Dal 1 gennaio 2023 è entrata in vigore la riforma della giustizia (“Cartabia”, dal nome della Ministra della Giustizia che ha promosso la riforma), con importanti ripercussioni anche sull’esercizio del diritto all’oblio: nei tre giorni successivi alla conclusione favorevole del processo (o del procedimento) penale, l’interessato potrà chiedere ed ottenere un provvedimento di deindicizzazione proprio dalla cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza di assoluzione o il decreto di archiviazione.
Interessanti le dinamiche processuali che verranno a instaurarsi. Da notare che è possibile chiedere anche una deindicizzazione preventiva, ossia obbligo a rendere non raggiungibili dai motori di ricerca tutti gli articoli che saranno scritti da quel momento in poi (oltre a quelli già scritti).
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Il diritto all’oblio e la deindicizzazione dai motori di ricerca
La novità si inserisce all’interno di una cornice giuridica consolidata.
Il diritto all’oblio è sancito dall’articolo 17 del Regolamento UE 16/678 (GDPR) ed è denominato “diritto alla cancellazione”; la fonte europea, sul punto determina il diritto soggettivo di ogni cittadino europeo alla cancellazione dei propri dati dagli archivi di ogni titolare del trattamento, a condizioni date.
La problematica, in linea teorica, non sussisterebbe, se non fosse per la pervasività degli archivi informatici e per la pervasività della cronaca giudiziaria nei media tradizionali ed online.
Ciascuno, infatti, può chiedere – ed ottenere, ragionevolmente – la rimozione dei propri dati al titolare del trattamento (ad esempio, un quotidiano), ma non per questo il suo nome verrà “cancellato” dai motori di ricerca e dai risultati ad esso associati, come, per esempio, articoli o servizi giornalistici.
La giurisprudenza della Cassazione e della Corte di Giustizia dell’Unione europea hanno stabilito che, di regola, non è possibile imporre alle testate giornalistiche la rimozione degli articoli collegati ad un nome.
L’unica soluzione percorribile è la deindicizzazione della notizia dai motori di ricerca: in altri termini, un “ordine” dato ai motori di ricerca di non “mostrare” più i risultati di cui l’interessato ha chiesto l’oscuramento.
Il problema è costituito dal percorso a ostacoli che un soggetto deve affrontare per ottenere la deindicizzazione: in un primo momento, infatti, era necessario un provvedimento del giudice (civile) o dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, con contenziosi, spesso, molto lunghi ed onerosi.
Emendamento Costa sul diritto all’oblio: deindicizzazione per gli imputati assolti e per gli indagati con decreto di archiviazione
Qui interviene la riforma Cartabia, ed in particolare l’emendamento voluto da Enrico Costa, (Azione) e Riccardo Magi (Radicali e +Europa), trasfuso nell’articolo 1, comma 25, della legge 134/2021 che, a sua volta, ha portato al testo dell’articolo 64 ter delle Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.
L’articolo 64 ter (rubricato “Diritto all’oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini”) presenta un disposto lungo e dettagliato:
- «1. La persona nei cui confronti sono stati pronunciati una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero un provvedimento di archiviazione può richiedere che sia preclusa l’indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete internet, dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
- 2. Nel caso di richiesta volta a precludere l’indicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone e sottoscrive la seguente annotazione, recante sempre l’indicazione degli estremi del presente articolo: “Ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, è preclusa l’indicizzazione del presente provvedimento rispetto a ricerche condotte sulla rete internet a partire dal nominativo dell’istante.”
- 3. Nel caso di richiesta volta ad ottenere la deindicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone e sottoscrive la seguente annotazione, recante sempre l’indicazione degli estremi del presente articolo: «Il presente provvedimento costituisce titolo per ottenere, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, un provvedimento di sottrazione dell’indicizzazione, da parte dei motori di ricerca generalisti, di contenuti relativi al procedimento penale, rispetto a ricerche condotte a partire dal nominativo dell’istante».
Il provvedimento, quindi, è del cancelliere e non del giudice; scelta, questa, che dovrebbe garantire la celerità dell’emissione del provvedimento.
Il provvedimento della cancelleria non appare impugnabile – almeno, non sono previsti mezzi di impugnazione specifici; in caso di inottemperanza da parte della cancelleria, sembra ipotizzabile un ricorso per ottemperanza avanti la Tar.
Interessante notare che oggetto della richiesta possa essere tanto l’inibitoria alla indicizzazione (quindi di futuri articoli), quanto la deindicizzazione, risolvendo una problematica processuale concreta per l’indagato che abbia ottenuto il decreto di archiviazione.
L’inibizione alla deindicizzazione copre quei casi in cui gli articoli sono scritti in contemporanea all’assoluzione o archiviazione. Ad esempio articoli che danno la notizie di indagini su una persona con la specifica che però il fascicolo è stato archiviato.
La procedura successiva all’emanazione del provvedimento andrà mutuata dalla casistica giurisprudenziale: a chi e come effettuare le notifiche e come procedere in caso di mancata deindicizzazione da parte dei soggetti cui il provvedimento sarà stato notificato.
Conclusioni
Per quanto la Federazione Nazionale Stampa Italiana (FNSI) si sia detta contraria a “questo” diritto all’oblio, la norma è sacrosanta.
Sacrosanta ma monca: non sono infatti previsti rimedi specifici per altre situazioni diverse dall’esito fausto – per l’indagato/imputato – del procedimento penale, come le ipotesi di risalenza nel tempo e decadimento di interesse della notizia o nelle ipotesi di intervenuta riabilitazione, pacificamente ammesse in giurisprudenza come casi in cui l’interessato può ottenere la deindicizzazione.
Per tutti questi casi valgono le norme precedenti su diritto all’oblio – che come da recente sentenza della Cassazione può essere imposto a livello globale ai motori di ricerca – con tempi più lunghi.
Bisognerà inoltre vedere come questo diritto all’oblio riformato si applicherà in effetti nei casi di personalità pubbliche, dove c’è rilevanza oggettiva delle indagini. La normativa europea stabilisce comunque che il diritto di cronaca prevale se il fatto è rilevante ancora per l’interesse pubblico.
Diritto all’oblio e diritto di cronaca: quale deve prevalere
Lo stesso Costa ha dichiarato: “Ma questa norma non interessa i processi di persone estremamente in vista e popolari, ma soprattutto le persone semplici che vanno a cercare un lavoro e potrebbero non ottenerlo perché da una ricerca in rete di chi gli fa l’indagine compare subito la notizia della sua indagine benché sia stato assolto”.
Il passo avanti grazie alla Cartabia è, comunque, evidente.