In un’epoca segnata dall’ascesa inarrestabile delle piattaforme digitali, l’architettura normativa che regola la responsabilità degli esecutivi tecnologici è divenuta un crocevia fondamentale per il diritto internazionale e costituzionale.
La questione si svolge tra la necessità di adattare le vecchie regole a nuove tecnologie e quella di affrontare un cambiamento paradigmatico che mette in discussione i fondamenti stessi della responsabilità giuridica e della governance digitale.
Se, infatti, l’Unione Europea e la Gran Bretagna hanno cominciato a delineare normative che attribuiscono responsabilità personali agli esecutivi in relazione ai contenuti ospitati sulle loro piattaforme, gli Stati Uniti si trovano in una fase di transizione, in bilico tra la protezione offerta dalla Sezione 230 del Communications Decency Act e le crescenti pressioni per una maggiore accountability.
Indice degli argomenti
Differenti concezioni del ruolo delle piattaforme digitali
La divergenza tra le due sponde dell’Atlantico riflette una diversa concezione del ruolo delle piattaforme digitali nella società e del potere che esse esercitano.
Da un lato, l’approccio europeo e britannico, radicato in una tradizione giuridica che privilegia la protezione dei diritti fondamentali e la sicurezza pubblica, tende a vedere la responsabilità individuale degli esecutivi come un necessario contrappeso al potere delle grandi tecnologie. Dall’altro, l’approccio statunitense, pur riconoscendo la necessità di regolamentazione, appare ancora legato a una visione libertaria della rete, dove la libertà di espressione e l’innovazione tecnologica sono protette da immunità giuridiche storicamente consolidate.
Pertanto, la riflessione giuridica deve andare oltre la mera descrizione delle differenze normative per interrogarsi sulle implicazioni profonde di queste scelte.
La crescente attribuzione di responsabilità personale agli esecutivi tecnologici, infatti, solleva interrogativi importanti circa la natura del potere nelle società digitali e sulla capacità del diritto di governarlo.
Il rischio, infatti, è che queste normative, pur animate da buone intenzioni, possano risultare inefficaci o addirittura controproducenti se non adeguatamente calibrate e armonizzate a livello internazionale.
Il quadro normativo europeo
Il quadro normativo europeo è composto da un tridente complesso: il GDPR, la direttiva e-Privacy e il Digital Services Act.
Il GDPR
Il General Data Protection Regulation (GDPR) rappresenta il fulcro della protezione dei dati personali all’interno dell’Unione Europea. Questo regolamento ha introdotto standard uniformi per il trattamento dei dati personali, imponendo obblighi stringenti non solo alle entità giuridiche, ma anche agli esecutivi delle aziende.
Il GDPR attribuisce agli esecutivi un ruolo di primaria importanza nella supervisione della conformità normativa, sancendo che essi devono garantire che le pratiche di trattamento dei dati siano in linea con i principi di liceità, correttezza e trasparenza, minimizzazione dei dati e sicurezza.
La Direttiva e-Privacy
La Direttiva e-Privacy, complementare al GDPR, regola specificamente il trattamento dei dati personali nel settore delle comunicazioni elettroniche.
Essa impone ulteriori obblighi agli esecutivi, in particolare in relazione al consenso degli utenti e alla protezione delle comunicazioni private.
Il Digital Services Act
Tuttavia, è il Digital Services Act (DSA) che segna una svolta più radicale nella responsabilità degli esecutivi tecnologici in Europa. Il DSA, approvato nel 2022, introduce un regime di responsabilità diretta per le piattaforme digitali e i loro esecutivi, obbligandoli a implementare misure proattive per identificare e rimuovere contenuti illegali.
Infine, il DSA impone alle piattaforme di grande dimensione, definite come “very large online platforms” (VLOP), obblighi specifici in materia di gestione del rischio, trasparenza degli algoritmi e accesso ai dati da parte delle autorità.
Gli esecutivi delle VLOP devono assicurare che l’azienda implementi sistemi di governance adeguati a prevenire la diffusione di contenuti illegali o dannosi. In caso di inadempimento, essi possono essere soggetti a sanzioni personali, che includono multe significative e, in alcuni casi, responsabilità penale.
L’arresto di Pavel Durov
Un esempio emblematico dell’applicazione di queste normative è il caso di Pavel Durov, fondatore di Telegram. Durov è stato arrestato in Francia nel 2024 a causa del mancato rispetto delle normative europee sulla rimozione di contenuti illegali, in particolare immagini di abusi su minori, ospitate sulla sua piattaforma.
