE si sia dotata di una norma avanzata (ancorché, come detto, ancora in fase di compiuta attuazione in diversi Paesi), in concreto sussistono diverse criticità legate al whistleblowing, che ne influenzano una sua piena efficacia.
Una delle principali criticità, sotto il profilo soggettivo, riguarda lo stigma che può colpire il whistleblower, in contesti ove non è considerato come una figura che tutela la legalità, ma come un traditore dell’organizzazione.
Questo stigma può trovare diffusione in contesti organizzativi chiusi, dove il senso di appartenenza al gruppo è fortemente valorizzato e può avere notevole impatto sulla persona interessata ma anche sulle persone a lui vicine.
In merito va comunque tenuto presente che denunciare illeciti o presunti tali non necessariamente può indurre i singoli a richiedere la copertura offerta dal D.lgs. 24/2023: ma ciò sarà funzione, di norma, del livello gerarchico e delle risorse su cui può contare il segnalante che potrebbe anche decidere di procedere in forma pubblica.
Servono procedure chiare, pubblicizzate e promosse
Ma le questioni sono che:
- al lavoratore normale non viene e non deve essere richiesto di essere un eroe (Bertolt Brecht fa dire al suo Galileo: «Sventurata è la terra che ha bisogno di eroi»);
- il whistleblowing non deve essere inteso come un canale opaco quanto come un legittimo strumento da considerare anzi parte del sistema dei controlli e di gestione dei rischi di una organizzazione.
Importante quindi che le organizzazioni adottino procedure chiare, pubblicizzate e promosse per evitare che i lavoratori non sappiano a chi rivolgersi o temere che le loro segnalazioni non siano trattate con la dovuta riservatezza.
Azioni concrete per rendere effettive le tutele del whistleblowing
Per superare lo stigma associato al whistleblowing e rendere effettive le tutele previste dalla normativa, sarebbe quindi opportuno progettare e attuare una serie di azioni concrete, ad esempio:
- includere il whistleblowing nell’ambito del sistema dei controlli, definendo anche linee di riporto fra le diverse linee di gestione e difesa;
- prevedere un canale interno (eventualmente anche anonimo) per consentire segnalazioni preventive che, in via anticipatoria rispetto anche a virtuali illeciti, permettano ai dipendenti di evidenziare potenziali rischi in particolare nel caso di procedure di nuovo impianto o innovate. Si tratterebbe di una sorta di metodo Kaizen che aiuterebbe a identificare problemi latenti e a prevenirli tempestivamente, rendendo i dipendenti soggetti attivi del miglioramento. Segnalazioni che, se non anonime, potrebbero non essere gradite dal team di progetto di un nuovo processo operativo o, comunque, derubricate provenendo dall’esterno del team incaricato;
- rafforzare la formazione e la cultura della legalità, con iniziative di formazione obbligatorie per i dipendenti e i dirigenti, volti a sensibilizzare sull’importanza del whistleblowing come strumento di protezione del bene comune, e non come atto di slealtà;
- feedback anonimo sulle procedure di whistleblowing: tramite un sondaggio anonimo, chiedere ai dipendenti e agli altri soggetti abilitati alle segnalazioni se si sentono sicuri nel segnalare e se ritengono adeguati i canali esistenti. Questo permetterebbe all’organizzazione di migliorare continuamente i propri processi in base alle percezioni reali dei lavoratori;
- ruolo propositivo dei rappresentanti sindacali nel whistleblowing: i sindacati dovrebbero maturare la consapevolezza di essere attori chiave nel monitorare il sistema whistleblowing interno a partire dalla fase di impianto del canale interno in cui è previsto che debbano essere sentiti;
- reportistica periodica: potrebbe essere cura dell’ANAC diffondere un report dedicato al whistleblowing che – in forma più articolata rispetto a quanto contenuto nella Relazione annuale – illustri quanti casi sono stati segnalati, quanti di questi hanno portato a indagini e quali azioni correttive sono state prese. Un punto potrebbe essere dedicato all’attività del Network of European Integrity and Whistleblowing Authorities (NEIWA), di cui nel 2023 l’ANAC ha ospitato l’ottava assemblea. Questo darebbe visibilità ai risultati concreti del whistleblowing e incoraggerebbe ulteriori segnalazioni. Ciò aiuterebbe a mantenere alta l’attenzione e a normalizzare il processo di segnalazione;
- aiuti concreti: tralasciando la questione dibattuta dell’incentivazione del whistleblower, vagliare specifiche forme di patrocinio gratuito per il whistleblower che debba affrontare vertenze civili o penali atteso che quello attualmente previsto a carico dello Stato prevede, per fruirne, un limite di reddito annuo imponibile non superiore a euro 12.838,01 (limite oggetto di periodico aggiornamento). Una eventualità del genere potrebbe anche essere definita a livello di singola organizzazione con la previsione del rimborso delle spese legali almeno in caso di riconoscimento delle ragioni del segnalante (e con eventuali specifiche forme di anticipo);
- attenzione al lessico: a livello di commentatori e addetti ai lavori, occorrerebbe adottare un lessico meno sensazionalistico evitando, nei titoli come nei testi elaborati, che si usino termini quali spia, spione, che purtroppo anche di recente hanno accompagnato notizie in tale materia. Il whistleblower andrebbe presentato come una persona non che opera tradendo ma da apprezzare per il suo senso civico;
- pubblicizzazione: non da tralasciare sarebbe poi una campagna pubblicitaria, à la pubblicità progresso d’altri tempi che “normalizzi” e faccia uscire dall’anonimato il fenomeno;
- istituzione di un “fondo etico”, finanziato dal Governo e/o dall’ANAC (ma aperto al contributo di terzi), destinato a premiare periodicamente tesi di laurea o di dottorato sulla materia della trasparenza e l’integrità delle organizzazioni, facendo perno sul whistleblowing. Aperto a tutti gli studenti, lavoratori e no, sarebbe un mezzo per stimolare azioni positive per valorizzare tale strumento. Ciò incentiverebbe una cultura etica e premiando il contributo di idee senza implicazioni giuridiche problematiche connesse alla premialità del segnalante.
Conclusioni
Le riflessioni e il decalogo di interventi, se anche solo parzialmente implementato, potrebbe contribuire a migliorare la cultura del whistleblowing, promuovendolo come un atto di responsabilità civile e rafforzando il sistema di prevenzione degli illeciti.
Le opinioni espresse sono a titolo esclusivamente personale e non coinvolgono ad alcun titolo l’Istituto pubblico ove l’autore presta servizio.