Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro Giorgetti, il 21 gennaio 2022 ha approvato la lungamente attesa (almeno dal 2018) riforma del Registro Pubblico delle Opposizioni – RPO, abrogando e sostituendo il vigente DPR 178/2010. Si attende ora la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per la sua effettività. L’iter è stato travagliato: è dalla legge 5/2018, introduttiva di svariate modifiche (come i prefissi obbligati per le chiamate a fini commerciali) a cui mancava il tassello fondamentale, che si dibatteva sulla nuova disciplina operativa del Registro stesso, sì da renderlo completamente applicabile e più efficace nel contrasto alle chiamate indesiderate.
Chiamate che continuano a proliferare tuttora, tra mille polemiche e continue sanzioni agli operatori, ed ecco giustificata l’estensione a tutti i numeri di telefonia. A fronte di ciò, oltre ai punti di merito, la riforma abroga le precedenti possibili sanzioni pecuniarie adottando quelle più dissuasive (si auspica) del GDPR (cioè fino a 20 milioni di euro o al 4% di fatturato) fino alla sospensione o – nelle ipotesi più gravi – la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività.
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RPO, quando entrano in vigore le modifiche
Segnaliamo che l’applicazione di questa riforma – a far data dalla pubblicazione in G.U., pendente – avrà luogo 120 giorni dopo tale pubblicazione, con effetto non oltre la fine di luglio 2022: per consentire a tutti gli operatori di adeguarsi alle nuove disposizioni, dalla predisposizione ed attivazione delle modalità tecniche ed operative di iscrizione alla verifica delle liste di contatti da parte degli operatori.
Come si può facilmente intuire, la riforma avrà un impatto organizzativo significativo per la gestione del RPO, con un finanziamento previsto di quasi un milione di euro, oltre ad abbinarsi a una doverosa campagna informativa presso la popolazione circa le novità e maggiori tutele di uno strumento che resta comunque a iscrizione volontaria.
Registro pubblico delle opposizioni, come funziona
Il funzionamento di base del Registro è immutato, come previsto dall’art. 130 c. 3-bis del Codice per la protezione dei dati personali: l’utente (ora “contraente” nel DPR, comprensivo di persone fisiche, giuridiche, enti ed associazioni – si badi che invece la l. 5/2018 usa la dizione di “interessati” del GDPR, cioè sole persone fisiche, prospettando alcune incertezze interpretative…) contatta la Fondazione Ugo Bordoni presso il sito web dedicato al RPO e iscrive nel Registro il proprio numero telefonico o indirizzo postale (le modalità per farlo sono plurime: dall’email al contatto telefonico), il quale dovrà essere verificato dagli operatori professionali prima di ogni campagna marketing e comunque ogni 15/30 giorni.
I numeri/indirizzi ivi presenti (c.d. black list) non potranno essere contatti dagli operatori per fini marketing, dovranno essere filtrati dai propri dataset tramite verifica obbligata del RPO. Per gli operatori le attività sul RPO hanno un costo, per gli utenti no.
La titolarità della gestione del RPO è del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) che lo può affidare a terzi, come accade ancora adesso con la Fondazione Ugo Bordoni.
L’ambito applicativo
In forza della riforma, ora saranno oggetto di tutela: i numeri telefonici fissi (sia presenti in elenchi pubblici che riservati), i numeri telefonici mobili, gli indirizzi postali. In precedenza erano compresi solo i numeri telefonici presenti negli elenchi pubblici (dal c.d. data base unico – “DBU”) e si era esteso agli indirizzi postali.
Quanto alle forme di marketing, ne sono dunque oggetto la posta cartacea e le chiamate telefoniche, sia con operatore che automatizzate (c.d. robocall, ad es. con messaggi registrati).
L’estensione alle chiamate automatizzate è da precisare, in quanto oggetto di passato confronto tra Garante e AGCOM e sfociata in modifica della l. 5/2018 con DL 139/2021. Il Garante ha infatti chiarito nel suo recente parere che tale estensione comprende sì la tutela alle chiamate automatizzate, le quali restano però soggette al regime di opt-in (dunque del consenso preventivo). Mentre le chiamate con operatore restano soggette all’opt-out, effettuabili ugualmente senza consenso (ergo sulla base di un legittimo interesse). Entrambe le tipologie di contatto saranno bloccate con l’iscrizione in RPO, a valere quale opposizione o revoca di consenso che sia.
