Alla luce del GDPR, i giornalisti devono osservare particolari regole deontologiche per la tutela della privacy, le quali sono state pensate per non inficiare il diritto di cronaca. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di tredici articoli ad hoc, è stata fatta chiarezza in materia. Le “Regole deontologiche relative ai trattamenti di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica” sono state pubblicate il 4 gennaio 2019. Si applicano ai giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti e a chiunque altro, anche occasionalmente, eserciti attività pubblicistica (art. 13).
Il Garante per la protezione dei dati personali, in ossequio al disposto di cui all’art. 20, comma 4, D.lgs. 101/2018, ha verificato la conformità al Regolamento (UE) 679/2016 delle disposizioni contenute nel Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, adottato il 29 luglio 1998 ed inserito nel Codice in materia di protezione come Allegato 1, e, al termine di tale verifica ha trasmesso all’Ufficio pubblicazione leggi e decreti del Ministero della giustizia il testo da pubblicare in Gazzetta Ufficiale nonché da riportare nell’Allegato A) al Codice. Ma andiamo con ordine e analizziamo nello specifico l’impatto che tali regole deontologiche hanno per il singolo giornalista.
Indice degli argomenti
Ambito di applicazione delle regole deontologiche
Prima di iniziare la disamina delle regole deontologiche va sottolineato come l’art. 2-quater introdotto nel D.lgs. 196/2003 dal D.lgs. 101/2018 al comma 4 preveda espressamente che il rispetto delle disposizioni contenute nelle regole deontologiche costituisce condizione essenziale per la liceità e la correttezza del trattamento dei dati personali.
In sostanza la violazione delle regole deontologiche determina l’illiceità del trattamento dei dati personali con tutte le relative conseguenze non ultima quella della possibile inutilizzabilità di tali dati prevista dall’art. 2-decies del D.lgs. 101/2018. Se quindi è vero che, ai sensi dell’art. 13 paragrafo 2 delle regole deontologiche, le sanzioni disciplinari previste dal titolo III della legge 69/1963 (legge sull’ordinamento della professione di giornalista), si applicano solo ai soggetti iscritti all’albo dei giornalisti, negli elenchi o nel registro, è altrettanto vero che il mancato rispetto di tali norme determina una violazione del GDPR da parte di tutti i soggetti indicati nel paragrafo 1 del medesimo articolo e cioè giornalisti professionisti, pubblicisti, praticanti e chiunque, anche occasionalmente, eserciti attività pubblicistica.
Trattamento dei dati personali in ambito giornalistico
Dopo aver richiamato l’art. 21 della Costituzione, ricordando che la professione giornalistica si svolge senza autorizzazioni o censure, l’art. 1 delle regole deontologiche specifica chiaramente che, in quanto condizione essenziale per l’esercizio del diritto dovere di cronaca, la raccolta, la registrazione, la conservazione e la diffusione di notizie su eventi e vicende relativi a persone, organismi collettivi, istituzioni, costumi, ricerche scientifiche e movimenti di pensiero, attuate nell´ambito dell´attività giornalistica e per gli scopi propri di tale attività, si differenziano nettamente per la loro natura dalla memorizzazione e dal trattamento di dati personali ad opera di banche dati o altri soggetti. In sostanza il legislatore ha inteso differenziare da tutte le altre tipologie di trattamento di dati personali quella attuata in ambito giornalistico (con le necessarie deroghe previste dal considerando 153, dall’art. 85 del Regolamento (UE) 679/2016 e dal D.lgs. 196/03, così come modificato dal D.lgs. 101/18).
Questa differenziazione non appare di poco conto tanto più se si considera che l’art. 2 paragrafo 2 delle regole deontologiche, a proposito di banche dati di uso redazionale e tutela degli archivi personali dei giornalisti, statuisce che quando il giornalista tratta dati personali nell’esercizio della propria attività giornalistica, è esentato dal fornire elementi dell’informativa di cui agli artt. 13 e 14 del Regolamento, ad eccezione della propria identità, professione e finalità della raccolta dei dati, e sempre che ciò non comporti rischi per la sua incolumità o renda altrimenti impossibile l’esercizio della funzione informativa. In buona sostanza identità personale, professione e finalità sono le uniche informazioni che il giornalista è tenuto a fornire all’interessato quando si muove all’interno del perimento della propria attività giornalistica.
Archivi personali dei giornalisti e dati raccolti
L’art. 2 paragrafo 3 delle regole deontologiche stende una mappa delle norme che tutelano gli archivi personali dei giornalisti, intesi come quegli archivi funzionali all’esercizio della professione e per l’esclusivo perseguimento delle relative finalità, specificando che per quanto concerne le fonti delle notizie la tutela è dettata dall’art. 2 della legge n. 69/1963 (segreto professionale), dall’art. 14, par. 5, lett. d), del Regolamento (UE) 679/2016 (esenzione dall’obbligo di rendere adeguata informativa all’interessato di fronte ad un obbligo di segreto professionale), nonché dall’art. 138 del Codice Privacy (segreto professionale degli esercenti la professione di giornalista).
