privacy e sicurezza

Audit del DPO al CISO: trasparenza, controllo e governance del rischio



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Nel quadro evolutivo della compliance normativa e della cyber security, l’audit svolto dal DPO nei confronti del CISO rappresenta uno dei momenti più significativi per dimostrare, nella prassi, il principio di accountability. Ecco una guida professionale per strutturare audit efficaci, autorevoli e costruttivi, a favore dell’intera organizzazione

Pubblicato il 15 apr 2025

Giuseppe Alverone

Consulente e formatore Privacy. DPO certificato UNI CEI EN 17740:2024

Monica Perego

Consulente, Formatore Privacy & DPO



Audit del DPO nei confronti e a beneficio del CISO: trasparenza, controllo e governance del rischio

Il rapporto tra DPO e CISO non può più essere descritto in termini di semplice collaborazione. È una vera e propria co-responsabilità nella gestione del rischio informativo e nella tutela dei diritti fondamentali.

In questo contesto, l’audit del DPO nei confronti del CISO assume un ruolo centrale.

Non si tratta di una verifica “contro” ma “per”: per la trasparenza, per il miglioramento continuo, per il rafforzamento della governance. L’audit diventa il linguaggio concreto dell’accountability.

Ecco come strutturarlo al meglio, per rafforzare la sinergia tra protezione dei dati personali e sicurezza informatica.

Perché il DPO può (e deve) auditare il CISO

Il GDPR assegna al DPO compiti di sorveglianza, consulenza e cooperazione. Tra questi, rientra anche la possibilità di effettuare audit sull’effettiva applicazione delle misure tecniche ed organizzative adottate, incluse quelle a carico del CISO.

È una prerogativa che, se esercitata con metodo, rafforza il ruolo del DPO e valorizza il lavoro del CISO, rendendo visibile il contributo di entrambi nella gestione dei rischi digitali.

L’audit è quindi legittimo, utile e auspicabile. A condizione che sia condotto con rigore professionale e intelligenza relazionale.

Le condizioni di efficacia: indipendenza, metodo, rispetto

Affinché l’audit abbia valore, deve poggiare su tre pilastri:

  • indipendenza del DPO, anche da pressioni interne, nel rispetto dell’art. 38 GDPR;
  • metodo documentato, ispirato ai principi della UNI EN ISO 19011:2018 e coerente con il programma di audit dell’organizzazione;
  • rispetto reciproco, che si traduce nella capacità di ascolto, nella trasparenza degli obiettivi e nella volontà di costruire valore.

Un audit non ben gestito può irrigidire i rapporti e generare chiusure. Un audit ben condotto, invece, crea fiducia, mobilita energie e accende il miglioramento.

Obiettivi dell’audit

Gli obiettivi di un audit del DPO al CISO potrebbero essere identificati nei seguenti:

  • verifica della conformità normativa, l’audit del DPO al CISO serve a garantire che tutte le misure di sicurezza siano in linea con il Gdpr o provvedimenti specifici;
  • valutazione dei processi di sicurezza, il DPO esamina l’efficacia e l’adeguatezza dei processi di gestione della sicurezza informatica posti sotto la responsabilità del CISO e del suo team. Tale valutazione può includere, tra gli altri, i meccanismi di controllo degli accessi, le soluzioni di crittografia, la gestione delle vulnerabilità e la reazione agli incidenti, al fine di garantire un’adeguata protezione dei dati personali trattati dall’azienda;
  • identificazione di rischi e vulnerabilità, l’audit può avere l’obiettivo di identificare eventuali punti deboli nei sistemi informatici che possano compromettere la sicurezza dei dati. Il DPO, in tale contesto, è chiamato a rilevare possibili carenze nella protezione dei dati che potrebbero esporre a rischi la privacy degli interessati, siano essi utenti, clienti o dipendenti;
  • miglioramento continuo, l’esito dell’audit fornisce al DPO l’opportunità di proporre interventi correttivi o migliorativi sulle politiche e sulle procedure aziendali, sia in materia di protezione dei dati sia, più in generale, in ambito di cyber security. Il principio del miglioramento continuo costituisce un fondamento condiviso dell’operato sia del DPO che del CISO;
  • comunicazione e collaborazione, il processo di audit contribuisce a consolidare il dialogo e la sinergia tra le funzioni legali, di protezione dei dati e di sicurezza informatica. Tale cooperazione favorisce l’adozione di un approccio integrato e coerente alla tutela delle informazioni, rafforzando la postura di sicurezza complessiva dell’organizzazione.

