Lo scorso 10 giugno, il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha emesso un comunicato nel quale venivano chieste informazioni alla piattaforma TikTok in merito ad un presunto accesso a dati di utenti da parte del Partito Comunista Cinese.
Nello specifico, il Garante ha richiesto delucidazioni a seguito di alcune dichiarazioni emesse da un ex dirigente della società madre ByteDance, successivamente riportate da organi di stampa.
Le indiscrezioni di stampa pubblicate di recente, facenti riferimento a una possibile comunicazione illecita di dati personali da parte di TikTok nei confronti del Partito Comunista Cinese, sarebbero state escluse con fermezza da Byte Dance, anche in occasione di recenti incontri istituzionali sul tema.
Secondo quanto riportato nel comunicato, il Garante si sarebbe mobilitato al fine di ottenere maggiori chiarimenti in tal senso, invitando la società a fornire le proprie osservazioni, nonché sull’eventuale coinvolgimento di TikTok Technology Ltd nella trasmissione di dati di utenti anche italiani ed europei alle autorità governative cinesi.
Sempre secondo quanto si legge, il riscontro all’Autorità dovrà pervenire entro 15 giorni dal ricevimento della richiesta.
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I nuovi sospetti su TikTok
Secondo quanto riportato dal The Wall Street Journal, a fornire queste informazioni è stato Yintao Yu, ex Capo dell’Ufficio Tecnico di ByteDance negli Stati Uniti, in occasione di una causa per licenziamento illegittimo presentata presso un tribunale della California.
L’ex dipendente ha affermato in un documento legale che un comitato afferente al PCC avrebbe avuto accesso a numerosi dati di TikTok che includevano le informazioni di rete degli utenti, gli identificativi delle carte SIM e gli indirizzi IP, nel tentativo di identificare gli individui e le loro posizioni.
Si sarebbe trattato, prevalentemente, di manifestanti di Hong Kong e attivisti per i diritti civili. Secondo le dichiarazioni di Yu, il partito avrebbe monitorato le attività di tali soggetti con la compartecipazione di ByteDance, la quale avrebbe mantenuto un “canale backdoor”, di modo da consentire l’accesso ai dati degli utenti.
Nella documentazione fornita da Yu, inoltre, viene riportato come da agosto 2017 a novembre 2018, TikTok abbia memorizzato messaggi, cronologia, ricerche e contenuti visualizzati dagli utenti.
Nonostante ciò, l’azienda cinese ha più volte respinto tali accuse, ritenute “infondate”, sostenendo di non aver rapporti con il Partito cinese, né con altri Governi.
Le preoccupazioni di tutta l’Europa
Tuttavia, non è stato solo il Garante della Privacy italiano a manifestare le sue preoccupazioni per le possibili violazioni nei confronti di dati personali degli utenti. Nel contesto europeo, diversi Paesi hanno infatti multato la piattaforma per violazione della privacy.
Tra questi vi è il caso del Regno Unito, il quale nel mese di aprile 2023 risulta aver sanzionato TikTok per 12,7 milioni di sterline per molteplici violazioni della legge sui dati, incluso l’uso illegale dei dati personali dei minori con età inferiore ai 13 anni.
La sanzione pecuniaria è stata annunciata a seguito di un’indagine condotta dall’Information Commissioner’s Office (ICO), il quale vigila sul rispetto dei regolamenti sulla privacy in tutto il Regno Unito.
Secondo quanto affermato dal Commissario per l’Informazione britannico, John Edwards, “TikTok avrebbe dovuto fare di meglio” e tale multa rifletterebbe “il grave impatto che i loro fallimenti potrebbero aver avuto”.
Anche la Francia, all’inizio del 2023, ha multato TikTok per una somma di 5 milioni di euro per violazione della privacy degli utenti. Secondo quanto affermato dall’Autorità francese per la Protezione dei Dati Personali (CNIL), “gli utenti di TikTok non potevano rifiutare i cookie con la stessa facilità con cui li accettavano e non erano informati in modo sufficientemente preciso sulle finalità dei diversi cookie”.
La sanzione da parte della Francia sarebbe giunta in un periodo delicato per l’azienda, in quanto sarebbero state avviate, nello stesso momento, due ulteriori indagini sulla privacy nell’UE. Tali indagini sarebbero guidate dall’autorità irlandese per la protezione dei dati, la quale si sarebbe mossa per ottenere maggiori informazioni in merito alla sicurezza dei minori all’interno della piattaforma e in relazione ai trasferimenti di dati in Cina.
I sospetti sull’uso di TikTok da parte del Governo cinese
Oltre alle presunte violazioni dei dati personali degli utenti, i sospetti riguardo altresì l’uso che il Governo cinese farebbe della piattaforma per promuovere la propaganda a proprio favore e censurare contenuti critici.
Nel settembre 2019, Yaqiu Wang, ricercatore di Hong Kong per Human Rights Watch, ha dichiarato al The Washington Post che le proteste contro la legge sull’estradizione di quell’anno avrebbero segnato uno dei primi test su come i social media cinesi possano trasmettere la narrazione governativa a un pubblico globale.
