Il parere 28/2024 del Comitato Europeo per la Protezione dei Dati (EDPB) affronta una questione cruciale nell’ambito della tutela dei dati personali nell’era dell’intelligenza artificiale (IA).
In un contesto in cui le IA sono sempre più pervasivi strumenti di raccolta, trattamento e utilizzo di dati, il parere in questione si inserisce come un momento di riflessione e di orientamento normativo, destinato a segnare un passaggio importante nella tutela della privacy.
Indice degli argomenti
Interrogativi sull’anonimizzazione dei modelli di IA
Nel suo nucleo, il parere si interroga su come la nozione di “anonimizzazione” dei modelli di IA debba essere interpretata in relazione ai dati personali utilizzati per il loro allenamento. Sebbene la normativa europea, in particolare il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), tuteli i dati personali attraverso un rigoroso apparato normativo, l’introduzione delle nuove tecnologie ha generato una serie di incertezze interpretative.
Come stabilire se un modello di IA che ha fatto uso di dati personali durante la sua fase di allenamento possa essere considerato anonimo? E in che misura la legittimità del trattamento di tali dati si fonda sull’interesse legittimo del titolare del trattamento, una base giuridica che, pur essendo prevista dal GDPR, richiede una valutazione di complessità estrema?
Il parere evidenzia, inoltre, la delicatezza del bilanciamento tra innovazione tecnologica e protezione dei diritti degli individui. La possibilità che un modello di IA, anche dopo l’anonimizzazione, possa in qualche modo preservare tracce di dati personali o, peggio, risultare suscettibile di re-identificazione, solleva interrogativi che riguardano non solo la legalità del trattamento, ma anche la sua moralità e la sua compatibilità con i principi costituzionali di dignità e libertà individuale.
Se, da un lato, si riconosce che l’innovazione tecnologica può generare vantaggi economici e sociali, dall’altro emerge la necessità di un controllo rigoroso e di una tutela dei diritti che non possa essere subordinata a logiche di mercato o di efficienza tecnica.
Il trattamento dati nello sviluppo dei modelli di IA
Il parere 28/2024 del Comitato Europeo per la Protezione dei Dati (EDPB) si concentra su un tema di estrema rilevanza e attualità: il trattamento dei dati personali nell’ambito dello sviluppo e della diffusione dei modelli di intelligenza artificiale (IA).
Il documento affronta questioni chiave come l’anonimizzazione dei modelli IA, l’uso legittimo dei dati attraverso il principio dell’interesse legittimo, e le conseguenze di un trattamento illecito dei dati.
L’EDPB esamina in dettaglio la natura dei dati utilizzati per allenare i modelli di IA, la possibilità che questi dati rimangano identificabili anche dopo l’anonimizzazione, e la necessità di un bilanciamento tra l’innovazione tecnologica e la protezione dei diritti fondamentali degli individui.
In particolare, il parere esplora la questione dell’anonimizzazione, sostenendo che un modello IA non può essere considerato anonimo se, seppur indirettamente, è possibile estrarre dati personali dai parametri del modello, attraverso tecniche avanzate di inferenza.
L’EDPB suggerisce che l’anonimizzazione debba essere valutata caso per caso, con l’obbligo per i titolari del trattamento di dimostrare che il trattamento dei dati sia stato eseguito in modo tale da garantire che i dati non possano essere risaliti agli individui a cui appartengono.
Valutare sempre attentamente il concetto di legittimo interesse
Il concetto di “legittimo interesse” è altresì esplorato, ribadendo che, pur non essendo subordinato ad altri fondamenti giuridici come il consenso, deve sempre essere valutato con estrema attenzione, soprattutto in contesti di trattamento complesso come quelli relativi all’IA.
La necessità di rispettare il principio di proporzionalità diventa cruciale, in quanto il trattamento dei dati non deve essere solo legittimo, ma anche adeguato e necessario rispetto agli scopi perseguiti.
Il parere EDPB come indispensabile orientamento normativo
Dal punto di vista normativo, il parere si inserisce all’interno della cornice costituzionale europea, richiamando principi fondamentali come il diritto alla privacy e alla protezione dei dati personali, sanciti dall’articolo 8 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, e collegandosi a principi giuridici più ampi del diritto dell’Unione, come il principio di sussidiarietà, che implica la necessità di interventi normativi efficaci ma non invasivi.
Il riferimento alle norme costituzionali, in particolare gli articoli 1 e 2 della Costituzione Italiana, che tutelano la dignità e i diritti inviolabili della persona, trova un collegamento diretto con la protezione dei dati, che è, in ultima analisi, una forma di tutela della libertà individuale.
In termini di giurisprudenza costituzionale, l’analisi si può riflettere in una lettura delle sentenze della Corte Costituzionale italiana, che ha più volte sottolineato la centralità della privacy e della protezione dei dati personali.
In particolare, la Corte ha riaffermato in più occasioni la necessità di bilanciare il diritto alla privacy con l’evoluzione tecnologica, così come in riferimento al principio di “autodeterminazione informativa” – un concetto che trova qui applicazione nell’ambito delle nuove tecnologie.
Il contrasto tra l’evoluzione della tecnologia e i diritti individuali, purtroppo non sempre allineati con le normative tradizionali, è una sfida che le istituzioni giuridiche europee stanno affrontando, trovandosi talvolta a dover integrare la protezione dei dati con le nuove realtà tecnologiche.
Secondo dottrina maggioritaria, il parere si inserisce in un dibattito consolidato sul diritto alla privacy, con un richiamo alle teorie del costituzionalismo classico che vedono nella protezione della persona un fondamento irrinunciabile delle democrazie moderne.