Su cosa può fare auditing il DPO

Gli ambiti di audit possono variare a seconda della realtà organizzativa, ma tra i principali troviamo:

  • la gestione di tutti gli incidenti di sicurezza, non limitatamente a quelli che coinvolgono dati personali, poiché anche eventi apparentemente non rilevanti, se non adeguatamente affrontati, potrebbero ripetersi in futuro e avere conseguenze sulla protezione dei dati personali;
  • la sicurezza delle basi di dati contenenti dati personali;
  • le politiche di accesso, conservazione e cifratura;
  • la valutazione di impatto (DPIA) e il ruolo del CISO nella definizione delle misure;
  • il livello di consapevolezza e formazione sui temi della privacy in ambito IT.

Il DPO potrebbe inoltre esaminare le misure tecniche e organizzative adottate nell’ambito dell’applicazione della Direttiva NIS 2, qualora l’organizzazione rientri nel relativo ambito di applicazione, in quanto tali misure possono generare effetti positivi anche sulla protezione dei dati personali.

Il DPO deve concentrarsi non solo sulla verifica dei documenti e delle registrazioni, ma anche sulla coerenza tra policy, prassi e cultura organizzativa.

Come condurre l’audit: fasi, strumenti, approccio

Un audit ben pianificato prevede:

  • pianificazione condivisa, con obiettivi chiari, tempistiche definite e ambito delimitato;
  • checklist mirate per la raccolta dei dati, con domande aperte e focus sulle evidenze, non sulle opinioni;
  • interviste professionali, con tono costruttivo e spirito di collaborazione;
  • report finale, con rilievi classificati per gravità, raccomandazioni operative e piano di follow-up;
  • implementazione delle correzioni, per implementare le modifiche necessarie nelle politiche e nei sistemi di protezione dei dati, al fine di colmare le lacune identificate;
  • monitoraggio continuo, a valle dell’audit, è fondamentale che l’organizzazione continui a monitorare le misure adottate per garantire che rimangano efficaci nel tempo e che rispondano ai cambiamenti nelle normative e nelle minacce informatiche.

L’approccio adottato nel corso dell’audit deve essere sempre improntato al miglioramento continuo, evitando qualsiasi logica di colpevolizzazione.

La procedura prevista per gli audit dei sistemi di gestione, basata sulle linee guida UNI EN ISO 19011:2018, rappresenta uno strumento particolarmente valido e facilmente adattabile anche a questo specifico contesto.

I benefici organizzativi di un audit del DPO al CISO

Questo tipo di audit, se ben gestito, può produrre i seguenti benefici tangibili:

  • rafforza la consapevolezza dei ruoli e la maturità della governance;
  • contribuisce a migliorare il rapporto tra il DPO ed il CISO;
  • favorisce l’allineamento tra protezione dati e sicurezza;
  • rende tracciabile e dimostrabile l’impegno organizzativo in termini di accountability;
  • contribuisce alla preparazione dell’organizzazione rispetto a ispezioni, incidenti e contenziosi.

In sostanza, è uno strumento che fa bene all’organizzazione, oltre che al sistema di compliance.

L’audit del DPO al CISO favorisce la buona governance

L’audit del DPO al CISO non è un esercizio formale. È un atto sostanziale di buona governance.

È la dimostrazione che privacy e sicurezza non vivono in compartimenti stagni, ma in un ecosistema integrato che si fonda su fiducia, trasparenza e rigore professionale.

Se il DPO sa condurre questo audit con autorevolezza e rispetto, e se il CISO lo accoglie come occasione di confronto costruttivo, l’organizzazione ne esce rafforzata.
Non è solo questione di regole.

Si tratta di costruire un’organizzazione più solida, più matura, più pronta ad affrontare le sfide emergenti.

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