L’audit è uno degli strumenti più potenti per verificare l’efficacia della governance in materia di protezione dei dati e sicurezza informatica.
Eppure, troppo spesso DPO e CISO conducono audit separati, parziali, con sforzi duplicati e risultati non coordinati. Invece serve un cambio di paradigma. Occorre progettare e realizzare audit congiunti tra DPO e CISO, in grado di unificare le verifiche, ottimizzando le risorse e rafforzando la postura di sicurezza dell’intera organizzazione.
Ecco una buona prassi che rappresenta, oggi, un vero segno distintivo di maturità.
Indice degli argomenti
Audit fra DPO e CISO
Audit è una parola che evoca controllo, rigore, verifica. Ma anche, spesso, isolamento.
Il DPO fa i suoi controlli sulla compliance privacy. Il CISO verifica le misure di sicurezza. Entrambi fanno auditing, analizzano, registrano, raccomandano. Ma lo fanno da soli.
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Su calendari diversi, con checklist diverse, a volte sugli stessi processi. Il risultato è duplicità, fatica organizzativa, visioni incomplete. Eppure, la realtà aziendale è una sola. Gli asset sono condivisi. I rischi sono intrecciati.
È dunque tempo di cambiare approccio e di evolvere verso una maggiore efficienza risparmiando risorse e aumentando il presidio tramite una visione congiunta.
Controllare insieme per proteggere meglio
L’audit congiunto tra DPO e CISO non è solo una buona prassi. È la manifestazione concreta di un principio chiave: privacy e cyber security non sono mondi separati, ma due facce della stessa strategia.
Verificare in modo congiunto significa:
- risparmiare tempo e risorse;
- ottenere risultati più completi;
- aumentare la credibilità dei controlli;
- e soprattutto, dimostrare che la governance è realmente integrata.
Un audit condotto da entrambi, con uno sguardo tecnico e uno giuridico/organizzativo, va più in profondità, coglie sfumature, anticipa vulnerabilità che, altrimenti, rischierebbero di passare inosservate.
Dove ha senso partire
Gli ambiti ideali per avviare audit congiunti sono quelli in cui i due mondi si incontrano naturalmente.
Per esempio:
- l’onboarding e offboarding del personale, dove si intrecciano sicurezza logica, profilazioni, informative e formazione;
- la gestione dei fornitori IT, dove il contratto a norma ex art. 28 GDPR incontra la valutazione della supply chain;
- i sistemi cloud, i CRM, le piattaforme di videosorveglianza, dove privacy e sicurezza si giocano ogni giorno sullo stesso terreno.
Ma anche i progetti innovativi – intelligenza artificiale, IoT, automazioni – sono terreni fertili per un controllo integrato. Dove c’è innovazione, c’è rischio. Laddove c’è rischio, servono più competenze che si parlano, non ruoli che si alternano.
Come si fa un audit congiunto
Servono un metodo, un accordo, un modello. Tutto parte dalla pianificazione condivisa: definire insieme cosa controllare, con quali obiettivi, quali criteri e quali strumenti.
Durante la fase operativa, si lavora fianco a fianco. Si raccolgono evidenze, si analizzano i processi, si ascoltano le funzioni, si verificano misure tecniche e garanzie normative.
Lo sguardo del CISO si concentra sulla tenuta delle difese. Quello del DPO valuta se quelle stesse misure sono proporzionate, adeguate, legittime.
Solo così si può davvero dire: “Siamo sicuri. E siamo anche conformi”.
Infine, c’è la documentazione. Un report congiunto, con evidenze condivise e azioni correttive che non guardano solo al codice o alla clausola contrattuale, ma all’intero ecosistema.
Un audit che parla all’organizzazione con una voce sola, autorevole, trasversale.
La UNI EN ISO 19011:2018 Linee guida per gli audit di sistemi di gestione – ora in fase di revisione – è lo strumento ideale per condurre tale attività, promuovendo anche gli audit combinati ovvero quegli audit che sono eseguiti contemporaneamente su due o più sistemi di gestione.
Gli ostacoli ci sono, ma si superano
Fare un audit combinato non è semplice. Serve sincronizzare agende, unificare linguaggi, gestire equilibri. Ma tutto questo è risolvibile, se c’è volontà organizzativa.
Occorre:
- pianificare gli audit in anticipo, inserirli nel programma annuale degli audit della compliance e della sicurezza;
- creare modelli condivisi, con un glossario operativo comune e criteri di valutazione coerenti (come per esempio per la classificazione dei rilievi) sotto forma di procedura;
- definire con chiarezza le modalità di gestione delle azioni successive all’audit, garantendo il monitoraggio puntuale delle azioni correttive e preventive, la loro chiusura entro termini prestabiliti e la loro efficacia, anche attraverso riesami sistematici;
- chiarire fin dall’inizio chi fa cosa, con ruoli ben definiti e un obiettivo chiaro: costruire valore, non rivendicare spazi.
E soprattutto, serve il supporto del vertice. Perché l’audit congiunto, più che un’attività tecnica, è una scelta strategica.
Un messaggio all’organizzazione
Quando un’organizzazione assiste a un audit congiunto tra DPO e CISO, riceve un messaggio potente: la sicurezza è una cosa seria, trasversale, integrata.
Non è solo responsabilità dell’IT o dell’ufficio legale. È un impegno di tutti. È l’occasione per comprendere che le misure non sono della privacy o della cibersicurezza da vedere a comprati stagni, ma sono “dell’organizzazione” e non hanno etichette.
L’audit non diventa più solo un controllo. Diventa un atto culturale, una palestra di consapevolezza, un’occasione di crescita per gli auditor e per gli auditati.
Il passo che fa la differenza
Fare audit congiunti tra DPO e CISO non è una moda. È il punto di arrivo naturale di un percorso che parte dalla fiducia, passa dal coordinamento e si concretizza nell’azione condivisa.
È il modo più potente per dire: “Non ci accontentiamo di rispettare le regole. Vogliamo governare il rischio. Insieme.”
È questo il vero volto dell’accountability: non solo documentare, ma dimostrare di saper lavorare in modo sinergico, continuo.
Chi sceglie l’audit congiunto, oggi, sta scegliendo di portare la governance a un livello più alto, coniugando efficienza e pragmatismo nel rispetto della compliance normativa.
In un prossimo articolo – l’ultimo della serie dedicata ai rapporti tra DPO e CISO – ci concentreremo su un tema delicato e cruciale: gli audit che il DPO svolge nei confronti del CISO.
Un passaggio fondamentale per garantire trasparenza, autonomia e piena coerenza con il principio di responsabilizzazione.
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