Il decreto “sblocca cantieri” prevede, tra le altre cose, l’obbligo di installare videocamere negli asili nido, nelle scuole per l’infanzia e nelle strutture di assistenza e cura di anziani e disabili.
Tale previsione, fortemente voluta dagli ultimi governi, si pone l’obiettivo di tutelare la sicurezza di individui più vulnerabili come i bambini, gli anziani e i disabili.
La norma, però, comporta non poche problematiche dal punto di vista della privacy, sia per la delicatezza dei soggetti coinvolti che per la tutela della riservatezza dei lavoratori, tema altrettanto delicato.
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Videocamere negli asili nido: implicazioni privacy
Tante sono state le analisi e le discussioni in merito, dovute soprattutto alle tristi notizie di cronaca di maltrattamenti a danno di bambini e anziani che hanno riempito le pagine dei giornali nell’ultimo periodo.
Molto spesso è stato possibile procedere all’arresto dei soggetti coinvolti grazie all’attività investigativa delle forze dell’ordine e all’utilizzo, sovente, delle telecamere nascoste, che hanno permesso di registrare gli atti violenti commessi nei confronti dei soggetti indifesi ed incastrare i colpevoli.
Il nuovo dispositivo di legge tende ad ottenere un duplice effetto, deterrente da un lato, e, dall’altro, abbreviare le indagini al fine di rilevare i comportamenti violenti.
Ciò premesso, procediamo con l’analisi delle implicazioni privacy derivanti del provvedimento.
Videocamere negli asili nido: l’attuale normativa
L’installazione di impianti di videosorveglianza, finora, seppur non risultante da un obbligo di legge, è stata un’opportunità che diverse strutture private hanno già colto, rispettando la normativa vigente in materia: GDPR, Codice Privacy e Statuto dei Lavoratori.
Allo stato attuale, infatti, per poter installare un impianto di videosorveglianza è necessario procedere alla redazione di una valutazione d’impatto privacy, strumento introdotto dal regolamento UE 2016/679 GDPR, e, qualora fossero presenti lavoratori come nel caso di specie, richiedere e ottenere l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro o l’accordo con la rappresentanza sindacale se presente in azienda.
Ricordiamo, infatti, che non è assolutamente sufficiente il consenso del lavoratore all’installazione dell’impianto sul luogo di lavoro, come ribadito in ultimo dalla Corte di Cassazione (III sez. penale 38882/2018), in quanto lo squilibrio tra le posizioni del lavoratore e del datore di lavoro non rende libero il consenso espresso dal primo.
Sul punto è intervenuto il Garante nel 2013, con un provvedimento che ha definito quali sono i principi da seguire per procedere all’installazione di un impianto di videosorveglianza in un asilo nido, che riprende il parere del WP 29 del febbraio del 2009.
“L’installazione di sistemi di videosorveglianza per la protezione e la sicurezza di bambini e studenti nei centri per l’infanzia, negli asili nido e nelle scuole può essere un interesse legittimo, purché siano rispettati i principi della protezione dei dati, come i principi di necessità e proporzionalità, stabiliti a livello nazionale ed europeo, e, fermo restando il monitoraggio delle competenti autorità di controllo nazionali della protezione dei dati“.
Tali principi, sottolineati dall’Autorità Garante, rappresentano il giusto compromesso tra valori fondamentali, quali appunto la tutela della personalità dei minori, la libertà di scelta dei metodi educativi e d’insegnamento e la tutela della riservatezza dei soggetti ripresi dai sistemi di controllo.
Risulta fondamentale, quindi, lo strumento della valutazione d’impatto privacy per valutare i rischi e le opportunità derivanti da tale trattamento, considerando i diversi interessi in ballo: da un lato la tutela dell’incolumità fisica dei minori, dall’altro la riservatezza degli stessi.
Occorre che presso tali strutture, quindi, sussistano significative situazioni di obiettivo rischio, tali da renderne effettivamente necessaria – e non eccedente – l’installazione.
Ad esempio, nel caso del provvedimento del 2013, non fu giustificata la possibilità offerta dall’Istituto scolastico ai genitori di connettersi alla webcam presente nell’asilo e monitorare i propri figli costantemente durante l’orario di scuola.
Tale trattamento, infatti, oltre a non essere stato ritenuto necessario, era effettuato non per tutela della sicurezza dei minori, quanto per placare eventuali ansie o a soddisfare semplici curiosità dei genitori.
Ne conseguì che l’installazione della webcam all’interno dell’area didattica riservata ai minori, non solo non poté considerarsi necessaria, ma neanche proporzionata.
La situazione dopo il decreto “sblocca cantieri”
Con il decreto sblocca cantieri la situazione cambia. Innanzitutto sarà obbligatorio per legge installare l’impianto di videosorveglianza in asili nido e scuole dell’infanzia, pubbliche e private, strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio, convenzionate o non con il Servizio Sanitario Nazionale, nonché quelle gestite direttamente dalle aziende sanitarie locali a carattere residenziale e semiresidenziale.
La legge prevede che le immagini, cifrate al momento dell’acquisizione già all’interno delle telecamere, siano visionabili solo dalle forze dell’ordine e solo dietro formale denuncia.
Esse dovranno essere custodite su server locali, non collegati alla rete internet, in modo da ridurre al minimo le possibilità di data breach.
Ciò rende la visione delle immagini riservata esclusivamente alle autorità, soluzione già in uso in diversi asili privati, mettendo d’accordo il Legislatore ed il Garante Privacy.
Le strutture obbligate dovranno procedere all’installazione entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge e, quelle private, dovranno dare comunicazione di aver ottemperato al dispositivo all’amministrazione comunale in caso di asili nido e alle strutture sanitarie locali in caso di strutture socio assistenziali.