Per quanto concerne la conservazione dei dati raccolti il giornalista può conservarli per tutto il tempo necessario al perseguimento delle finalità proprie della sua professione; finalità che, lo ricordiamo, devono sempre essere rese note all’interessato salvo che ciò comporti rischi per la sua incolumità o per l’esercizio della funzione informativa
Tutela del domicilio dell’interessato e domicilio
Le regole deontologiche pongono particolare attenzione alla tutela del domicilio dell’interessato estendendo la sua tutela e quella degli altri luoghi di privata dimora, anche a quelli di cura, detenzione o riabilitazione, nel rispetto delle norme di legge e dell’uso corretto di tecniche invasive.
Il giornalista, inoltre, deve correggere senza ritardo errori e inesattezze, anche in conformità al dovere di rettifica nei casi e nei modi stabiliti dalla legge.
Diritto all’informazione e dati personali
L’art. 5 delle regole deontologiche elenca una serie di dati che vengono definiti personali e che, nella sostanza, sono quelli previsti ed elencati all’art. 9 del Regolamento (UE) 679/2016. Parliamo quindi di dati personali particolari, cioè quei dati atti a rivelare origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, opinioni politiche, adesioni a partiti, sindacati, associazioni o organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché dati genetici, biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica e dati atti a rivelare le condizioni di salute e la sfera sessuale. Quando il giornalista si trova nella necessità di raccogliere alcuni tra questi dati particolari ha il dovere di garantire il diritto all’informazione su fatti di interesse pubblico, nel rispetto dell’essenzialità dell’informazione, evitando riferimenti a congiunti o ad altri soggetti non interessati ai fatti.
Le medesime accortezze devono essere utilizzate dal giornalista anche quando quest’ultimo sia venuto a conoscenza di dati riguardanti circostanze o fatti resi noti direttamente dagli interessati, o desumibili dal comportamento in pubblico di questi ultimi, i quali hanno comunque sempre salva la possibilità di addurre successivamente motivi legittimi meritevoli di tutela.
Essenzialità dell’informazione
L’art. 6 delle regole deontologiche tocca un tema fondamentale per il giornalista e cioè quello della essenzialità dell’informazione. Già in ambito di trattamento di dati particolari il legislatore ha precisato che a fronte di un diritto all’informazione garantito il giornalista deve trattare tali dati con essenzialità (art. 5). Con l’art. 6 si precisa che la divulgazione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale non contrasta con il rispetto della sfera privata quando l’informazione, anche dettagliata, sia indispensabile in ragione dell’originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti.
Il legislatore, quindi, non intende in alcun modo limitare il diritto all’informazione che, anzi, può essere anche dettagliata purché i dettagli si rivelino essenziali alla finalità per cui i dati personali sono stati raccolti e trattati. L’essenzialità dell’informazione vale anche per le persone note o per quelle che esercitano funzioni pubbliche: la loro sfera privata, infatti, deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica. I commenti e le opinioni del giornalista appartengono alla libertà di informazione nonché alla libertà di parola e di pensiero costituzionalmente garantita a tutti.
Tutela del minore
Le regole deontologiche in materia di trattamento dei dati personali in ambito giornalistico recepiscono e fanno proprie le particolari tutele da adottare nei confronti di un minore con ciò dimostrando piena sintonia e adeguatezza con il Regolamento (UE) 679/2016. L’art. 7 delle regole statuisce chiaramente che il giornalista non pubblica i nomi dei minori coinvolti in fatti di cronaca, né fornisce particolari in grado di condurre alla loro identificazione; ciò per tutelare il più possibile la personalità del minore. Tale tutela deve estendersi anche ai fatti che non siano specificamente reati.
Evidente la particolare attenzione rivolta ai minori il cui diritto alla riservatezza deve essere sempre considerato come primario rispetto al diritto di critica e di cronaca. Assistiamo quindi ad una inversione delle priorità da parte del legislatore che pone al primo posto, o quanto meno sullo stesso piano, il diritto di cronaca e di critica rispetto al diritto alla riservatezza dell’interessato tranne che questo sia un minore. In tal caso prevale il diritto alla riservatezza, fermo restando la possibilità per il giornalista, per motivi di rilevante interesse pubblico e sempre all’interno dei limiti posti dalla legge, di diffondere notizie o immagini riguardanti minori. In tale ultimo caso il giornalista dovrà farsi carico della responsabilità di valutare se la pubblicazione sia davvero nell’interesse oggettivo del minore, secondo i principi e i limiti stabiliti dalla “Carta di Treviso”.
