REGOLAMENTO UE

La liceità dei dati delle newsletter, con il GDPR: che c’è da sapere

La piena applicabilità del Regolamento UE 2016/679 sulla protezione dei dati personali ha interessato anche la liceità dei dati usati delle newsletter, ossia gli indirizzi email degli iscritti. Ecco come rendere GDPR compliant questo importante strumento di promozione on-line del proprio business

Pubblicato il 06 Feb 2019

Federica De Stefani

Avvocato diritto della Rete, Consulente GDPR e privacy

liceità dei dati delle newsletter guida

Uno dei maggiori problemi che il GDPR ha creato a chi utilizza, nella promozione on-line del proprio business, lo strumento della newsletter attiene alla liceità dei dati utilizzati, ossia degli indirizzi email.

La confusione generata in prossimità del 25 maggio in relazione a questo delicato aspetto ha portato gli operatori a scegliere tra due diverse soluzioni, completamente opposte tra di loro ed entrambe non solo estreme, ma nella stessa misura errate.

Così alcuni hanno optato per la cancellazione totale di qualsiasi mailing list, con la conseguente richiesta di un nuovo consenso in base alle nuove disposizioni normative; altri, invece, hanno continuato ad utilizzare le mail invocando giustificazioni di vario genere che, tuttavia, non avevano alcun fondamento giuridico.

In realtà il procedimento che doveva essere seguito riguardava unicamente l’analisi dettagliata e specifica dei dati, ossia dell’indirizzo email, con riferimento a 3 diversi aspetti, ovvero le modalità, la finalità e la data dell’acquisizione.

Liceità dei dati delle newsletter: modalità di acquisizione

Le modalità di acquisizione rappresentano senza dubbio l’elemento cardine di tutta l’analisi, in quanto è proprio da questo aspetto che si deve partire.

Indagare le modalità con le quali l’indirizzo è stato inserito nel database permette di capire se il trattamento possa essere considerato lecito o meno.

Non bisogna infatti dimenticare che le ipotesi in cui è l’interessato stesso che lascia volontariamente i propri dati per l’invio di comunicazioni commerciali e con finalità di marketing rappresentano solamente una delle possibili modalità con le quali gli indirizzi vengono acquisiti e vengono creati i database.

Se quindi l’acquisizione è avvenuta in modo corretto, ossia nel pieno rispetto della volontà dell’interessato, sarà possibile procedere oltre nell’analisi andando ad indagare le finalità per le quali lo stesso era stato originariamente rilasciato.

Può sembrare banale, ma le ipotesi nelle quali l’indirizzo email è stato inserito per così dire in maniera forzata nella mailing list aziendale sono ben più frequenti di quello che si possa pensare.

Senza pensare a quei casi in cui il dato è stato oggetto di trattamento illecito già alla base, come nel caso di “scambio” dei database da parte di operatori appartenenti allo stesso settore, ipotesi questa che rende superflua ogni considerazione proprio per l’illiceità dell’operazione, si considerino, per esempio, quei casi in cui la mail veniva di default inserita nella mailing list aziendale , solo perché acquisita in maniera lecita dall’azienda, ma, per esempio, per finalità diverse o senza, addirittura, specificare la finalità stessa.

La finalità di trattamento per i dati delle newsletter

L’acquisizione del dato in maniera corretta impone, in ogni caso, una valutazione della finalità (o delle finalità) per le quali lo stesso è stato acquisito.

Non è sufficiente che l’interessato abbia dato il proprio consenso al trattamento dei dati, è necessario verificare per cosa lo abbia rilasciato.

Non è così infrequente l’ipotesi in cui la finalità per la quale inizialmente il dato è stato richiesto sia cambiata nel tempo.

Ogni variazione delle finalità originarie rispetto a quella per la quale vengono trattati i dati rende necessario richiedere un ulteriore consenso in relazione alla nuova finalità.

Questo, tornando al caso di prima, significa che il dato acquisito dall’azienda non può essere utilizzato di default, ma dovrà rispettare la finalità dichiarata al momento dell’acquisizione.

Se, quindi, l’indirizzo email è stato fornito per la richiesta di informazioni, lo stesso non potrà essere utilizzato per l’invio di comunicazioni di marketing, salvo l’interessato non abbia rilasciato il consenso (ulteriore e specifico) per questa determinata finalità.