Questo caso dimostra come le autorità europee siano disposte a perseguire non solo le aziende, ma anche i singoli esecutivi che non rispettano i requisiti imposti dalle normative come il DSA.
Il fatto che Durov sia stato chiamato a rispondere personalmente segna un cambiamento significativo nel panorama regolatorio europeo, sottolineando l’importanza della responsabilità individuale nella governance delle piattaforme digitali.
Implicazioni giuridiche del quadro normativo UE
Le implicazioni giuridiche di questo quadro normativo sono profonde.
Da un lato, gli esecutivi devono adottare un approccio estremamente diligente nella gestione delle attività delle loro piattaforme, poiché il rischio di sanzioni personali è concreto e rilevante.
Dall’altro, queste normative rafforzano il principio secondo cui il potere delle piattaforme digitali deve essere bilanciato da un controllo efficace e da una responsabilità chiara.
Gli esecutivi non possono più limitarsi a operare nell’ombra delle loro organizzazioni, ma devono agire come garanti della conformità normativa, assumendosi la piena responsabilità delle decisioni aziendali in materia di gestione dei dati e dei contenuti online.
Questa evoluzione normativa potrebbe anche avere un effetto deterrente significativo, inducendo gli esecutivi a implementare misure più stringenti di conformità per evitare conseguenze personali, il che potrebbe influenzare in modo determinante il modo in cui le piattaforme tecnologiche operano in Europa e, per estensione, in altre giurisdizioni che potrebbero seguire l’esempio europeo.
L’Online Safety Bill in Gran Bretagna
Rimanendo in area continentale, anche la Gran Bretagna offre un interessante caso di studio, motivato probabilmente, lo si premette, da esigenze di natura politica tendenti a rendere del tutto autonomo il Regno dalle regole europee a seguito della Brexit.
L’Online Safety Bill, attualmente in fase avanzata di implementazione nel Regno Unito, rappresenta una delle iniziative legislative più ambiziose nel campo della regolamentazione delle piattaforme digitali.
Questo disegno di legge introduce un regime di responsabilità rigoroso per i fornitori di servizi online, con un’enfasi particolare sulla protezione dei minori da contenuti dannosi e illegali.
Uno degli aspetti più innovativi e controversi del Bill è la previsione di responsabilità penale per gli esecutivi delle piattaforme che non riescono a prevenire la diffusione di tali contenuti.
In particolare, l’Online Safety Bill prevede che i dirigenti possano essere multati o, in casi estremi, imprigionati se la loro piattaforma non adotta misure adeguate a proteggere i minori.
Questo rappresenta un cambio di passo significativo rispetto alle normative precedenti, poiché stabilisce che non è sufficiente che una piattaforma affermi di rispettare le leggi; i dirigenti devono dimostrare proattivamente che hanno messo in atto sistemi efficaci per identificare e rimuovere contenuti pericolosi.
Il disegno di legge impone alle piattaforme di fornire rapporti regolari sulle misure adottate, che saranno soggette a revisione da parte di un nuovo regolatore, l’Ofcom, con poteri estesi di indagine e sanzione.
Un confronto tra i differenti quadri normativi
Il regime di responsabilità personale introdotto dall’Online Safety Bill presenta sia somiglianze che differenze rispetto ai quadri normativi dell’Unione Europea e degli Stati Uniti.
Come il Digital Services Act (DSA) dell’UE, anche l’Online Safety Bill pone un forte accento sulla protezione degli utenti, in particolare dei minori, e impone alle piattaforme obblighi specifici in materia di gestione dei contenuti.
Tuttavia, mentre il DSA si concentra su un approccio più regolamentato e centralizzato a livello europeo, l’Online Safety Bill adotta un approccio più severo, introducendo sanzioni penali dirette per i dirigenti, un aspetto che non trova paralleli diretti nella normativa europea.
Rispetto agli Stati Uniti, il disegno di legge britannico si discosta significativamente dalla protezione estesa offerta dalla Sezione 230 del Communications Decency Act.
Negli Stati Uniti, la responsabilità degli esecutivi è notevolmente attenuata grazie alla Sezione 230, che immunizza le piattaforme (e per estensione i loro dirigenti) dalla responsabilità per i contenuti generati dagli utenti, salvo poche eccezioni.
Al contrario, l’Online Safety Bill britannico introduce una responsabilità personale più tangibile, allineandosi più strettamente al modello europeo, ma con una maggiore severità.
