È certamente ambizioso il Cyber Innovation network, ovvero il progetto avviato un anno fa dall’Agenzia per la cybersicurezza nazionale e presentato adesso – per un primo check – nella sede della presidenza del Consiglio a Roma nel corso dell’incontro intitolato “Opportunità e sfide per le startup e le pmi italiane”.
Ambizioso perché, di fatto, si propone di ribaltare decenni di incomprensioni, diciamo così, tra chi in Italia vuole fare impresa hi-tech, quelle istituzioni che dovrebbero sostenerle almeno nella fase di startup e un mondo accademico con cui poter dialogare.
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Il Governo in prima fila
Interessante perché stavolta il progetto che si propone di supportare l’innovazione tecnologica in ambito cyber security nasce con l’obbligo di fare rete, a tutti i livelli. Condizione imprescindibile perché l’impresa abbia successo.
Non a caso a celebrare questa prima uscita pubblica erano presenti i massimi responsabili del governo dei settori che l’Acn vuole portare a un dialogo stretto e continuo: Alfredo Mantovano, sottosegretario di Stato a capo dell’Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, Anna Maria Bernini, ministro dell’Università e della Ricerca, Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, e naturalmente Bruno Frattasi, il direttore generale dell’Acn.
Il Cyber Innovation Network
Ma vediamo a grandi linee come si configura il Cyber Innovation Network. Intanto i fondi ci sono e verranno erogati direttamente dall’Acn (non arriveranno quindi dal Pnrr, è stato detto). E questo è un buon inizio. Poi è stato delimitato un perimetro di ambiti tech nel quale si devono muovere le startup via via selezionate, ovvero Intelligenza artificiale, crittografia, blockchain, robotica, data science, internet of things e computer quantistici.
Finora sono stati individuati, con bando pubblico, cinque incubatori o acceleratori che si occuperanno prima di tutto di valutare le idee, di far crescere e infine seguire le varie startup nel loro percorso. Startup che alla fine saranno 28 e tutte entreranno a far parte del network nazionale dell’innovazione.
Gli incubatori individuati al momento sono I3P (Politecnico di Torino), Scientifica Spa (L’Aquila), Lventure Group (Roma – Milano), Nana Bianca (Firenze) e Cdp Venture Capital Sgr sp (Cosenza).
Quando lo Stato finanzia l’innovazione
A metà di quest’anno dovrebbe arrivare un altro bando di finanziamento riservato stavolta alle Università e agli istituti di ricerca.
Il sottosegretario Mantovano non ha dubbi: “Che sia necessario intervenire ce lo dicono i numeri. Come quelli che ci riguardano contenuti nell’Artificial Intelligence Index Report dello scorso anno, redatto dall’Università di Stanford, in California: tra il 2021 e il 2022 l’Italia era al sesto posto nel mondo per l’utilizzo di robot industriali, facendo meglio tra l’altro di Francia e India, ma era fuori dal top 15 dei paesi con il maggior numero di nuove imprese nel settore dell’Intelligenza artificiale. Tradotto: siamo grandi utilizzatori di tecnologie industriali, anche di quelle basate sull’Intelligenza artificiale, ma non le sviluppiamo nella stessa misura in autonomia. Il rischio è di essere dipendenti rispetto ai paesi che invece puntano con determinazione sulla crescita del loro capacità di sviluppo dell’intelligenza artificiale”.
L’obiettivo forte è quello di far sì che l’Italia sia tra le nazioni protagoniste del processo globale di trasformazione tecnologica.
Spiega Mantovano: “Non possiamo certo raggiungerlo per decreto, ma creando una sinergia con i protagonisti dell’innovazione: enti, di ricerca, di piccole e medie imprese, spesso fondate da giovani o addirittura da giovanissimi, che spesso non ottengono il giusto riconoscimento perché non adeguatamente sostenute”.
La chiave è fare rete
Rete, sinergia e tutela sono fra le top word cloud dell’incontro. Se i ministri Urso (“Dobbiamo fare di più, mettendo insieme imprese e Pubblica amministrazione”) e Bernini (“l’impresa va tutelata e messa in rete. Dobbiamo diffondere la conoscenza tutelando allo stesso tempo i prodotti dell’ingegno”) danno una direzione a quello che dovrà essere l’impegno del governo, il numero 1 dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, Bruno Frattasi, spiega la filosofia del progetto messo a punto dall’Acn: “Si tratta di una tra le iniziative più interessanti sviluppate nell’ambito della strategia della cybersicurezza nazionale perché nell’ecosistema nazionale della ricerca e dell’industria va a stimolare il dialogo con piccole e medie imprese e startup innovative che hanno competenze e capacità ma che devono essere sostenute anche dalla mano pubblica, in questo caso dall’Acn, per arrivare a quel grado di maturità necessario a farle crescere sul mercato: sviluppando le loro idee e trasformandole in prodotti e servizi digitali potranno a loro volta aiutare il Paese a raggiungere una maggiore capacita’ di resilienza e a mettere in sicurezza asset strategici come la difesa militare, la difesa civile, la sanità”.
“L’intelligenza artificiale? Cauti, dobbiamo vigilare”
Le questioni sollevate dall’evoluzione dell’IA sono al centro delle riflessioni che fa il sottosegretario di Stato Mantovano: “La rivoluzione industriale che stiamo vivendo fa sperimentare come le nuove tecnologie, soprattutto quelle basate sull’intelligenza artificiale, siano in grado di fornire non soltanto nuove capacita’ ma anche nuove, tra virgolette, cose inimmaginabili fino a poco tempo fa. Pensiamo ai testi prodotti da zero con software di intelligenza artificiale, ai deep fake. Da qui l’esigenza di vigilare, senza essere oppressivi, ma essendo cauti, prudenti, sullo sviluppo di queste nuove tecnologie”.
Esigenza che, spiega Mantovano, ha portato l’Unione Europea a dotarsi di nuovi strumenti normativi e ha spinto il Governo a porre la questione della sicurezza e degli impatti dell’intelligenza artificiale come uno dei temi cardine del G7. E sta portando, proprio in queste settimane, a redigere, d’intesa fra tutti i soggetti interessati, il testo di un disegno di legge che sarà portato a uno dei prossimi Consigli dei Ministri”.
E ancora: “E’ altrettanto evidente che l’evoluzione tecnologica in questi nuovi settori è talmente rapida che sarebbe velleitario pensare di intervenire normativamente senza un dialogo strutturato con i protagonisti dell’innovazione, cioè le imprese e gli enti di ricerca. Ancora nell’estate del 2022, quindi siamo a meno di due anni fa, lIA non era neanche entrata nel dibattito politico della campagna elettorale. Adesso, in vista delle elezioni europee è uno degli elementi su cui fare una discreta attenzione. Il problema dell’intelligenza artificiale generativa – conclude Mantovano – si è affacciato solamente nell’autunno del 2022 quindi in un anno e mezzo, in sostanza, il quadro è totalmente cambiato e continuerà a cambiare. In questo senso il programma sarà l’occasione per comprendere più da vicino i rischio posti dalle nuove tecnologie e individuarne le migliori modalità di governo”.