L’individuazione delle tempistiche di conservazione dei documenti cimiteriali, presenta particolari difficoltà stante l’assenza di un riferimento normativo specifico e di un intervento regolamentare volto ad individuare politiche di data retention specifiche, alla luce del GDPR. Vediamo quali.
Indice degli argomenti
La normativa per i documenti cimiteriali
Preliminarmente occorre evidenziare che i cosiddetti documenti cimiteriali sono documenti amministrativi che il DPR 445/2000 qualifica come ogni rappresentazione del contenuto di atti delle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell’attività amministrativa. Rientrano tra questi ad esempio verbali di ricevimento salma, avvenuta cremazione, consegna ceneri, documento di autorizzazione alla cremazione rilasciato dallo Stato civile comunale. L’art. 52, comma 2 D.P.R. 285/90, prevede che il responsabile del servizio, per ogni cadavere ricevuto, ritiri e conservi presso di sé l’autorizzazione per la sepoltura nel cimitero e che la trascriva sui registri cimiteriali.
Analogamente, l’art. 81 D.P.R. 285/90, prevede che il verbale di consegna dell’urna cineraria debba essere redatto in tre copie da consegnarsi al responsabile del servizio cimiteriale, a chi prende in consegna l’urna e all’ufficio di stato civile. Inoltre, il medesimo articolo precisa che il verbale in possesso dall’incaricato del servizio di custodia, nonché le autorizzazioni (o, comunque, documenti), debbano essere conservati dallo stesso.
Documenti cimiteriali e GDPR: obbligo di conservazione
L’obbligo di conservazione dei c.d. documenti amministrativi è sancito dall’art. 30 D.Lgs. 42/2004 il quale statuisce che “Lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico hanno l’obbligo […] di conservare i propri archivi nella loro organicità e di ordinarli”. La medesima disposizione legislativa, all’art. 41, individua una precisa politica di data retention enunciando che “Gli organi giudiziari e amministrativi dello Stato versano all’archivio centrale dello Stato e agli archivi di Stato i documenti relativi agli affari esauriti da oltre trent’anni, unitamente agli strumenti che ne garantiscono la consultazione. Le liste di leva e di estrazione sono versate settant’anni dopo l’anno di nascita della classe cui si riferiscono. Gli archivi notarili versano gli atti notarili ricevuti dai notai che cessarono l’esercizio professionale anteriormente all’ultimo centennio”. Inoltre, detta disposizione precisa che “nessun versamento può essere ricevuto dall’archivio centrale se non sono state effettuate le operazioni di scarto”. Quindi, ai documenti amministrativi non si applica l’obbligo di conservazione delle scritture contabili e amministrative per il generico termine di 10 anni ex art. 2220 c.c.
Si ricorda che il c.d. “scarto” è l’operazione mediante la quale si provvede all’eliminazione dei documenti che hanno esaurito la loro validità giuridico-amministrativa e che, nello stesso tempo, si ritengono privi di interesse quali fonti per la ricostruzione storica. Pertanto, alla luce di un’interpretazione letterale dell’art. 41 D.Lgs. 42/2004 si evince ictu oculi che il termine trentennale è quello generale, essendo, gli altri due casi enunciati, fattispecie speciali.
Conclusione
In conclusione, quindi, i verbali di ricevimento salma, quelli di avvenuta cremazione, di consegna ceneri, nonché i documenti di autorizzazione alla cremazione, devono essere conservati per 30 anni (il termine di 40 anni è stato ridotto dall’art. 12, comma 4, lettera b), legge n. 106 del 2014). In ogni caso, si ricorda, che è responsabilità dell’Ente valutare, nel caso concreto, il venir meno dell’utilità amministrativa. Per completezza si evidenzia che alla luce dell’Autonomia degli enti Locali (art. 5 Cost.) i c.d. “organi deliberanti” di ogni Regione (art. 50, comma 4 e 61 e ss. d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) potrebbero emanare degli atti d’indirizzo diretti ad individuare diverse tempistiche di conservazione.
Vi è infine un ultimo aspetto importante da considerare che potrebbe consentire un periodo di conservazione dei documenti più breve, vale a dire l’autonomia degli enti locali, riconosciuta dall’art. 5 Cost. L’ente locale, infatti, sulla base di tale fondamentale principio, ben potrebbe, riscontrare diverse politiche di data retention stante le caratteristiche specifiche dei vari documenti. Infatti, alla luce degli art. 50, comma 4 e 61 e ss. d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 i c.d. “organi deliberanti” potrebbero emanare atti d’indirizzo da seguire per la conservazione e per lo scarto dei documenti.