Nei giorni scorsil’ANAC ha pubblicato le risultanze della rilevazione effettuata lo scorso dicembre rivolta all’adesione volontaria e anonima di tutti i soggetti – sia del settore pubblico che del settore privato – che, in attuazione della direttiva UE sul whistleblowing, sono tenuti ad attivare il canale interno di segnalazione.
Sulla base delle risultanze, l’ANAC potrà ora vagliare l’emanazione di “orientamenti di carattere generale con particolare riferimento ai canali interni di segnalazione”.
Di seguito si propongono prime riflessioni su alcuni degli aspetti di maggior rilievo emersi dall’indagine, per poi prospettare alcune ipotesi di intervento che potrebbero agevolare il consolidamento dello strumento in parola.
Indice degli argomenti
Whistleblowing: punti salienti del monitoraggio ANAC
Va premesso che alla rilevazione ha partecipato un numero contenuto, ma comunque articolato per settore e dimensioni, di soggetti sia pubblici (319) che privati (213), oltre a un’associazione datoriale e a quattro soggetti non riconducibili a uno specifico ente.
Sebbene il campione possa quindi non essere statisticamente rappresentativo della effettiva situazione nazionale, le risultanze sono comunque di interesse in quanto fanno emergere una situazione ancora in itinere e per alcuni versi con non allineata al D.lgs. 24/2023 di attuazione della direttiva UE sul whistleblowing.
Nomina del Responsabile prevenzione della corruzione e trasparenza
Premesso che nel settore pubblico, ai sensi dell’art. 4.5 del D.lgs. 24/2023, è al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) che va affidata la gestione del canale di segnalazione whistleblowing, l’ANAC evidenzia che un (limitato) gruppo dei soggetti pubblici partecipanti al monitoraggio ha erroneamente dichiarato di non essere tenuto alla nomina del RPCT, per essendo ciò previsto dalla legge 190/2013 sulla prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione.
Ciò suscita molte perplessità sulla piena consapevolezza della materia nella P.A.: salvo che sia stato mal interpretato il quesito posto, tale risposta rappresenta fonte di preoccupazione e non solo per il whistleblowing quanto per il fatto che il RPCT presiede a rilevanti adempimenti sui versanti dell’anticorruzione e della trasparenza della PA.
In un numero limitato di casi, poi, quando al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza è stata affiancata una struttura di supporto per la gestione delle segnalazioni (è ed un aspetto che ne potenzia le funzioni), alcuni enti hanno dichiarato di non aver autorizzato i relativi componenti al trattamento dei dati: è auspicabile che vi provvedano con solerzia.
Segnalazioni anonime
Solo una parte deipartecipanti alla rilevazionedichiarano di aver ricevuto segnalazioni della specie; in gran parte questevengono trattate come segnalazioni whistleblowing in luogo dell’assoggettamentoal trattamento ordinario previsto dalle procedure interne, come suggerito dalle Linee guida ANAC sul whistleblowing.
Ciò è apprezzabile in quanto: i) appare più garantista comportando ciò direttamente l’applicabilità delle tutele per il segnalante e ii) consente di attivare lo specifico iter di gestione della segnalazione per la fattispecie segnalata.
Condivisione del canale interno di segnalazione
Il D.lgs. 24/2023 prevede due categorie di soggetti, pubblici e privati, per i quali è possibile procedere alla condivisione del canale interno: i comuni non capoluogo di provincia e gli enti privati fino a 249 addetti nella media dell’organico dell’anno precedente.
L’ANAC nelle proprie Linee guida ritiene poi applicabile tale possibilità anche ai soggetti pubblici di minori dimensioni, individuabili con quelli sotto la soglia dimensionale di cinquanta dipendenti indicata dal legislatore per l’adozione del Piano Integrato di Attività e Organizzazione (PIAO).
Dalla rilevazione emerge la prevalente scelta (75% settore pubblico e 58% nel privato) di non ricorrere a un canale condiviso; viceversa, alcuni enti privati con più di 249 dipendenti hanno riferito di aver condiviso il canale, pur non essendo previsto dal D.lgs. n. 24/2023: potrebbe trattarsi di soggetti che fanno parte di gruppi e, in tal caso, andrebbero indirizzati a un diverso assetto quale l’assegnazione della gestione a un soggetto esterno (ma facente parte del gruppo) piuttosto che alla condivisione.
Occorre, quindi, che le organizzazioni interessate provvedano per la relativa sistemazione.
Afflusso delle segnalazioni
La percentuale di organizzazioni che hanno ricevuto segnalazioni whistleblowing è risultata contenuta (17% nel pubblico e 30% nel privato); in prevalenza le segnalazioni sono originate da propri dipendenti.
