PRIVACY

Regolamento Europol, interviene il Garante europeo: a rischio la certezza del diritto per i dati personali

Dopo aver espresso le proprie preoccupazioni circa il contenuto delle modifiche introdotte al Regolamento Europol, l’EDPS ha ora richiesto alla Corte di Giustizia UE di annullare due disposizioni che minerebbero gravemente la certezza del diritto per i dati personali delle persone. Facciamo chiarezza

Pubblicato il 27 Set 2022

Marina Rita Carbone

Consulente privacy

Regolamento Europol interviene l'EDPS

Il Garante europeo per la protezione dei dati personali (EDPS, European Data Protection Supervisor) ha richiesto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di annullare due disposizioni del Regolamento Europeo, recentemente modificato ed entrato in vigore il 28 giugno 2022.

Dette disposizioni, a detta del GEPD, non potrebbero ritenersi lecite in quanto impattano fortemente sulle operazioni sui dati personali effettuate in passato da Europol, e “minano gravemente la certezza del diritto per i dati personali delle persone”, minacciando anche l’indipendenza dello stesso GEDP, nella sua qualità di Autorità garante delle istituzioni, organismi, uffici e agenzia europee.

Tutela dei dati personali e altri diritti: ecco perché servono contemperamento ed equilibrio

Il nuovo Regolamento Europol

Già nel giugno 2022, il GEPD aveva espresso le proprie preoccupazioni circa il contenuto delle modifiche introdotte al Regolamento Europol, in quanto le stesse indebolivano il diritto fondamentale alla protezione dei dati e non garantivano “un controllo adeguato dell’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione tra le forze dell’ordine (Europol)”.

Le modifiche introdotte al Regolamento (UE) 2022/991, infatti, ampliano il mandato di Europol in riferimento allo scambio di dati personali con soggetti privati, l’uso dell’intelligenza artificiale e il trattamento di grandi insiemi di dati.

Come riportato nel comunicato di EDPS del 27 giugno 2022, “l’Europol è ora autorizzato, in casi specifici, a trattare grandi insiemi di dati, portando a un aumento sostanziale del volume di dati personali delle persone trattati e conservati dall’Agenzia. Di conseguenza, i dati relativi a persone che non hanno un legame stabilito con un’attività criminale saranno trattati allo stesso modo dei dati personali di persone che hanno un legame con un’attività criminale”.

A detto ampliamento di mandato, tuttavia, a parere del GEPD non ha fatto seguito anche un incremento delle salvaguardie per gli interessati in materia di protezione dei dati: ciò comporta l’impossibilità di esercitare un controllo efficace sui nuovi poteri dell’Agenzia.

“Mettere in atto solide salvaguardie è fondamentale poiché l’impatto del regolamento modificato sulla protezione dei dati personali è ulteriormente aggravato dal fatto che gli Stati membri dell’UE hanno la possibilità di autorizzare retroattivamente Europol a trattare grandi set di dati già condivisi con Europol prima dell’entrata in vigore del regolamento modificato.

Il GEPD nutre forti dubbi sulla legittimità di questa autorizzazione retroattiva” affermava il GEPD nel suo comunicato. Tanto più che detti grandi set di dati sono i medesimi dati dei quali il GEPD aveva intimato, nel gennaio dell’anno corrente, la cancellazione ad Europol. “Pertanto, con il regolamento modificato, l’ordinanza del GEPD di eliminare questi insiemi di dati di grandi dimensioni diventerebbe inefficace”.

Con l’ordinanza del 3 gennaio, più nel dettaglio, il Garante aveva ordinato ad Europol di cancellare i dati relativi a persone che non hanno un collegamento accertato con un’attività criminale, detti altresì “privi di categorizzazione dell’oggetto”, o i set di dati più vecchi di 6 mesi che comunque non erano stati ancora sottoposti a classificazione, o classificati come non appartenenti a sospetti o ad altre categorie specifiche pertinenti (testimoni, vittime ecc.). Per svolgere detti adempimenti, il GEPD concedeva ad Europol 12 mesi di tempo.

A seguito della notifica dell’ordinanza, Wojciech Wiewiórowski, GEPD, affermava che “non sono stati compiuti progressi significativi nell’affrontare la preoccupazione principale che Europol conservi continuamente i dati personali delle persone se non ha stabilito che il trattamento è conforme ai limiti stabiliti dal regolamento Europol.

