Da quando è entrato in vigore il GDPR, le aziende del settore informatico e tutti i fornitori esterni vengono inondati dalle richieste di controfirmare complicati contratti che prevedono la loro nomina a responsabili del trattamento di dati personali, spesso con funzioni di amministratori di sistema, o obbligo di nominarne.
La reazione di buona parte di esse è stata di infilarli in un cassetto sperando che il cliente se ne dimenticasse, o rifiutarsi categoricamente di farlo. Vediamo qual è la situazione e quali sono le azioni più adeguate da mettere in campo.
Indice degli argomenti
Aziende di servizi informatici e GDPR: il contesto
L’atteggiamento di molte aziende è comprensibile se pensiamo alla diversa valenza che assumono per un informatico i due termini “responsabile” e “amministratore di sistema” rispetto a quanto previsto dal Regolamento UE 679/2016 e dal Provvedimento del Garante del 27 novembre 2008 e successive modifiche.
La questione non può però essere elusa ulteriormente in quanto la mancanza di un contratto (o altro atto giuridico) che regoli la materia espone sia il committente che l’azienda informatica (o il consulente) al rischio di pesanti sanzioni e a poco vale trincerarsi dietro un “ma io i dati non li tocco” o “tratto solo dati anonimi” in quanto da un lato è sufficiente la possibilità di farlo e dall’altro è poco credibile non si usino dati reali anche solo in fase di test o di assistenza.
Bene chiarire che il termine responsabile del trattamento è in realtà una pessima traduzione del data processor previsto nel GDPR e comporta esclusivamente la responsabilità per i trattamenti direttamente effettuati, non certo per quelli posti in essere sulla stessa base dati dal titolare o dai suoi dipendenti e non conferisce l’incarico di responsabile della sicurezza se ciò non è previsto nel contratto di fornitura.
Inoltre per il Garante, e quindi ai fini della protezione dei dati personali, amministratori di sistema non sono solo chi effettua effettivamente tale funzione ma anche gli amministratori di basi di dati, gli amministratori di reti e di apparati di sicurezza, gli amministratori di sistemi software complessi e via dicendo.
Alcune aziende informatiche, compresa l’importanza della cosa, onde evitare di doversi dotare di un cospicuo ufficio legale per esaminare tutti i contratti hanno giocato d’anticipo sottoponendo ai propri clienti un documento da esse predisposto.
Ad una prima analisi la cosa potrebbe apparire non corretta in quanto il Reg. UE 679/2016 all’art. 28 comma 3 lett. a) prevede che il responsabile del trattamento “tratti i dati personali soltanto su istruzione documentata del titolare…” ma dal fatto che il legislatore abbia espressamente previsto la forma contrattuale e non più una semplice nomina deriva che gli obblighi debbano essere concordati e poco importa chi delle due parti predisponga per prima il documento.
Il contratto
Se a ciò aggiungiamo che spesso il committente ha chiaro l’obiettivo finale del lavoro commissionato ma non ha la più pallida idea di come l’azienda informatica lo stia perseguendo comprendiamo che in molti casi è la soluzione addirittura auspicabile.
Se attuato con la dovuta correttezza questo modo di procedere presenta indubbi vantaggi in quanto consente di descrivere compiutamente i processi di trattamento e le relative misure di sicurezza predisposte, dando altresì al titolare l’effettiva possibilità di effettuare controlli reali e non più meramente formali.
Può consentire in buona sostanza la sostituzione di documenti generici validi per tutti i fornitori, spesso predisposti da chi nemmeno immagina la vastità e complessità di quel mondo articolato che genericamente viene definito “Informatica”, contribuendo a realizzare l’obiettivo di un passaggio da una gestione della tutela dei dati personali da formale a sostanziale che rimane il principale obiettivo del GDPR.
Può consentire, inoltre, di rendere più agevole e trasparente tutto il processo di autorizzazione e controllo del trattamento dei dati, con l’azienda informatica che personalizza un proprio documento, standard ma puntuale e, dopo che il committente l’approva a seguito di una breve verifica giuridica e tecnica, lo ribalta sui subfornitori e/o collaboratori con una concatenazione chiara e trasparente per tutti.
Il suddetto documento, redatto in forma contrattuale o allegato al contratto di fornitura dovrà contenere:
- una descrizione puntuale dei trattamenti svolti e delle misure di sicurezza adottate;
- durata, natura e finalità del trattamento (generalmente corrispondenti al contratto di fornitura) e obbligo di utilizzo esclusivo dei dati in tale ambito;
- tipologia dei dati e categorie degli interessati;
- obblighi e diritti del titolare del trattamento (ad esempio: fornire dati legittimamente assunti e possibilità di richiedere il blocco del trattamento e l’eventuale restituzione dei dati in caso di gravi violazioni);
- un elenco dei subfornitori coinvolti e degli amministratori di sistema nominati con la specifica che potranno essere variati nel tempo previa comunicazione al titolare che avrà l’opportunità di opporsi in un arco di tempo stabilito;
- la previsione di strumenti ragionevoli ma non invasivi di controllo (file di log, rapporti di intervento, possibilità di ispezioni in date o orari precisi ecc.);
- eventuale trasferimento dei dati verso Paesi terzi (ad esempio, su server extra UE) e relative garanzie predisposte;
- dichiarazione che nell’attività verranno coinvolte solo persone che abbiano un obbligo legale di riservatezza o si siano impegnate in tal senso;
- dichiarazione di impegno, per quanto di propria competenza, ad assistere il titolare nell’evasione delle richieste da parte degli interessati per l’esercizio dei propri diritti;
- dichiarazione di impegno a fornire tempestiva comunicazione al titolare di eventuali data breach e di tutte le informazioni ad essi relativi a propria disposizione;
- la previsione di cosa si intenda fare dei dati al termine dell’incarico (distruzione in modalità sicura con rilascio di relativa dichiarazione o restituzione con relativa modalità e formato dei dati);
- richiamo alle rispettive responsabilità così come previste dall’art. 82 del Regolamento UE 679/2016 (senza richieste di esoneri o manleve di dubbia o nulla applicabilità);
- dichiarazione di impegno a fornire assistenza, per quanto di propria competenza, al titolare nel garantire il rispetto degli obblighi di cui agli articoli dal 32 al 36 del Regolamento UE 679/2016.
Questo ultimo punto generalmente spaventa le aziende informatiche ma fornire assistenza non vuol dire sostituirsi al titolare nei suoi obblighi relativi alla sicurezza (ad esempio a svolgere una valutazione di impatto) ma fornirgli corrette informazioni che gli consentano di svolgerli correttamente.
A questo proposito l’azienda informatica potrebbe sfruttare l’impegno assunto per segnalare per iscritto al committente sue eventuali debolezze o criticità relative alla sicurezza, chissà che la cosa non generi nuove opportunità di lavoro.