Ciò potrebbe riflettere una scarsa diffusione informazione in generale su tale strumento e in particolare verso i soggetti esterni (ad es. dipendenti di fornitori o consulenti) abilitati alle segnalazioni.
Tempi di lavorazione
Sia nell’area pubblica che in quellaprivata, la gran parte delle organizzazionisegnalanti non ha manifesto problematiche sui tempi di gestione delle segnalazioni.
Alcune difficoltà sono state evidenziate ad es. per la complessità della questione da esaminare e, in via residuale, anche per la carenza di personale da adibire a tale attività.
Assetto del canale di segnalazione interno
Si tratta di un aspetto centrale per l’esercizio in sicurezza del whistleblowing. Il D.lgs. 24/2023 prevede che l’interessato debba poter effettuare segnalazioni scritte, anche in modalità informatica nonché in forma orale (tramite linee telefoniche, forme di messaggistica o con incontro diretto).
Assetto del canale di segnalazione interno: settore pubblico
I due terzi dei soggetti pubblici hanno dichiarato di avvalersi di una piattaforma IT. Tramite analisi dell’URL, l’ANAC evidenzia come nella quasi totalità dei casi le PA si avvalgono di una “piattaforma messa a disposizione da Transparency International Italia” (con l’intervento di due ulteriori soggetti collegati, come si desumere dalla documentazione online), un’associazione di promozione sociale (APS) impegnata sulla tematica della corruzione e inoltre inclusa, previa convenzione stipulata con l’ANAC, nell’elenco degli enti del Terzo settore che, ai sensi dell’art. 18 del D.lgs. 24/2023 forniscono alle persone segnalanti misure di sostegno, a titolo gratuito.
Atteso il possibile duplice ruolo di tale APS: i) di fornitore della piattaforma per l’ente (verso cui sarà responsabile del trattamento) e ii) ove richiesto, di soggetto che fornisce sostegno al segnalante (nei cui confronti sarà titolare del trattamento), i relativi processi dovranno essere attentamente impostati per evitare sovrapposizioni e garantire by design e by default la riservatezza del segnalante e degli altri soggetti coinvolti.
Diverse le motivazioni addotte dagli enti che non hanno adottato una piattaforma informatica, fra cui:
- carenza di personale specializzato da dedicare alla gestione della piattaforma (fra questi anche enti di grandi dimensioni);
- la affermazione delle non necessità dell’istituzione, anche per via delle esigue dimensioni dell’ente;
- risorse economiche insufficienti per attivare la piattaforma sia autonomamente che ricorrendo a fornitori esterni cui affidarsi per l’attivazione della piattaforma informatica.
Inoltre, una componente del campione pubblico ha dichiarato di aver previsto modalità diverse dalla piattaforma perché non riceve segnalazioni.
Quanto alle altre modalità di segnalazione scritta, unitamente o meno alla piattaforma IT, limitando qui l’analisi a PEC e PEO, il 33% degli enti si avvalgono della PEC e il 41% della PEO.
Peraltro, solo una quota minoritaria di enti ha previsto misure di sicurezza aggiuntive con riferimento a tali canali quindi senza raccogliere l’indicazione presente nelle Linee guida ANAC secondo cui “La posta elettronica ordinaria e la PEC si ritiene siano strumenti non adeguati a garantire la riservatezza”.
Circa il canale orale, questo è dichiarato come poco preferito dai whistleblower Ove messo in atto tale canale, si provvede a organizzare l’incontro diretto con il segnalante in una sede riservata, eventualmente esterna a quella dell’organizzazione, in modo da garantire la riservatezza del segnalante e del contenuto della segnalazione.
Va evidenziato, tuttavia, che vi è ancora una buona percentuale di soggetti, il 52%, che ha dichiarato di non aver previsto la possibilità di fare segnalazioni orali.
Assetto del canale di segnalazione interno: settore privato
Non molto divergente che nel pubblico la quota (60%) degli enti privati partecipanti che hanno adottato una piattaforma informatica per il whistleblowing. Previa analisi degli URL, disamina l’ANAC evidenzia che è stato fatto ricorso a diverse soluzioni offerte da operatori del settore, fra cui quella sopra menzionata per la PA, ma risultano dichiarate anche piattaforme sviluppate ad hoc dai singoli enti.
Rispetto alle caratteristiche della piattaforma in uso, questa è, nella maggioranza dei casi: i) acquisita in forma di servizio cloud, ii) è specificamente progettata per gestire segnalazioni di whistleblowing, iii) cifra sia i dati in transito che i dati a riposo, iv) prevede specifiche funzionalità per agevolare l’applicazione dei requisiti di privacy nonché per la gestione del processo di lavorazione della segnalazione.
