Da due anni il Regolmento GDPR è attivo nel territorio dell’UE e nel corso di questo biennio è aumentata la consapevolezza nei clienti, che oggi pretendono una sempre maggiore attenzione alla protezione ed alla riservatezza dei propri dati trattati dalle aziende: in quest’ottica molte aziende si sono trovate nella condizione di dover investire in privacy somme più o meno considerevoli al fine di contrastare le minacce relative alla violazione dei dati e, più in generale per la tutela del corretto trattamento del dato.
Ecco perché stanziare budget per la privacy è utile.
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Investire in privacy: il fascino della compliance
Sono innumerevoli gli articoli online o le interviste che descrivevano quanto l’azienda “GDPR compliant” potesse trovarsi in una situazione di vantaggio rispetto al proprio competitor non adeguato. Tale tipo di “suggerimento” all’adeguamento, è partito sovente dai professionisti del settore ma, altrettanto spesso, restava invito disatteso sulla base della convinzione che “adeguarsi non avrebbe portato alcun profitto economico alla realtà aziendale”.
“Con questo studio abbiamo la prova tangibile che gli investimenti per la privacy stanno portando risultati concreti alle aziende – in particolare grazie a una migliore relazione con i clienti e a un impatto positivo sui risultati di business”. Parole di Harvey Jang, vice Presidente e Capo dell’Ufficio Privacy di Cisco. Ad inizio gennaio è stato pubblicato un importante studio condotto dalla Cisco, azienda multinazionale specializzata nella fornitura di apparati di networking, chiamato “Data Privacy Benchmark Study 2020”. I cui risultati sono stati sorprendenti.
I risultati del Data Privacy Benchmark Study 2020
Lo studio “Data Privacy Benchmark Study 2020”, condotto da Cisco, sbugiarda questa idea e afferma con chiarezza che investire risorse sulla protezione e sulla riservatezza del dato trattato conviene. Lo studio in commento ha messo sotto la lente d’ingrandimento ben 2800 aziende in 13 diversi paesi, Italia inclusa. Da questo esame sono emersi elementi davvero interessanti: circa il 70% delle aziende nel 2020 (rispetto al 40% nel 2019), ha dichiarato di aver incrementato significativamente il proprio business a seguito dell’adeguamento alla normativa UE 679/2016. Non solo, tali aziende, avvalendosi di professionisti del settore, è andata oltre il semplice “adeguamento”. Vediamo perché.
La fiducia del cliente rappresenta il primo cardine su cui viene costruito il successo di un azienda. Al riguardo è evidente che la crescita di consapevolezza circa la rilevanza della privacy abbia alzato di molto l’asticella delle “pretese” da parte di ogni cittadino europeo.
Lo studio afferma in merito che le aziende europee godono di benefici pari a 2,7 volte il loro investimento iniziale e oltre il 40% di esse riesce a portare a casa un 100% in più rispetto a quanto economicamente investito in ambito privacy. Lo studio “Data Privacy Benchmark Study 2020” è attualmente alla sua terza edizione e come anticipato, rispetto all’anno scorso, le aziende che hanno tratto concreti benefici dai propri investimenti in ambito privacy sono passate dal 40% al 70%. Nel giro di un solo anno.
Investire in privacy per attrarre investitori
Altro utile parametro esaminato dallo studio è relativo alla maggiore attrattiva dell’azienda nei confronti di potenziali investitori che ne possano percepire la sensibilità e l’avanguardia rispetto ad altre. La corretta gestione dei flussi dei dati personali trattati, infatti, cammina di pari passo con l’avanzamento tecnologico degli strumenti che l’azienda utilizza giorno per giorno per far crescere il proprio business, determinando quindi il proprio vantaggio competitivo.
Maggiore responsabilità nella gestione dei dati vuol dire maggiori benefici. Le valutazioni per le aziende hanno un valore sempre maggiore. Sul punto lo studio, attraverso l’Accountability Wheel del “Centre for Information Policy Leadership” (una piattaforma che valuta la maturità organizzativa), ha estrapolato un risultato migliore per quelle aziende che, attraverso adeguati investimenti in tal senso, subiscono danni economici inferiori connessi alle violazioni, diminuzione dei ritardi nelle vendite e maggiori ritorni finanziari.
In Italia l’89% delle aziende valuta le certificazioni per la privacy come fondamentali in relazione alle decisioni di acquisto. Infatti, le ISO27701, l’US Privacy Shield ed altre stanno determinando in maniera sempre più netta le decisioni di acquisto nella scelta di un venditore.
Lo scenario futuro
Ogni azienda lungimirante dovrà quindi andare oltre il semplice adeguamento normativo al GDPR prevedendo un budget dedicato alla privacy per ogni singolo esercizio. Da quanto emerge dalla lettura di questo autorevole studio si può agevolmente concludere che la R.O.I. (return on investment) dell’investimento in ambito privacy sarà assicurata.
Tale investimento, resta inteso, dovrà comunque prevedere l’opportunità per l’azienda di certificarsi al fine di aumentare (se non raddioppiare) le proprie possibilità di vendita. Ancora, non andrà trascurato l’aspetto relativo all’incremento della fiducia Azienda-Cliente. Infatti dimostrarsi all’altezza di saper sapientemente trattare i dati personali ed i relativi flussi sarà, negli anni a venire, sempre più arduo.
Conclusione
In conclusione, i risultati di questo studio incoraggiano l’imprenditore che, con lungimiranza, ha già destinato una parte (anche piccola) del bilancio alla gestione aziendale della privacy, intesa nel suo significato più ampio, avendo già predisposto per l’adeguamento alla normativa ed iniziando a percepire quanto questo aspetto possa essere implementato nell’ottica di un aumento del volume d’affari prodotto.
Rendere la privacy una vera e propria risorsa aziendale farà si che la stessa costituisca un vero e proprio asset su cui poter contare nell’immediato futuro, un concreto vantaggio rispetto ad un competitor che invece ne ha sottovalutato le potenzialità (o si trova più indietro nella gestione della privacy aziendale).
Sulla scorta di quanto sopra, sono quindi auspicabili sempre maggiori investimenti in risorse economiche (ed umane) alla gestione della privacy: lo studio “Data Privacy Benchmark Study 2020” dimostra che il gioco vale la candela (e anche di più).