A questo punto, quindi, valutati sia le modalità di acquisizione sia le finalità è indispensabile procedere con il terzo elemento, anch’esso fondamentale per la valutazione della liceità del trattamento, ossia la data in cui è stato acquisito il consenso.

La tempistica per l’acquisizione del consenso al trattamento

Ultimo, ma non meno importante, l’elemento temporale è l’aspetto che chiude l’analisi dei dati acquisiti e inseriti nelle mailing list.

Bisogna considerare che il trattamento dei dati può avvenire per un tempo determinato e, pertanto, limitato ed è quindi indispensabile, a fronte di questo limite temporale, conoscere la data di acquisizione del dato.

È proprio da quest’ultima, infatti, che decorre il periodo entro il quale il dato correttamente acquisito può essere trattato.

Il periodo può essere di 12 o 24 mesi, ma in casi particolari è ammessa una proroga che viene concessa dall’Autorità Garante previa richiesta in tal senso.

Si annoverano, per esempio, casi nei quali il limite temporale per l’invio di newsletter con finalità di marketing è stato esteso a 7 anni in ragione della particolare categoria di beni prodotti dall’azienda (nello specifico, beni di lusso) che non vengono acquistati con frequenza e pertanto il termine massimo per il trattamento è stato prorogato appunto a 7 anni.

Gestione delle newsletter prima e dopo il GDPR

Come visto l’analisi dei dati acquisiti ante 25 maggio porta a fare valutazioni che non sempre hanno esito positivo e non consentono quindi l’utilizzo dei dati in questione.

Si aggiunga che questa valutazione deve affiancare anche una considerazione pratica che riguarda le modalità con le quali sono state create e gestite le mailing list prima del GDPR.

Molto spesso ci si è indignati perché il Regolamento Europeo è stato indicato come l’unico responsabile dell’impossibilità dell’utilizzo di alcuni dati, quando in realtà l’inutilizzabilità di certi dati dipendeva da fattori diversi, tra i quali le modalità di acquisizione e gestione degli stessi.

Se è vero che in alcune realtà gli indirizzi mail erano addirittura diverse migliaia, e quindi l’applicazione del GDPR faceva sorgere qualche paura, dall’altro lato bisogna considerare che indirizzi “vecchi” ormai di diversi anni non potevano essere più considerati come strumento attivo ed efficace dell’azienda, proprio perché anche nel sistema previgente il dato aveva una utilizzabilità limitata temporalmente.

Il principio di minimizzazione per l’invio delle newsletter

Ultima considerazione con riferimento alla liceità dei dati richiesti e utilizzati per l’invio di newsletter.

L’analisi relativa a modalità, finalità e tempistiche di acquisizione condotta fino a questo punto riguarda i dati acquisiti nel vigore del vecchio D.lgs. 196/2003, mentre un discorso particolare deve essere effettuato per quelli acquisiti dopo il 25 maggio.

Il GDPR è chiaro nell’indicare il principio di minimizzazione dei dati in base al quale è necessario acquisire unicamente i dati indispensabili per il raggiungimento della finalità.

Con riferimento alle newsletter, questo significa che andranno richiesti unicamente i dati necessari per l’invio della stessa e, pertanto, a livello pratico questo si traduce nella possibilità di richiedere unicamente l’indirizzo email, con l’opzione di inserire anche il nome laddove si volesse personalizzare il messaggio di invio.

Risultano pertanto non in linea con le disposizioni del GDPR tutti quei form per l’iscrizione alle newsletter che richiedano dati ulteriori, come per esempio indirizzo e telefono, dati evidentemente non indispensabili per l’invio di messaggi informativi o promozionali via mail.

In conclusione

L’invio di newsletter, per quanto operazione semplice e tecnicamente non complessa, presuppone un’analisi dei dati raccolti e utilizzati che impone l’adozione di sistemi particolari che tengano traccia degli elementi fondamentali (modalità, finalità e tempistiche dell’acquisizione) che consentano di verificare di volta in volta la liceità del trattamento, elemento che varia per ogni singolo dato analizzato.

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