Tale raccolta ed elaborazione di dati può comportare un enorme volume di informazioni, il cui contenuto preciso è spesso sconosciuto a Europol fino al momento in cui viene analizzato ed estratto, un processo che spesso dura anni.

Un periodo di 6 mesi per la pre-analisi e il filtraggio di grandi set di dati dovrebbe consentire a Europol di soddisfare le richieste operative degli Stati membri dell’UE che si affidano a Europol per il supporto tecnico e analitico, riducendo al minimo i rischi per i diritti e le libertà delle persone”.

Per tali ragioni, il GEPD richiedeva a giugno – a seguito dell’entrata in vigore del nuovo regolamento – ad Europol di specificare ulteriormente le salvaguardie in materia di protezione dei dati da mettere in atto per “limitare efficacemente l’impatto di tali attività intrusive di trattamento dei dati sulle persone, come richiesto dal legislatore”, richiedendo altresì di essere “consultato formalmente sulla base del regolamento Europol modificato relativo alle decisioni pertinenti del consiglio di amministrazione”.

Le disposizioni oggetto di censura

Ancora oggi, a distanza di mesi dal comunicato del Garante Europeo, oggetto della richiesta di annullamento di cui si discute sono, per l’appunto, gli articoli 74a e 74b del novellato Regolamento Europol, i quali, come detto, hanno l’effetto di legalizzare retroattivamente il trattamento da parte di Europol di grandi volumi di dati personali, anche se gli interessati non hanno alcun legame stabilito con attività criminali.

A tal riguardo, Wojciech Wiewiórowski, ha dichiarato che le disposizioni in esame “privano retroattivamente le persone delle garanzie applicate dal GEPD”. Pertanto, è stato necessario richiedere l’annullamento “degli articoli 74 bis e 74 ter del regolamento Europol modificato per due motivi. In primo luogo, per tutelare la certezza del diritto per le persone nel settore altamente delicato dell’applicazione della legge, in cui il trattamento dei dati personali comporta gravi rischi per gli interessati.

In secondo luogo, per garantire che il legislatore dell’UE non possa “spostare i paletti” indebitamente nel settore della privacy e della protezione dei dati, laddove il carattere indipendente dell’esercizio dei poteri esecutivi di un’autorità di controllo richiede la certezza del diritto delle norme applicate”.

Ai sensi del previgente regolamento Europol, infatti, una volta raccolti i dati degli interessati quest’ultima sarebbe stata obbligata a verificare entro 6 mesi se detti interessati avessero un collegamento con attività criminali; viceversa, i dati raccolti, come intimato da EDPB avrebbero dovuto essere cancellati, al più tardi entro la data del 04.01.2023.

Le nuove disposizioni del regolamento, invece, consentono a Europol di proseguire nel trattamento dei dati che non siano stati ancora cancellati, in senso assolutamente contrario rispetto a quanto ordinato dal Garante Europeo nel suo provvedimento.

“La scelta dei colegislatori di introdurre tali modifiche”, continua il GEPD nel suo comunicato stampa, “pregiudica l’esercizio indipendente dei poteri da parte delle autorità di vigilanza.

Le disposizioni impugnate stabiliscono un preoccupante precedente con il rischio che le autorità anticipino possibili controreazioni del legislatore volte a prevalere sulle loro attività di vigilanza, dipendenti dalla volontà politica.

Le autorità di controllo della protezione dei dati, in questo caso il GEPD, potrebbero essere obbligate a prendere in considerazione le preferenze politiche o potrebbero essere soggette a indebite pressioni politiche in modo da pregiudicare la loro indipendenza, come sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE”.

I prossimi step

Allo stato attuale, il ricorso di annullamento risulta pendente innanzi alla Corte di Giustizia UE, il cui scopo sarà quello di garantire la conformità degli atti legislativi, regolamentari e individuali dell’UE alle norme superiori dell’ordinamento giuridico europeo.

Nel caso in cui la Corte ritenga fondato il ricorso proposto dal GEPD, dichiarerà nulle le disposizioni impugnate, con effetto sin dal momento dell’adozione del nuovo Regolamento.

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