Con il D.lgs. 24/2023 sul whistleblowing (DLWB) è stata recepita – con un certo ritardo rispetto al previsto termine del 17 dicembre 2021 – la Direttiva UE 1937/2019 (UEWB), regolamentando quello che, come evidenzia l’ANAC, è un “diritto fondamentale, riconosciuto a livello internazionale, estensione del diritto di libertà di espressione”.
In quanto diritto fondamentale, dovrebbe essere riconosciuto – tutele incluse – a tutti i potenziali soggetti segnalanti e tale appare la lettera della UEWB (almeno nella forma della segnalazione esterna per gli enti privati con meno di 49 addetti): ma fra dettato della Direttiva e DLWB, emerge quella che appare un’applicazione nel nostro sistema a geometria variabile.
Protezione del whistleblowing rafforzata, ecco le nuove linee guida
Indice degli argomenti
Whistleblowing: facciamo chiarezza sui canali di segnalazione
In applicazione della norma europea, il DLWB prevede quattro canali di segnalazione:
- interno;
- esterno (gestito dall’ANAC);
- divulgazione pubblica;
- denuncia all’Autorità giudiziaria o contabile.
L’onere per le organizzazioni di attivare il canale interno si applica all’intero settore pubblico ma solo in parte per quello privato, limitatamente ad alcune fattispecie: enti con almeno 50 dipendenti oppure sotto tale soglia ma solo se applicano un modello di organizzazione e gestione ex D.lgs. 231/2001.
Circa i potenziali soggetti segnalanti, la normativa – quella europea come quella italiana – delinea un’ampia serie di figure segnalanti (art. 3 DLWB) e soggetti da proteggere che, a seconda del settore e dimensione dell’organizzazione, possono essere lavoratori dipendenti, collaboratori, liberi professionisti, consulenti, volontari, tirocinanti, azionisti e figure di vertice, facilitatori, colleghi di lavoro e via dicendo.
Con riguardo ai canali di segnalazione, come indicato pure nelle Linee guida adottate dall’ANAC nel luglio 2023, vi è un mix di possibilità con riguardo a tipologia di organizzazione (pubblica o privata), dimensioni della compagine interessata e oggetto della segnalazione (art. 3 DLWB):
- nel settore pubblico, l’applicazione è piena e prevede la possibilità di ricorrere, a seconda delle situazioni, ai quattro diversi canali di segnalazione (non è quindi stata raccolta la possibilità di esentare dalla istituzione del canale interno i comuni fino a 10.000 abitanti);
- nel settore privato la situazione è diversamente articolata essendo previsto:
- per le entità sopra i 50 addetti dipendenti o anche meno se operano in settori definibili come sensibili, individuati nella parte I.B e II dell’allegato al DLWB (per i settori della parte II limitatamente al caso che la materia in esame non sia già disciplinata in via obbligatoria da atti UE o nazionali): i) la fruibilità dei quattro canali per le violazioni le violazioni di norme UE e di quella nazionale di recepimento ma non per gli “illeciti amministrativi, contabili, civili o penali” in materie diverse; ii) la fruibilità del solo canale interno, limitatamente alle violazioni del D.lgs. 231/2001;
- la fruibilità del solo canale interno per le entità sotto i 50 addetti che applichino il D.lgs. 231/2001 e limitatamente a violazioni ad esso relative.
L’art. 6 del DLWB che disciplina le ipotesi in cui poter ricorrere al canale esterno prevede, però, che: “La persona segnalante può effettuare una segnalazione esterna se, al momento della sua presentazione, (…): a) non è prevista, nell’ambito del suo contesto lavorativo, l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna ovvero questo, anche se obbligatorio, non è attivo o, anche se attivato, non è conforme a quanto previsto dall’articolo 4”.
Da ciò ne deriverebbe che, nel settore privato, in ogni caso si possa procedere con la segnalazione esterna e tutelata dal DLWB, quindi, anche l’ente ha meno di 50 addetti e non applica il D.lgs. 231/2001.
Decreto whistleblowing, difficoltà applicative: linee guida ANAC
Nelle proprie Linee guida l’ANAC, rappresentando difficoltà applicative del decreto in considerazione della sua strutturazione, si è espressa nel senso che se l’ente non rientra fra quelli obbligati alla istituzione del canale interno, la persona che effettui una segnalazione all’ANAC non può essere considerata come un whistleblower (e da ciò consegue la mancata tutela DLWB).
Ciò si porta appresso la questioni delle tutele per chi, con riguardo a un’impresa non tenuta a istituire un canale interno, effettui:
- una divulgazione pubblica: sarà applicabile il divieto di ritorsione ex art. 17 DLWB previsto a favore del whistleblower? La risposta dovrebbe essere in linea con la conclusione prevista per il canale esterno, quindi negativa. Il segnalante (non whistleblower) potrà comunque contare sul segreto professionale se la segnalazione viene fatta a un giornalista mentre, se ricorre direttamente a piattaforme web o social media, non potrà vedere salvaguardato il profilo della riservatezza salvo che ricorra a uno pseudonimo o a un nickname;
- un denuncia all’Autorità giudiziaria o contabile: anche qui, per coerenza interpretativa non sarebbe applicabile la protezione dalle ritorsioni ma, ovviamente, varranno le generali previsioni ordinamentali quali quelle dell’art. 329 c.p.p.