Secondo Wang, le autorità cinesi avrebbero fatto in modo che i media commerciali ripubblicassero o riproducessero ciò che era stato prodotto da quelli statali. Nel caso specifico di TikTok, le decisioni di ByteDance in merito ai contenuti pubblicati o censurati sarebbero apparse poco trasparenti.
L’azienda non avrebbe fornito informazioni sui video che ha rimosso, accusati di incitare all’odio o all’estremismo, e non avrebbe offerto strumenti per rendere la piattaforma accessibile a ricerche esterne.
È anche possibile che gli utenti di Hong Kong si siano autocensurati per evitare di pubblicare contenuti di natura politica.
Il controllo operato da ByteDance sui contenuti sarebbe stato osservabile nella condivisione dei contenuti a favore delle manifestazioni.
L’hashtag #antielab, un post organizzativo centrale nelle proteste, ha registrato più di 34.000 post su Instagram ma solo 11 post su TikTok, per un totale di circa 3.000 visualizzazioni.
Gli hashtag #HongKongProtests e #HongKongProtestors, alcuni dei maggiori punti di raccolta su Twitter, hanno restituito un solo video o un messaggio di errore: “Impossibile trovare questo hashtag: Controlla i video di tendenza”.
L’hashtag #HongKongProtest ha invece mostrato sei video, per un totale di circa 5.000 visualizzazioni.
Le ricerche sull’applicazione negli Stati Uniti utilizzando caratteri in mandarino hanno prodotto risultati simili.
Un hashtag di protesta, usato per riferirsi al movimento contro l’estradizione, ha mostrato circa 100 video per un totale di circa 105.000 visualizzazioni. Per contro, l’hashtag #snails su TikTok ha avuto più di 6,6 milioni di visualizzazioni.
Le azioni intraprese da TikTok
TikTok avrebbe adottato politiche simili alla sua controparte cinese, Douyin, che ByteDance ha reso disponibile solo al pubblico della Cina continentale.
L’applicazione è diventata uno dei canali più popolari per la diffusione di notizie e intrattenimento ed è stata apprezzata dall’informazione vicina al Governo come una storia di successo nazionale, adatta a diffondere l’ideologia ufficiale.
Secondo Elliot Zaagman, scrittore e co-conduttore di un podcast sull’industria tecnologica cinese, la propaganda di Stato cinese sui social network sarebbe veicolata attraverso messaggi subdoli. ByteDance deve rispettare il Great Firewall, che censura fatti e idee considerate pericolose.
Le piattaforme sarebbero tenute a eliminare il dissenso politico e Douyin avrebbe vietato un’ampia gamma di argomenti presumibilmente sovversivi, compresi quelli che causerebbero “disagio”.
Nel 2018, ByteDance sarebbe stata costretta a chiudere la sua app comica Neihan Duanzi a seguito di provvedimenti governativi, nei quali le autorità di regolamentazione cinesi hanno dichiarato che i “contenuti volgari e impropri” dell’app avrebbero violato la morale sociale e “causato un forte disgusto”.
Il fondatore di ByteDance, Zhang Yiming si è scusato pubblicamente per i contenuti che ha definito “in contrasto con i valori fondamentali del socialismo” e ha promesso che l’azienda si sarebbe impegnata a garantire che le “voci del Partito siano trasmesse con forza”.
Nelle settimane successive all’inizio delle proteste di Hong Kong, i messaggi patriottici avrebbero dominato Douyin. Per esempio, è stato diffuso un video girato dal Quotidiano del Popolo, l’organo di informazione ufficiale del Partito Comunista, in cui vengono mostrati poliziotti di Hong Kong in un momento di pausa dopo il lavoro. Il filmato ha ricevuto 1,1 milioni di “mi piace” e circa 40.000 commenti.
Il 23 marzo 2023, in occasione di un’audizione presso la Commissione per l’Energia e il Commercio della Camera degli Stati Uniti, l’Amministratore Delegato di TikTok, Shou Zi Chew, ha negato qualsiasi legame con il Partito Comunista.
Tuttavia, durante la settimana dell’evento, l’Alliance for Securing Democracy ha notato come diplomatici e media statali cinesi avrebbero avviato una campagna di propaganda in difesa di TikTok, durante la quale hanno diffuso narrazioni antistatunitensi nel tentativo di influenzare l’opinione pubblica al di fuori dei confini cinesi. Le tattiche avrebbero seguito cinque tendenze principali:
- la diffusione delle dichiarazioni del CEO di TikTok per enfatizzare gli aspetti positivi dell’app;
- l’esaltazione degli effetti derivanti dal suo divieto;
- le critiche e le derisioni nei confronti dei membri del Congresso
- l’attacco al sistema politico statunitense e il presunto clima ostile nel Paese verso le imprese straniere;
- l’equiparazione delle accuse alla Cina a discorsi xenofobi.
Secondo l’istituto di ricerca, tra le principali preoccupazioni per la sicurezza nazionale vi sarebbe la capacità di TikTok di condurre attività di influenza mirate nei Paesi occidentali. L’accesso ai dati e alle preferenze degli utenti, così come la sospetta opacità della selezione algoritmica dei contenuti, favorirebbero queste operazioni. Se il Governo cinese volesse influenzare TikTok per incrementare la narrativa dei propri organi, conclude lo studio, sarebbe difficile da riconoscere.