Il D.lgs. 33/2013 sulla trasparenza da parte della PA è teso a promuovere, per l’appunto, la trasparenza dell’azione amministrativa e a garantire il diritto di accesso alle informazioni da parte dei cittadini.
Tra le altre cose, mira anche a rafforzare il diritto di accesso civico, consentendo a chiunque di richiedere informazioni aggiuntive anche se non ne è prevista la pubblicazione, salvo le eccezioni legate alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti come la privacy, la sicurezza nazionale e altri interessi protetti dalla legge.
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Il decreto trasparenza in breve
Nel quadro più ampio della riforma della pubblica amministrazione, il decreto trasparenza rappresenta una delle pietre miliari, mirando a combattere la corruzione e favorire la partecipazione attiva dei cittadini alla vita pubblica.
La disposizione prevede che le pubbliche amministrazioni debbano pubblicare e aggiornare con regolarità una serie di informazioni relative alla loro organizzazione e attività, attraverso i loro siti web ufficiali, in una specifica sezione deputata alla “Amministrazione Trasparente”.
Le categorie di informazioni da rendere accessibili includono, tra le altre, dati sull’organizzazione, su bandi di gara e contratti, su bilanci, su beni immobili e gestione patrimonio, sul personale e sui bandi di concorso, sui servizi erogati e sui pagamenti dell’amministrazione.
La norma prevede l’istituzione di un Responsabile della trasparenza (RPT) all’interno di ciascuna amministrazione, con il compito di garantire il rispetto delle disposizioni in materia di trasparenza, nonché di promuovere la diffusione della cultura della legalità e della trasparenza all’interno dell’ente.
L’art. 43 del decreto specifica che, di norma, il Responsabile per la prevenzione della corruzione (RPC) espleti anche il ruolo di RPT e l’ANAC nelle FAQ in materia di anticorruzione specifica che: “È possibile mantenere separate le due figure solo laddove esistano obiettive difficoltà organizzative (da motivare nei provvedimenti di nomina) tali da giustificare la distinta attribuzione dei due ruoli”.
L’art.1 comma 7 della 190/2012 , sulla prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, pure prevede la nomina unificata del RPCT cui occorre “assicurare funzioni e poteri idonei per lo svolgimento dell’incarico con piena autonomia ed effettività”.
In sintesi, il decreto trasparenza è un provvedimento chiave per rendere l’azione della pubblica amministrazione più aperta, accessibile e responsabile nei confronti dei cittadini, promuovendo così principi di democrazia e partecipazione.
Trasparenza della PA: gli impatti privacy
Con riguardo al reclutamento, a qualsiasi titolo, di personale, l’art. 19 del decreto trasparenza prevede che vengano pubblicati i bandi di concorso, i criteri di valutazione della Commissione, le tracce delle prove e le graduatorie finali, aggiornate con l’eventuale scorrimento degli idonei non vincitori.
L’ANAC nelle proprie FAQ dedicate alla trasparenza specifica, con riguardo agli oneri informativi sulle procedure di reclutamento, a qualsiasi titolo, del personale, che le tracce da pubblicare riguardano sia quelle delle prove scritte che delle altre prove selettive.
Tale adempimento, oltre a rispondere alla generale finalità di trasparenza della PA, è anche di ausilio:
- ai concorrenti idonei per seguire l’utilizzo della graduatoria e in prospettiva l’eventuale assunzione;
- ai potenziali concorrenti a future procedure di reclutamento, potendo reperire informazioni sulle procedure già svolte e trarne indicazioni utili, assieme alle disposizioni dei nuovi bandi, per indirizzare la propria preparazione.
Con riguardo alla pubblicazione delle graduatorie, si pone l’esigenza di contemperare la trasparenza con la protezione dei dati personali, attesa l’eventualità che, per la tipologia di bando, dalle graduatorie si possano evincere particolari categorie di dati personali degli interessati.
Caso limite è un concorso riservato ai disabili dove per i nominativi riportati nella graduatoria sarebbe immediata la qualificazione della persona come disabile.
L’art. 7-bis del decreto trasparenza al riguardo prevede che le PA “provvedono a rendere non intelligibili i dati personali non pertinenti o, se sensibili o giudiziari, non indispensabili rispetto alle specifiche finalità di trasparenza della pubblicazione”.
La corretta gestione dei dati sensibili e delle persone disabili
La questione rileva in particolare per le procedure destinate ai disabili dove la pubblicazione delle graduatorie, con indicazione deli nominativi, darebbe nel contempo pubblica evidenza di un dato – ancorché in forma generica – afferente il proprio stato di salute.
Il Garante per la protezione dei dati personali già nel 2014 con le proprie Linee guida in materia di trattamento di dati personali con riguardo agli oneri di trasparenza (doc web 3134436 ), aveva fra l’altro indicato che anche in presenza di obblighi di pubblicità vanno diffusi i soli dati personali la cui indicazione “in atti e documenti sia realmente necessaria e proporzionata al raggiungimento delle finalità perseguite dall´atto”.