Tutela della dignità delle persone
Gli articoli 8 e 10 delle regole deontologiche disciplinano la tutela della dignità delle persone (art. 8) e delle persone malate (art. 10). Fatta salva l’essenzialità dell’informazione il giornalista non deve fornire notizie o pubblicare immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona, né deve soffermarsi su dettagli di violenza, a meno che ravvisi la rilevanza sociale della notizia o dell’immagine. Allo stesso modo non deve riprendere né produrre immagini e foto di persone in stato di detenzione senza il consenso dell’interessato. Il consenso non è necessario quando, a seguito di ponderata valutazione, il giornalista ritenga vi siano rilevanti motivi di interesse pubblico o comprovati fini di giustizia e di polizia. Le persone, inoltre, non possono essere presentate con ferri o manette ai polsi, salvo che ciò sia necessario per segnalare abusi.
Per quanto concerne la dignità delle persone malate l’art. 10 delle regole deontologiche, nel far riferimento allo stato di salute di una determinata persona, identificata o identificabile, statuisce che il giornalista deve rispettarne la dignità, il diritto alla riservatezza e al decoro personale, specie nei casi di malattie gravi o terminali. Tale tutela prevede anche il divieto di pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico. La pubblicazione è ammessa quando la persona riveste una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica e comunque sempre nell’ambito del perseguimento dell’essenzialità dell’informazione e sempre nel rispetto della dignità della persona.
Il diritto alla non discriminazione e della sfera sessuale
L’art. 9 delle regole deontologiche ribadisce il diritto dovere di cronaca in capo al giornalista ma con altrettanta chiarezza statuisce l’obbligo di rispettare il diritto della persona alla non discriminazione per razza, religione, opinioni politiche, sesso, condizioni personali, fisiche o mentali. Tale articolo deve essere letto ed applicato in uno con l’art. 5 delle regole deontologiche (diritto all’informazione e dati personali) e l’art. 9 del Regolamento (UE) 679/2016 (trattamento di categorie particolari di dati personali). Non solo quindi diritto della persona alla non discriminazione ma anche quello al rispetto dell’essenzialità dell’informazione e alla applicazione delle adeguate misure di sicurezza in materia di trattamento dei dati particolari.
Analoghe considerazioni valgono anche per la tutela della sfera sessuale della persona (art. 11) con l’obbligo per il giornalista di astenersi dalla descrizione di abitudini sessuali riferite ad una determinata persona, identificata o identificabile, fatta salva la possibilità di tali pubblicazioni nell’ambito del perseguimento dell’essenzialità dell’informazione e nel rispetto della dignità della persona se questa riveste una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica.
Tutela del diritto di cronaca nei procedimenti penali
L’art. 12 delle regole deontologiche prevede una deroga al trattamento dei dati relativi ai procedimenti penali. Prevale infatti il diritto di cronaca tanto che il paragrafo 1 statuisce che al trattamento dei dati relativi a procedimenti penali non si applica il limite previsto dall´art. 10 del Regolamento (trattamento dei dati personali relativi a condanne penali e reati), nonché dall’art. 2-octies del Codice (principi relativi al trattamento di dati relativi a condanne penali e reati).
Ricordiamo che l’art. 10 del Regolamento (UE) 679/2016 prevede che il trattamento dei dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza deve avvenire soltanto sotto il controllo dell’autorità pubblica o se il trattamento è autorizzato dal diritto dell’Unione o degli Stati membri, mentre l’art. 2-octies del Codice elenca tassativamente i casi in cui è consentito il trattamento di tali dati sempre previa autorizzazione di una norma di legge o di Regolamento. Il paragrafo 2 dell’art. 12 statuisce inoltre che il trattamento di dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all’art. 686 commi 1, lettere a) e d), 2 e 3 del codice di procedura penale è ammesso nell’esercizio del diritto di cronaca, secondo i principi di cui all’art. 5. Stupisce che il legislatore citi all’interno delle regole deontologiche una norma, quella dell’art. 686 c.p.p., abrogata e sostituita dall’art. 3 del D.P.R. 14 novembre 2002 n. 313 al quale, evidentemente, occorre fare riferimento ai fini dell’individuazione dei provvedimenti giudiziari cui la disposizione si riferisce. Il richiamato art. 3 elenca tutti quei provvedimenti iscrivibili nel casellario giudiziale e che, quindi, ai sensi dell’art. 5 delle regole deontologiche, possono essere trattati e raccolti dal giornalista nel rispetto dell’essenzialità dell’informazione.
Conclusione
In conclusione, possiamo affermare che la corretta applicazione delle regole deontologiche relative al trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica non può prescindere dalla approfondita conoscenza sia del Regolamento (UE) 679/2016, che del D.lgs. 101/18.
Il giornalista, infatti, nell’esercizio della sua attività è chiamato sovente a prendere decisioni e ad assumersi delle responsabilità cercando di contemperare, di volta in volta, il diritto all’informazione con il trattamento dei dati personali degli interessati e i loro relativi diritti. Solo una completa conoscenza delle norme potrà consentire al giornalista di operare con consapevolezza scelte che avranno effetti sia sugli interessati che sul professionista.