Quanto alle altre modalità di segnalazione scritta, unitamente o meno alla adozione di una piattaforma IT, il 23% dei rispondenti prevede la PEC e il 31% la PEO.
Circa due terzi dei soggetti del settore privato ha pure previsto la possibilità di effettuare segnalazioni orali. Come nel comparto pubblico, anche qui risulta un comportamento analogo da parte dei segnalanti ovvero che prediligono la forma scritta.
Con riguardo al gestore del canale di segnalazione, dalla disamina svolta emerge che i soggetti coinvolti sono stati individuati spesso in: OdV, RPCT, Responsabile delle risorse umane, Responsabili compliance e internal audit, Comitato WB, Comitato etico, Uffici legali. In altri pochi casi si è fatto riferimento anche a soggetti esterni (in tal caso prevale l’affidamento ad una persona fisica, come: consulente, avvocato).
Quanto, infine, ai compiti assegnati al gestore e alle modalità di coordinamento tra quest’ultimo e gli uffici interni all’amministrazione/ente da quanto evidenziato dall’ANAC non sembrerebbe sempre garantita autonomia, indipendenza e imparzialità all’attività del gestore fra l’altro quando l’eventuale segnalazione riguardasse soggetti come i vertici aziendali e/o organi di controllo chiamati a supervisionare l’azione del gestore.
Quanto agli aspetti privacy, non tutti i soggetti hanno specificato che il coinvolgimento di altri uffici/soggetti avviene nel rispetto della normativa in materia.
Procedura di segnalazione
A differenza di quanto indicato nelle Linee guida ANAC non sempre: a) la procedura di gestione delle segnalazioni è stata definita mediante apposito atto organizzativo e b) sono state sentite le OO.SS. come previsto dal D.lgs. 24/2023.
Formazione
La maggior parte delle amministrazioni pubbliche e degli enti privati dichiara di aver pianificato (o comunque che intende farlo) iniziative formative a favore del personale per divulgare le finalità dell’istituto del whistleblowing e la procedura per il suo utilizzo; risulta poi una quota del 25% nel pubblico e del 12% nel settore privato che non intenderebbe neanche attivarsi al riguardo.
Meno rilevante si palesa, poi, l’attenzione formativa sul canale orale delle segnalazioni.
Situazione in itinere per l’affermazione del whistleblowing
In sintesi, emerge una situazione ancora in itinere per l’affermazione del nuovo whistleblowing formato “europeo”: il processo ancora non risulta ad un adeguato livello di maturità e diverse non compliance si rilevano – e anche non secondarie – sia nel settore pubblico, che peraltro dovrebbe avere maggior confidenza con questo istituto, sia nel settore privato.
Compete ora all’ANAC definire le azioni per accompagnare le organizzazioni ad una tempestiva e compiuta adesione alle norme e alle indicazioni delle proprie Linee guida, superando i diversi aspetti dissonanti.
La legge ha rafforzato l’ANAC – con incremento della pianta organica e risorse per impostare una propria piattaforma per le gestione, a valle, delle segnalazioni esterne – e ha anche previsto poteri sanzionatori per le diverse inottemperanze; fra queste vi è il caso in cui “non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni ovvero che l’adozione di tali procedure non è conforme” alle previsioni del D.lgs. 24/2023.
Pertanto, è auspicabile che il sistema vada a regime presto senza dover necessitare dell’intervento sanzionatorio dell’Authority.
Ma anche le diverse organizzazioni possono trarre spunto dal documento in esame per perseguire un miglioramento, ove necessario, delle proprie scelte.
Azioni da intraprendere per l’affermazione del whistleblowing
Con la finalità di fornire spunti alle azioni da intraprendere, si sottopone al vaglio dell’ANAC e nel contempo si richiama l’attenzione dei soggetti tenuti a osservare il whistleblowing sui seguenti aspetti.
Piattaforma informatica e altri canali
L’art. 4 del d lgs 24/2023 prevede che “Le segnalazioni sono effettuate in forma scritta, anche con modalità informatiche, oppure in forma orale” e “canali di segnalazione, che garantiscano, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza”.
Dalla locuzione utilizzata non emerge l’obbligo di adottare un piattaforma IT per consentire segnalazioni in modalità informatica (mentre è specifica l’indicazione dell’art. 7 sul fatto che l’ANAC impianti una piattaforma informatica per il proprio canale esterno).
