Con una recentissima pronuncia la Corte di Cassazione ha fornito una risposta precisa a una questione di grandissima attualità: un soggetto può registrare di nascosto le conversazioni allo scopo di tutelare un proprio diritto in giudizio.
La vicenda processuale nasce da una pronuncia della Corte d’appello di Salerno la quale non ha ritenuto sussistente il carattere ritorsivo di un licenziamento stante la totale assenza di elementi probatori a sostegno di tale affermazione, in quanto le registrazioni delle conversazioni tra colleghi raccolte dal lavoratore erano da considerarsi abusive e illegittime e pertanto non idonee a costituire fonte di prova.
La Suprema Corte ha censurato la sentenza della Corte d’Appello evidenziando che la stessa non ha in alcun modo indagato sulla sussistenza dei requisiti atti a far ritenere legittime, a fini di prova, le registrazioni di conversazioni tra presenti.
Inoltre, ha precisato che i giudici di secondo grado non hanno sottoposto a bilanciamento i diritti coinvolti, ovvero il diritto alla difesa e il diritto alla riservatezza.
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Registrare di nascosto le conversazioni: la giurisprudenza
In merito ai requisiti citati vale la pena ricordare che, in diverse circostanze, la Giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 1250 del 2018, n. 5259 del 2017 e n. 27424 del 2014) ha affermato che una conversazione tra presenti può costituire fonte di prova “se colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la conversazione sia realmente avvenuta, né che abbia avuto il tenore risultante dal nastro, e sempre che almeno uno dei soggetti, tra cui la conversazione si svolge, sia parte in causa; il disconoscimento, da effettuare nel rispetto delle preclusioni processuali degli artt. 167 e 183 c.p.c., deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito e concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta”.
Pertanto, in assenza delle contestazioni citate, la Corte ha quindi affermato, dipanando ogni dubbio in merito al quesito posto all’inizio della presente analisi, che la registrazione d’una conversazione tra presenti, in assenza di consenso e allo scopo di precostituirsi una prova giudiziale, è legittima stante la prevalenza, nel bilanciamento dei diritti, del diritto alla difesa sul diritto alla riservatezza non dovendo ritenersi il diritto alla difesa circoscritto alla sola sede processuale, ma estendendosi ad ogni fatto ed atto teso ad acquisire prove anche precostituite utilizzabili in giudizio.
Tutte le norme che regolano la questione
Per fare ulteriore chiarezza si rende necessario richiamare brevemente anche le numerose norme che regolano la materia in questione.
La Costituzione nel suo articolo 15 statuisce che “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”. Disposizione precisata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione le quali hanno affermato che “la riservatezza è costituzionalmente garantita nei limiti in cui la stessa va ad incidere su alcuni diritti di libertà”.
Inoltre, l’art. 2712 c.c. precisa che “le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate” e l’art. 24 lett. f )[1] del Codice della Privacy, applicabile al caso in esame, afferma che il consenso non è richiesto quando il trattamento “è necessario ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento, nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale”.
Per dovere di completezza si richiama, altresì, l’art. 6 del GDPR il quale dispone che il trattamento è lecito se necessario al perseguimento del legittimo interesse del titolare e l’art. 9 del regolamento citato secondo il quale il trattamento di categorie particolari di dati personali è possibile se lo stesso è necessario per accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria.
Ad Abbundantiam, l’art 160 bis del Codice della Privacy, così come modificato dal d. lgs. 10 agosto 2018, n. 101, stabilisce che “la validità, l’efficacia e l’utilizzabilità nel procedimento giudiziario di atti, documenti e provvedimenti basati sul trattamento di dati personali non conforme a disposizioni di legge o di Regolamento restano disciplinate dalle pertinenti disposizioni processuali”.
Sul punto vale la pena precisare che la Giurisprudenza (Cass. pen. S.U. n. 36747/2003, Cass.pen. n. 31342/11 e Cass. pen. n. 16986/2009) è univoca nell’affermare che le registrazioni fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, è prova documentale utilizzabile.
NOTE
Abrogato dal d. lgs. 10 agosto 2018, n. 101 ↑