Le implicazioni transnazionali del trattamento dei dati
Tuttavia, emerge anche una crescente attenzione alle nuove tendenze, come la tutela multilivello e l’attenzione alle implicazioni transnazionali del trattamento dei dati. L’intervento dell’EDPB sottolinea la necessità di integrare la protezione dei diritti fondamentali in un contesto che sempre più spesso travalica i confini nazionali, richiedendo un coordinamento delle politiche europee.
Il dibattito sui modelli giuridici relativi alla protezione dei dati personali, specialmente nell’ambito delle tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale (IA), può essere analizzato attraverso il confronto tra diverse esperienze costituzionali, con l’obiettivo di individuare i punti di forza e le criticità che ciascun sistema giuridico comporta.
A partire da una visione sistematica, si deve considerare come vari concetti giuridici — come la protezione dei dati, la libertà individuale, il bilanciamento tra interessi, e la competitività economica — siano intrecciati e interconnessi, tanto a livello nazionale quanto sovranazionale.
Confronto tra gli ordinamenti europei in materia di IA
In un primo momento, il confronto tra gli ordinamenti europei offre un quadro chiaro delle diverse strategie adottate per bilanciare la protezione dei dati personali e le necessità economiche legate all’innovazione.
Il modello francese di protezione dei dati
La Francia, per esempio, ha costruito un modello di protezione dei dati fortemente incentrato sulla tutela della libertà individuale, come previsto dalla sua Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del 1789, che è riflesso nelle normative come la Loi Informatique et Libertés. Questo approccio garantisce una rigorosa protezione della privacy, ma a volte può risultare in un freno all’innovazione tecnologica, in quanto gli operatori del settore devono rispettare requisiti severi di conformità che potrebbero limitare la flessibilità nella gestione dei dati.
Dunque, la protezione dei dati in Francia diventa una forma di tutela della dignità e della libertà, ma solleva interrogativi sul grado di apertura verso nuove tecnologie, come l’IA, in cui il trattamento dei dati è necessario per alimentare i modelli predittivi.
Proteggere diritti individuali e diritto all’innovazione, in Germania
Ne consegue che un contrasto tra la necessità di proteggere i diritti individuali e il diritto all’innovazione emerge chiaramente anche nella Germania, dove il principio di autodeterminazione informativa è riconosciuto come fondamentale per la dignità dell’individuo.
L’approccio tedesco si fonda su una visione fortemente protettrice della privacy, privilegiando il controllo individuale e la responsabilità nell’uso dei dati. Sebbene questo orientamento garantisca al massimo grado la protezione dei diritti fondamentali, può anche ostacolare l’adozione di nuove tecnologie che potrebbero non essere pienamente conformi agli standard rigorosi richiesti.
La Germania, pertanto, dimostra come una normativa stringente sulla privacy possa comportare il rischio di un rallentamento nel campo dell’innovazione tecnologica, con una difficoltà sistemica nel bilanciare il progresso con la protezione dei diritti.
L’approccio flessibile adottato dalla Spagna
In contrasto, la Spagna adotta un approccio più flessibile, che, pur mantenendo il rispetto per il GDPR, consente una gestione più dinamica dei dati per stimolare l’innovazione tecnologica.
L’Agenzia Spagnola per la Protezione dei Dati (AEPD) si distingue per l’orientamento verso la collaborazione con le imprese tecnologiche, sostenendo l’adozione di modelli di IA che, pur rispettando la privacy, permettono maggiore agilità nell’elaborazione dei dati.
Tuttavia, tale approccio solleva il problema di una potenziale vulnerabilità dei diritti dei cittadini in favore di un interesse economico superiore.
In questo caso, il rischio di disuguaglianze derivanti dall’utilizzo non regolamentato dei dati è presente, creando una difficoltà nel bilanciamento tra la protezione dei diritti individuali e l’impulso alla crescita tecnologica.
La tensione tra tutela dei diritti e innovazione tecnologica in USA e UK
Questa tensione tra tutela dei diritti e innovazione tecnologica si riflette anche nei sistemi di common law, come quello del Regno Unito e degli Stati Uniti.
Nel Regno Unito, dopo la Brexit, il paese ha scelto di mantenere la maggior parte delle normative europee, inclusi i principi del GDPR, ma ha introdotto alcune modifiche che permettono maggiori deroghe alla protezione dei dati a favore di una maggiore libertà di mercato.
L’approccio britannico pone l’accento su una maggiore apertura alle tecnologie, ma senza sacrificare completamente i principi di tutela dei diritti individuali, pur con una protezione meno rigorosa rispetto ad altri Paesi europei.
Gli Stati Uniti, invece, operano senza un sistema di protezione dei dati unificato, con leggi settoriali come il California Consumer Privacy Act (CCPA), che per alcuni aspetti assomiglia al GDPR ma con una maggiore enfasi sulla libertà economica.
Qui il rischio risiede nell’approccio frammentato alle leggi sulla privacy, che non fornisce un sistema coerente di protezione a livello federale, esponendo i cittadini a rischi di sfruttamento non regolato dei loro dati da parte delle grandi corporazioni tecnologiche.
Armonizzare la protezione dei diritti fondamentali
A livello sovranazionale, le normative europee come la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (art. 8) e la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) offrono un quadro di protezione robusto dei diritti fondamentali, in particolare per quanto riguarda il diritto alla privacy.
Questi strumenti giuridici costituiscono un argine contro la possibilità che l’innovazione tecnologica possa ledere i diritti individuali, imponendo limiti chiari all’uso dei dati personali da parte degli Stati e delle imprese.
Tuttavia, la necessità di armonizzare la protezione dei diritti fondamentali con il bisogno di innovare e stimolare la crescita economica rappresenta una sfida che, a livello internazionale, comporta rischi di incoerenza giuridica e sovrapposizione normativa.