Interessanti casi di studio in Gran Bretagna
In Gran Bretagna, casi recenti hanno evidenziato la volontà delle autorità di perseguire gli esecutivi delle piattaforme digitali per la mancata protezione degli utenti, in particolare dei minori.
Un esempio significativo è il caso di Alex Hern, dirigente di un noto social network, che è stato indagato per la diffusione di contenuti estremisti nonostante le ripetute segnalazioni degli utenti. Sebbene le indagini non abbiano ancora portato a una condanna, questo caso ha evidenziato le lacune nell’attuale quadro normativo e ha accelerato il processo legislativo dell’Online Safety Bill, rafforzando la necessità di responsabilizzare gli esecutivi.
Un altro caso rilevante riguarda Andrew Law, ex dirigente di un’altra grande piattaforma, accusato di non aver rimosso contenuti legati al bullismo online che hanno portato al suicidio di un adolescente. Questo caso ha sollevato un dibattito nazionale sulla responsabilità delle piattaforme e dei loro dirigenti, contribuendo a formare l’opinione pubblica e politica a favore di una regolamentazione più severa.
Analisi del Communications Decency Act americano
Quanto agli Stati Uniti, è utile focalizzarsi sulla Sezione 230 del Communications Decency Act del 1996. Tali disposizioni sono tra le norme più influenti e controverse nel diritto digitale statunitense.
La sezione stabilisce che “nessun fornitore o utente di un servizio informatico interattivo deve essere trattato come l’editore o il relatore di informazioni fornite da un altro fornitore di contenuti informativi”. Aliunde, questa disposizione offre alle piattaforme digitali una protezione quasi totale dalla responsabilità per i contenuti generati dagli utenti, escludendo la possibilità di imputare responsabilità legali ai gestori delle piattaforme per azioni come diffamazione, incitamento all’odio o altre forme di contenuto illegale pubblicato da terzi.
Questa immunità ha giocato un ruolo cruciale nel favorire la crescita esponenziale di piattaforme come Facebook, Twitter e YouTube, consentendo loro di operare senza il timore costante di essere trascinate in tribunale per le azioni dei loro utenti.
Tuttavia, la Sezione 230 non solo protegge le aziende, ma anche i loro esecutivi, i quali, grazie a questa norma, hanno potuto evitare responsabilità personali per le decisioni aziendali riguardanti la moderazione dei contenuti.
Nonostante l’ampia portata della Sezione 230, esistono importanti limitazioni ed eccezioni che riducono la protezione offerta. Ad esempio, la Sezione 230 non protegge le piattaforme né i loro esecutivi da responsabilità in relazione a contenuti che violano leggi federali sulla pornografia infantile, sul terrorismo, o sulla proprietà intellettuale.
Inoltre, a partire dal FOSTA-SESTA Act del 2018, che ha modificato parzialmente la Sezione 230, le piattaforme possono essere ritenute responsabili per contenuti che facilitano traffici sessuali. Questa modifica ha segnato un punto di svolta, introducendo una responsabilità più concreta per le piattaforme e, per estensione, per i loro dirigenti, laddove non riescano a prevenire l’uso dei loro servizi per scopi illegali.
Inoltre, l’ambito della responsabilità personale degli esecutivi è stato ulteriormente messo alla prova in casi che riguardano la gestione di contenuti potenzialmente pericolosi o dannosi. Ad esempio, la crescente pressione per regolamentare l’uso di algoritmi che possono amplificare contenuti estremisti o disinformazione potrebbe portare a una revisione della Sezione 230 e a un’ulteriore esposizione legale per i dirigenti delle piattaforme.
Un caso emblematico che ha messo in discussione la protezione offerta dalla Sezione 230 è quello relativo a Mark Zuckerberg e Meta (ex Facebook). In diverse occasioni, Zuckerberg è stato chiamato a rispondere davanti al Congresso degli Stati Uniti per le pratiche di moderazione dei contenuti di Facebook, in particolare riguardo all’uso della piattaforma per la diffusione di disinformazione e l’incitamento all’odio.
Sebbene la Sezione 230 abbia finora protetto Zuckerberg da responsabilità dirette, la crescente attenzione normativa e le pressioni politiche potrebbero aprire la strada a un cambiamento legislativo che riduca tale immunità, potenzialmente esponendo gli esecutivi a nuove forme di responsabilità legale.
Sulla stessa scia il caso Snapchat, dove una corte federale ha stabilito che la piattaforma poteva essere citata in giudizio per un filtro che avrebbe incoraggiato la guida pericolosa, portando a incidenti stradali.