Per approfondire la questione, è utile porre attenzione alle previsioni UEWB da cui si può rilevare che:
- il considerando 49 ammette la possibilità per i singoli Stati di prevedere canali interni di segnalazione, anche con requisiti meno cogenti, per le entità private sotto i 50 dipendenti, possibilità ripresa nell’art. 8);
- secondo il considerando 51 “dovrebbe essere chiaro” che, per le entità private che non istituiscono tale canale interno, comunque, dovrebbe essere riconosciuto alle persone di poter procedere a segnalazioni esterne e fruire della protezione da ritorsioni; al riguardo l’art. 10 prevede che una segnalazione esterna possa essere fatta dopo aver preliminarmente effettuato una segnalazione interna o, anche effettuando una segnalazione direttamente attraverso i canali di segnalazione esterni.
Serve una corretta interpretazione del decreto whistleblowing
Tutto ciò premesso, emerge l’opportunità di una interpretazione autentica delle previsioni del DLWB per dirimere:
- quella che appare una limitazione per certe coorti di potenziali soggetti segnalanti del diritto alla segnalazione, e
- quella che appare una non piena coerenza fra i principi dell’UEWB e il DLWB.
La questione, oltre che profili di natura teorico-normativo, ha anche profili pratici che possono impattare sulla funzione di “vedette civiche”, come il Presidente ANAC Busia ha definito i segnalanti.
Premesso che, secondo dati ISTAT, al 2021 le imprese fino a 29 addetti erano circa il 97% e occupavano circa il 53% degli addetti, a titolo non esaustivo si osserva:
- Come può sapere una persona che operi nel settore privato se l’ente ha più o meno di cinquanta dipendenti (ad es. 48, 49 ecc.)?
- Se l’impresa non attiva il canale interno, l’interessato deve desumerne che non vi è tenuta e, quindi, non può neanche effettuare segnalazioni esterne?
- Posto che i canali interni devono essere attivati sentito le rappresentanze o le organizzazioni sindacali, se l’impresa non attiva il canale interno (e se il sindacato non le sollecita) analogamente deve desumersi che l’impresa non vi è più tenuta?
- Per una segnalazione esterna che riguardi il settore privato, come farà l’ANAC a verificare che sussistano i limiti dimensionali? Una volta effettuato tale riscontro (allo stato necessario per considerare l’ammissibilità della segnalazione) se questa attiene a impresa con meno di cinquanta operatori dovrebbe dichiarare la segnalazione non ammissibile e procedere all’archiviazione?
- Se una tale segnalazione derubricata come “non whistleblowing”:
- riguardasse fattispecie di particolare rilievo, magari anche penale, darvi seguito, nel contempo non venendo garantita la protezione che il segnalante presumeva di poter avere?
- E, in caso di archiviazione, ciò di fatto non equivarrebbe a dare alla segnalazione minor rilievo che una segnalazione anonima (laddove a queste sia previsto che venga dato un seguito) che riguardasse la medesima entità?
- Una volta attivato la modalità segnaletica orale e il segnalante non sapesse se l’impresa ha almeno 50 addetti, l’operatore ANAC come dovrebbe comportarsi?
- In un contesto in cui, specie le start-up innovative del settore IT, imprese con fatturato attuale o prospettico rilevante possono avere anche pochi addetti e, magari, molti collaboratori esterni ha in generale senso prevedere un limite di 50 addetti per la vigenza del WB?
- Last but not least: se una entità privata non obbligata ad attivare il canale interno ritenga comunque di farlo, valutando anche la positività in termini di reputazione che potrebbe derivarne, nel caso ad una segnalazione interna consegua poi una segnalazione esterna all’ANAC quest’ultima come dovrebbe procedere?
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Whistleblowing e privacy: quali rischi
Tutto ciò si collega poi, chiaramente, con la privacy. Un lavoratore che opera in una delle imprese sotto i 50 addetti (97%) e che intenda essere “vedetta civica” non può però fruire delle tutele anche privacy del WB non è che decadono, a un tempo, due diritti: quello di segnalazione (tutelata) e quello alla tutela della riservatezza?
In assenza di una riflessione in materia per il nostro sistema, che pure ha preso più tempo di quello previsto dalla UEWB per emanare la norma di recepimento, sono incombenti almeno tre rischi:
- che il whistleblowing, che pure ha portato a un incremento delle segnalazioni all’ANAC (al 17 dicembre 2023 oltre 600 segnalazioni di cui 240 riguardanti il settore privato e 360 quello pubblico, rispetto alle 347 totali nel 2022, quando il whistleblowing riguardava essenzialmente il settore pubblico) percepisca solo una parte del fenomeno;
- che qualche ricorso in Italia o alla CGUE sanzioni uno dei Paesi più rilevanti dell’UE;
- che la tutela della riservatezza lato GDPR venga erosa per chi comunque intende procedere alla segnalazione pur se non con la copertura whistleblowing.
Va da sé che, mentre i requisiti previsti come non facoltativi delle Direttive UE devono essere recepiti nei diversi ordinamenti, nulla esime ciascun Paese dall’adottare soluzioni che siano ancora più garantiste.
L’UEWB prevede che entro il 17 dicembre 2025 la Commissione UE presenti al Parlamento e al Consiglio UE una relazione sull’applicazione nel contesto paneuropeo per valutare, fra l’altro:
- l’applicabilità anche ad altri settori, fra cui quello della salute e sicurezza sul lavoro;
- l’esigenza di provvedimenti aggiuntivi.
Ciò può costituire occasione per promuovere da parte UE una migliore armonizzazione delle legislazioni nazionali e in vista della quale, da parte di ciascun Paese, preventivamente intervenire per sistematizzare questioni applicative come quella qui discussa.
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