Un aspetto spesso sottovalutato occupandosi di dati e GDPR è quello che riguarda la disponibilità delle informazioni e i tempi per recuperarle.
Osservo con frequenza che la maggior parte degli sforzi di analisi e valutazione dei rischi sono volti alla riservatezza del dato, dando minore importanza a integrità e disponibilità con la conseguenza evidente di porre maggiore attenzione ai sistemi di protezione rispetto a quelli di continuità operativa. Il tema della disponibilità viene spesso smarcato definendo solamente il tipo di backup dei dati, che è sicuramente l’aspetto più visibile anche se porta ad un approccio superficiale.
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La disponibilità del dato
Nel Considerando 49 del GDPR si citano le caratteristiche che il dato deve mantenere nel sistema di gestione e trattamento dello stesso. In particolare il titolare del trattamento deve assicurare che il dato sia autentico, integro, riservato e disponibile. Tale definizione è assolutamente in linea con quanto richiesto dalla norma UNI ISO EN 27001:2018 che prevede che i sistemi di gestione per la sicurezza delle informazioni mantengano le stesse riservate, integre e disponibili. La disponibilità è spesso una caratteristica sottovalutata o, per lo meno, vista solo nella sua declinazione relativa alla cyber security.
Nella norma IS0 27000 la disponibilità (availability) è la proprietà dell’informazione di essere accessibile e usabile su richiesta di un autorizzato. Tale definizione va arricchita anche dalla dimensione temporale: un’informazione che non arriva nei tempi previsti è di fatto non accessibile e usabile e quindi non disponibile. Se, ad esempio, in ambito ospedaliero ho la necessità di recuperare dei dati sulle allergie ai farmaci di un paziente e queste arrivano troppo tardi (per indisponibilità momentanea della rete ad esempio) le conseguenze possono avere un deciso impatto sulla vita del paziente. Anche pensando a un esempio meno impegnativo l’importanza di disponibilità nei tempi corretti è fondamentale. Un’opportunità persa per la mancanza di dati (elementi per la composizione per l’offerta o dati di contatto) può avere un impatto significativo sulla vita di un’azienda. È comprensibile che non sia sufficiente definire un back up per garantire la disponibilità, ma è necessario definire anche tempi e procedure per il recupero della disponibilità del dato.
La continuità operativa
È quindi importante definire e implementare, per una corretta interpretazione del GDPR, un sistema di gestione della continuità operativa, anche se non certificato necessariamente secondo la norma UNI EN ISO 22301:14. La definizione di continuità operativa, secondo tale norma, è la capacità dell’organizzazione di continuare a fornire prodotti ed erogare servizi a livelli accettabili predefiniti a seguito di un evento destabilizzante.
Declinando la definizione ai sistemi di trattamento dei dati personali si può definire la continuità operativa come la capacità dell’organizzazione di continuare a fornire i dati personali a livelli accettabili predefiniti a seguito di un evento destabilizzante. Tale ambito ha due aspetti: la continuità operativa diretta nei confronti dell’interessato e quella dei ruoli che forniscono prodotti/servizi all’interessato. Sulla base del contesto si può porre l’accento su uno dei due aspetti anche se ritengo fondamentale considerarli entrambi.
Definizioni nell’ambito della continuità operativa
È necessario introdurre delle definizioni, che mutuo liberamente dalla ISO 22301 a cui rimando per la formulazione precisa e completa.
- Gestione della continuità operativa: processo di gestione olistica che identifica le minacce potenziali e i loro impatti sull’organizzazione nel caso si concretizzassero. Sottolineo il termine olistica, definito nella norma. È fondamentale vedere la continuità operativa come insieme e non come serie di operazioni relative a eventi separati. Lo è ancora di più nell’ambito delle misure relative al trattamento dei dati personali dove alcune misure di protezione potrebbero essere in contrasto con le necessità della continuità operativa (ad esempio pseudonimizzazione e cifratura).
- Massima interruzione accettabile (MAO – Maximum Acceptable Outage): il limite di tempo massimo entro il quale l’effetto degli impatti degli eventi avversi diventerebbe inaccettabile, se non recuperata l’operatività.
- Massimo periodo di interruzione tollerabile (MTPD – Maximum Tolerable Period of Disruption): nella norma italiana la definizione è identica a quella di MAO e l’indice effettivamente è molto simile, ma nel caso del MAO si considera l’assenza del servizio, in questo caso la rottura di componenti di fornitura.
Per essere più chiaro: il MAO misura, ad esempio, quanto tempo è accettabile avere i server off line per manutenzioni programmate e/o straordinarie (come aggiornamenti), il MTPD lo stesso indice ma in caso di rottura del server o di qualche componente.
- Obiettivo di momento di recupero (RPO – Recovery Point Objective): è il momento in cui le informazioni utilizzate da un’attività devono essere rese nuovamente disponibili.
- Obiettivo di tempo di recupero (RTO – Recovery Time Objective): è l’obiettivo di tempo successivo a un incidente entro il quale si ritorna ad avere la disponibilità dell’informazione.
La business continuity per il trattamento dei dati personali
Per l’implementazione è consigliato partire sempre dalla definizione corretta dei dati trattati e da una seria analisi dei rischi. L’analisi dei rischi è uno dei punti centrali sia delle norme citate (27001 e 22301) che del GDPR e deve essere ripetuta ad intervalli regolari perché sia efficace. Per una corretta formulazione dell’analisi dei rischi rimando ad altri articoli su questo sito e alla chiarissima guida ENISA, oltre alla specifica norma. Nell’ambito di tale analisi è importante definire anche gli indici definiti in precedenza (MAO, MPTD, RPO e RTO).
In tal modo si potrà approntare il piano per la continuità operativa: un insieme di procedure documentate che guidano l’organizzazione nel rispondere, recuperare, riprendere e ripristinare le attività operative a livelli ritenuti accettabili. Il piano è una parte centrale e non dev’essere visto come una mera attività burocratica.
Come già dovrebbe essere per la risposta agli eventi che riguardano integrità e riservatezza, il titolare deve assicurarsi di avere procedure per ristabilire, entro i limiti di MAO e MTPD e rispettando gli obiettivi RPO e RTO, la disponibilità del dato. Vanno perciò definite attività e azioni prioritarie e testata, tramite simulazioni ed esercitazioni, l’efficacia delle decisioni strategiche, politiche e operative che si sono definite.
La gestione della continuità operativa, come quella della sicurezza delle informazioni, è un’attività continua, basata sul ciclo PDCA (plan-do-check-act) comune a tutte le norme definite secondo l’Annex SL e aiuta l’organizzazione a migliorare la sua conformità ai dettami del GDPR.
Conclusione
I dettami delle norme relative ai sistemi di gestione della continuità operativa aiutano a fornire uno schema per implementare e migliorare l’aspetto relativo alla disponibilità del dato.
Banalizzando: non basta definire la presenza di un back up dei dati, ma è necessario definire la consistenza del back up e entro quanto tempo i dati saranno recuperati e resi disponibili senza che l’organizzazione o l’interessato subisca conseguenze irreparabili.