Questo caso evidenzia i limiti della protezione offerta dalla Sezione 230 e suggerisce che i tribunali statunitensi potrebbero essere pronti a rivedere l’interpretazione tradizionale di questa norma, specialmente quando si tratta di contenuti o funzioni che possono provocare danni tangibili.
L’evoluzione del quadro normativo negli Stati Uniti in relazione alla responsabilità degli esecutivi delle piattaforme tecnologiche è in una fase critica. Mentre la Sezione 230 continua a rappresentare un baluardo per la difesa delle libertà di espressione online e per la protezione delle piattaforme, le crescenti preoccupazioni riguardanti la sicurezza pubblica e la diffusione di contenuti dannosi stanno portando a una crescente richiesta di riforma.
L’erosione graduale delle immunità previste dalla Sezione 230 potrebbe non solo limitare le capacità operative delle piattaforme, ma anche esporre i loro dirigenti a responsabilità legali dirette in modo più frequente e significativo.
Un panorama complesso per le aziende tecnologiche
Le differenze normative tra l’Unione Europea, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna creano un panorama complesso per le aziende tecnologiche globali, le quali devono navigare tra diverse giurisdizioni con approcci talvolta divergenti in materia di responsabilità degli esecutivi.
Le aziende che operano a livello globale sono obbligate ad adottare strategie di conformità legale che tengano conto di queste differenze, spesso implementando misure che vanno oltre i requisiti minimi di una singola giurisdizione per evitare sanzioni severe in altre.
Ad esempio, un’azienda con sede negli Stati Uniti potrebbe adottare le rigide misure di protezione dei dati imposte dal GDPR europeo, nonostante la Sezione 230 del Communications Decency Act le offra una protezione maggiore in patria, al fine di assicurarsi che le sue operazioni siano conformi alle normative dell’UE.
Il fenomeno del “regulatory overreach”
Questo fenomeno, noto come “regulatory overreach”, può portare a un livello di conformità globale che si allinea con la giurisdizione più severa, influenzando in modo significativo le politiche aziendali a livello globale.
Le aziende devono quindi investire in strutture di governance interna più robuste, creare team di conformità legale diversificati e sviluppare tecnologie avanzate per monitorare e gestire i contenuti su scala globale, adattando le loro pratiche alle esigenze specifiche di ciascuna regione.
Questo comporta anche la necessità di una maggiore trasparenza e di rapporti più frequenti con le autorità regolatorie, soprattutto in Europa e nel Regno Unito, dove le sanzioni per la non conformità possono essere severe.
Conclusioni
Nel prossimo futuro, è possibile che le legislazioni in materia di responsabilità degli esecutivi tecnologici possano convergere o, al contrario, divergere ulteriormente, con implicazioni significative per la governance delle piattaforme digitali a livello globale.
Da un lato, vi è la possibilità che l’approccio più rigoroso dell’Unione Europea, che attribuisce una maggiore responsabilità personale agli esecutivi, possa influenzare altre giurisdizioni, spingendo paesi come gli Stati Uniti a rivedere le protezioni offerte dalla Sezione 230.
Questo potrebbe portare a una graduale armonizzazione delle normative, in particolare in risposta a pressioni globali per una maggiore accountability delle piattaforme digitali.
Dall’altro lato, le differenze ideologiche e giuridiche tra queste regioni potrebbero causare un’ulteriore divergenza. Gli Stati Uniti, ad esempio, potrebbero mantenere o addirittura rafforzare le protezioni offerte dalla Sezione 230, in risposta alle critiche interne riguardo a un possibile eccesso di regolamentazione e al timore di soffocare l’innovazione tecnologica.
Al contempo, l’Unione Europea e la Gran Bretagna potrebbero continuare a perseguire un approccio più interventista, mirando a rafforzare ulteriormente la protezione dei diritti degli utenti e la responsabilità degli esecutivi.
Questa potenziale divergenza potrebbe complicare ulteriormente le operazioni delle aziende globali, che dovranno confrontarsi con una crescente frammentazione normativa.
Le aziende potrebbero dover sviluppare strategie di conformità sempre più complesse e flessibili, capaci di adattarsi rapidamente alle normative in evoluzione in ciascuna regione.
In questo contesto, la governance delle piattaforme tecnologiche potrebbe diventare ancora più centralizzata e strutturata, con un focus crescente sulla gestione del rischio e sulla conformità legale come elementi essenziali per la competitività globale.