Ricordiamo che oggetto vietato delle comunicazioni possono essere messaggi promozionali di varia tipologia: invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta, compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.
Obblighi informativi degli operatori
Quanto alle chiamate commerciali, come anticipato si dovranno ora effettuare con i prefissi (0843 e 0844) riservati dalla l. 5/2018 a tali fini, oltre comunque a garantire la presentazione dell’identificazione della linea chiamante.
Al momento della chiamata (oppure all’interno del materiale, se inviato tramite posta cartacea) ora vigerà un preciso onere informativo a carico dell’operatore:
- specificare che i dati personali sono stati estratti legittimamente dagli elenchi di contraenti o da altra fonte;
- indicazioni utili per l’eventuale iscrizione del contraente al RPO, quale forma di opposizione/revoca del consenso.
Si può attendere un intervento in merito del Garante che possa precisare meglio le modalità e contorni di questo obbligo informativo, comunque rispondente a quanto previsto dall’art. 12 c. 7-8 GDPR.
L’effetto della revoca
Abbiamo detto dell’iscrizione da parte dell’utente: che effetti conseguono? Non poco, visto che si tratta di un “azzeramento” retroattivo: vale come revoca di qualsivoglia (eventuale) consenso precedente e opposizione a eventuali future comunicazioni (in mancanza di consenso), ai fini di marketing ovviamente. L’iscrizione è a tempo indeterminato e si può rinnovare, con l’effetto di revocare i consensi eventualmente prestati nel lasso di tempo dalla precedente iscrizione fino al rinnovo. Così come è possibile revocare la propria opposizione, verso uno o più operatori (selettivamente) o tutti indistintamente.
Valgono però due eccezioni: (i) i consensi resi in costanza di rapporti contrattuali in essere e (ii) nei 30 giorni seguenti alla cessazione di rapporti contrattuali. Ad es. in costanza di servizio contrattuale di telefonia con l’utente, il gestore telefonico potrà opporre il consenso ottenuto in precedenza per non dover rispettare l’eventuale iscrizione al RPO. I 30 giorni seguenti alla sua cessazione, invece, paiono lasciati all’operatore per cercare di ri-stipulare un contratto con l’utente, ri-ottenere i consensi marketing e così poterli far prevalere contro il Registro.
Oltre a ciò, fin dalla l. 5/2018 sono vietati, con qualsiasi forma o mezzo, la comunicazione a terzi, il trasferimento e la diffusione di dati personali degli interessati iscritti al RPO, per gli scopi già detti: di pubblicità o di vendita, per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale non riferibili alle attività, ai prodotti o ai servizi offerti dal titolare del trattamento. In caso di cessione a terzi di dati relativi alle numerazioni telefoniche, il titolare altresì è tenuto a comunicare agli interessati gli estremi identificativi dei terzi a cui sono trasferiti.
RPO, cosa resta da fare
Non è finita qui, vi è ora l’attesa per il Decreto del MISE (da emanarsi entro 60 giorni dalla pubblicazione in G.U.) che definisca le modalità (anche di sicurezza) di “importazione” dei numeri di telefono fissi riservati nel RPO (per ora, come visto, contenente solo i numeri in elenchi pubblici), travasandoli dagli elenchi riservati degli operatori telefonici. Come da decreto, questo ne comporterà l’automatica iscrizione nel RPO.
Inoltre, entro 30 giorni dalla data di pubblicazione, si dovrà provvedere allo svolgimento e di una consultazione dei principali operatori e delle associazioni dei consumatori rappresentate nel Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti, sia a fini informativi che di previsione della portata tecnica dell’entrata a regime del RPO.
Andrà adeguato parimenti il decreto delle tariffe per gli operatori, con importi differenziati per pacchetti di numerazioni; al momento vige il DM del 20 gennaio 2020 (la revisione avrebbe dovuto essere annuale). Si spera che nei mesi mancanti all’entrata in vigore della riforma gli operatori non sfidino la pazienza degli utenti cercando di dare fondo, in maniera sfacciata, alle ultime possibilità del regime vigente. In tal senso sarà fondamentale un occhio vigile del Garante.