Nelle proprie Linee guida l’ANAC fa intendere che per il canale interno debba essere impiantata una piattaforma e, in maniera più netta, nel documento in esame parla dell’”obbligo di attivare una piattaforma come previsto dal D.lgs. n. 24/2023”.
A fronte della situazione emersa, atteso che la modalità informatica citata dal d lgs 24/2023 potrebbe anche essere limitata a comunicazioni elettroniche (crittografate, articolate in maniera tale da non consentire la identificazione del mittente ad es. tramite l’indirizzo IP o i metadati), sarebbe opportuno se non necessario un chiarimento dell’ANAC che sciolga i dubbi sulla obbligatorietà di una piattaforma informatica (che andrebbe considerata la soluzione first best anche per i maggiori margini di sicurezza perseguibili) o sulla sola preferenzialità della sua adozione.
Inoltre, appare opportuno anche chiarire se vi sia la possibilità e non l’obbligo per l’organizzazione interessata di impostare – a regime – entrambe le due modalità scritte (modalità informatica o su supporto cartaceo) ovvero se sia sufficiente adottarne almeno una delle due, fermo restando che occorre mettere a disposizione dei segnalanti anche il canale orale. Sulla materia si rimanda, a titolo esemplificativo, all’attuale procedura whistleblowing del Garante privacy docweb 9967753 .
Con riguardo alle risposte formulate per le modalità di segnalazione cartacea e orale, parimenti, sarebbe utile che l’ANAC fornisca specifiche indicazioni circa le prassi improntate sull’uso di PEC e PEO – presentate come non atte a garantire la riservatezza – ove adottate senza misure aggiuntive di protezione – e sollecitare, ove non ancora attivato, il canale orale a favore del whistleblower.
Quale che sia il canale disponibile / utilizzato dal segnalante, occorrerà poi comunque provvedere i) sempre tutelando la riservatezza del segnalante, circa le comunicazioni previste all’art. 5 del d lgs 24/2023: rilascio di ricevuta, interlocuzione, comunicazione dell’esito e ii) gli adempimenti afferenti alla privacy (compilazione del Registro, informativa privacy, policy retention, formalizzazione del rapporto con terzi quali responsabili del trattamento).
Oltre la formazione
L’ANAC ben sottolinea che la formazione è importante e costituisce una misura di prevenzione della corruzione. Dai dati sul volume delle segnalazioni, la facoltà di ricorrere al whistleblowing non sembra essersi radicato nella platea dei potenziali soggetti segnalanti: una azione formativa sulle diverse connotazioni del whistleblowing appare quindi senz’altro necessaria.
Ma occorrerebbe anche che i Vertici delle organizzazioni si facessero promotori di tale istituto che rappresenta un`estensione del diritto di libertà di espressione, come dice l’ANAC, e di partecipazione civica alla vita dell’organizzazione e, di riflesso, della società.
Il whistleblowing, con la sponsorship del Vertice, può rappresentare un importante anticorpo alla corruzione e incentivare un ambiente di controllo e un ethos organizzativo integro e responsabile.
Andrebbe quindi, con opportune campagne anche informative promosso il ruolo del whistleblowing come componente dell’assetto deisistemi di controllo dell’organizzazione, in quanto permette di rilevare – con l’apporto bottom up, dal basso, dei diversi addetti – , scoperture e failures nei processi dell’organizzazione, su cui poter poi intervenire per aumentare la sicurezza dei processi.
Ruolo delle OO.SS.
Suscita senz’altro perplessità che alcune organizzazioni, pubbliche come private, dichiarino di non aver sentito le OO.SS. in occasione dell’impianto del sistema.
Il whistleblowing, in quanto processo aperto al contributo di tutte le parti coinvolte, valorizza l’apporto di garanzia e tutela che le OO.SS. sono chiamate a fornire in merito ai diritti di cittadinanza organizzativa dei lavoratori; non solo nella fase di costituzione del canale interno ma anche in quella di contrasto a eventuali azioni: i) tese a impedire o stigmatizzare il whistleblowing e ii) ritorsive di cui venissero rese edotte (ancorché senza più avere, con la nuova norma, la potestà di denunciarle all’ANAC).
Infine, con riguardo alla figura del RPCT, andrebbe assunta ogni opportuna iniziativa per far sì che tutte le entità pubbliche che vi sono tenute procedano alla relativa nomina in modo che la lotta alla corruzione possa giovarsi anche dell’apporto del qualificato apporto di tale soggetto.
Le opinioni espresse sono a titolo esclusivamente personale e non coinvolgono ad alcun titolo l’Istituto pubblico ove presta servizio.