In particolare, sottolinea che è “del tutto vietata la diffusione di “dati idonei a rivelare lo stato di salute” specificando che ciò implica che “è vietata la pubblicazione di qualsiasi informazione da cui si possa desumere lo stato di malattia o l’esistenza di patologie dei soggetti interessati, compreso qualsiasi riferimento alle condizioni di invalidità, disabilità o handicap fisici e/o psichici”.
Le FAQ del Garante privacy sulla trasparenza online della PA
Sul profilo privacy si richiamano in via generale le FAQ del Garante su trasparenza online della PA e privacy e poi, sul merito della questione, l’ordinanza del 14 marzo 2019 (doc web 9116773 ) con cui è stata inflitta una sanzione di 10.000 euro a una amministrazione locale per trattamento illecito dei dati personali, in esito all’istruttoria svolta a seguito della segnalazione di una persona che aveva partecipato a un concorso circa la “possibilità di visualizzare, anche mediante il motore di ricerca Google e ancora dopo” (…) svariati anni (…) “dall’espletamento del suddetto concorso, l’elenco” (…) “dei nominativi degli ammessi con riserva alla selezione pubblica, riservata ai lavoratori disabili (…)”.
Oggi, nell’era del GDPR a maggior ragione queste indicazioni devono trovare attuazione. Quindi, sui portali delle PA nella sezione dedicata alla trasparenza – bandi di concorso non dovrebbero comparire nelle graduatorie sugli esiti dei concorsi, dati da cui si possa inferire l’identità delle persone disabili (ad es. a ciascuno potrebbe essere assegnato un codice ai concorrenti e riportare questo nelle graduatorie).
Corretto baricentro fra finalità di trasparenza e tutela della privacy
Tenuto conto di quanto evidenziato ciascuna PA, che può contare sull’apporto del DPO nonché del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT, che l’art. 43 del decreto trasparenza chiama a svolgere un’attività di controllo sul rispetto degli obblighi di pubblicazione), dovrà porre attenzione sulla fattispecie richiamata, con riguardo a tutti i concorsi anche risalenti nel tempo e, ove del caso, provvedere per quelle graduatorie che presentassero le generalità in chiaro dei concorrenti disabili.
Nel caso che la graduatoria con i nomi in chiaro non faccia riferimento al requisito della disabilità andrà comunque posta attenzione affinché l’altra documentazione afferente a quella procedura di reclutamento non faccia per connessione intendere tale situazione.
Va da sé che analoga attenzione va posta anche nella pubblicizzazione all’interno delle PA dei dati afferenti alla entrata in servizio di nuovi elementi evitando di far riferimento alla questione della disabilità.
Per le predette graduatorie (in generale, anche non dedicate ai disabili) si rileva un non uniforme comportamento circa i dati personali pubblicati, rilevandosi, nella pratica, di uno o più dei seguenti: nome e cognome, codice fiscale, data di nascita, luogo di nascita, codice identificativo assegnato.
Su questo punto sarebbe utile pervenire a una pratica uniforme fra le PA individuando il corretto baricentro fra le finalità di trasparenza e di tutela della privacy, che potrebbe essere il seguente:
- concorsi riservati ai disabili: assegnazione di un ID a ciascun partecipante e indicazione dello stesso nella graduatoria, senza riferimenti anagrafici;
- concorsi aperti a tutti e senza riserva per i disabili: indicazione dei soli nome e cognome nella graduatoria. Attesa la possibilità che possano essere fatti valere titoli di preferenza ai sensi dell’art. 5 del DPR 487/1994, non andrebbe indicato di quale titolo si tratta fra quelli previsti;
- concorsi con riserva di posti ai disabili: assegnazione di un ID a ciascun partecipante e indicazione dello stesso nella graduatoria, senza riferimenti anagrafici.
Infine, come sancito dall’art. 8 del decreto trasparenza – e specificato nelle menzionate FAQ, sia di ANAC sia del Garante –, la pubblicazione online del materiale informativo a fini di trasparenza deve avere una durata di 5 anni, con alcune eccezioni:
- gli atti i cui effetti travalicano la scadenza dei cinque anni, devono restare pubblicati fino a che non cessa la produzione di tali effetti;
- i dati riguardanti i titolari di incarichi politici, i dirigenti, i consulenti e i collaboratori, devono rimanere pubblicati per tre anni successivamente alla scadenza dell’incarico;
- per le eventuali diverse durate previste dalla normativa in materia di privacy avendo comunque presente che – secondo quanto prospetta il Garante – i dati personali, una volta “raggiunti gli scopi per i quali sono stati resi pubblici e gli atti stessi hanno prodotto i loro effetti”, devono essere “oscurati, anche prima del termine di cinque anni”.
Pertanto, nella sezione “Amministrazione trasparente” bisognerebbe periodicamente verificare per quali dati personali non ricorra più l’esigenza di pubblicazione e provvedere al loro oscuramento.
Decorso il periodo di pubblicazione obbligatoria, infine, per la documentazione in parola resta comunque esercitabile il diritto di accesso civico ai sensi dell’art. 5 del decreto trasparenza.
Le opinioni espresse sono a titolo esclusivamente personale e non coinvolgono ad alcun titolo l’Istituto pubblico ove presta servizio.