Con la diffusione del coronavirus, hanno iniziato anche a circolare questionari per i dipendenti al riguardo: nell’adottarli, il datore di lavoro dovrà seguire protocolli e procedure, avvisando le autorità competenti, senza prendere iniziative del tutto autonome. Lo ha chiarito il Garante Privacy, che è intervenuto nelle scorse ore al fine di dirimere una questione emersa in questi ultimi giorni, cioè se è legittimo il comportamento dell’imprenditore che obblighi dipendenti e visitatori a sottoporsi ad un questionario “anti-coronavirus”.
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L’intervento del Garante
L’intervento si è difatti reso indispensabile alla luce dei numerosi casi di aziende che avevano predisposto simili questionari. Una prassi che, esaminandola sotto la lente della sociologia, potrebbe avere dell’incredibile in quanto generatasi in modo del tutto spontaneo, con immediata diffusione sul tutto il territorio. Senza, appunto, alcun tipo di coordinamento tra le aziende e senza provvedimenti etero imposti. Ad ogni modo, secondo l’Autorità si trarrebbe di un comportamento assolutamente illegittimo, conclusione questa in aperto contrasto con quella dell’orientamento prevalente dei numerosi consulenti che, invece, avevano ritenuto possibile se non dovuto un simile controllo da parte del datore.
Come noto, l’orientamento che sin da subito si è imposto, ha portato a ritenere legittimi i questionari degli imprenditori in forza -in primis- del dettato normativo contenuto nell’articolo 2087 del codice civile, il quale recita “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. L’interpretazione combinata di tale articolo con il dettato dell’art 9 lett. i) GDPR ha quindi portato ad affermare un certo diritto/dovere del datore di intervenire nel miglior modo possibile al fine di tutelare i propri dipendenti.
Via libera duque ai questionari, fino ad ora almeno. Il Garante ha infatti ritenuto che si, il datore ha dei doveri, ma questi doveri potranno essere esercitati solo ed esclusivamente mediante gli strumenti più opportuni predisposti dall’ordiamento. No quindi ad una sorta di far west del coronavirus. Tale impostazione risulta del resto in linea con il tentativo del Governo di individuare un modus operandi comune su tutti i fronti, così evitando prassi e scelte disomogenee tra le varie aree del nostro territorio. In questo senso è quindi da interpretare la decisione del Garante, apprezzando il tentativo di unificare le prassi e di riportare la ragione anche in questo ambito.
Questionario coronavirus, cosa fare
Quali precauzioni dovranno quindi adottare i datori? In primo luogo è consigliabile procedere con l’aggiornamento del “Documento di Valutazione dei Rischi” (c.d. DVR) facendo espressa menzione di questo nuovo rischio epidemia. Sarà poi opportuno informare tutti i lavoratori attraverso poster e circolari sul rischio e sui corretti comportamenti da tenere (lava le mani, starnutisci nel gomito…) precisando altresì come, i base alla normativa d’urgenza adottata nelle ultime settimane, chiunque negli ultimi 14 gg abbia soggiornato nelle zone c.d. “rosse” o sia venuto in contatto con soggetti positivi al tampone, debba comunicarlo tempestivamente alla azienda sanitaria territoriale, anche per il tramite del medico di base, che provvederà agli accertamenti necessari.
Conclusione
Insomma, “i datori di lavoro devono quindi astenersi dal raccogliere, a priori e in modo sistematico e generalizzato, anche attraverso specifiche richieste al singolo lavoratore o indagini non consentite, informazioni sulla presenza di eventuali sintomi influenzali del lavoratore e dei suoi contatti più stretti o comunque rientranti nella sfera extra lavorativa”, spiega il Garante. Certo, il provvedimento in questione farà, con molta probabilità, storcere il naso a coloro che ritengono poco incisive simili iniziative del datore, facendo perno sul fatto che il lavoratore potrebbe dare poco peso alle indicazioni delle autorità, decidendo di ignorarle o comunque di ritenerle troppo stringenti.
Tuttavia pare il caso di osservare come, la fiducia e la sincerità del lavoratore siano elementi fondamentali anche per la tesi di chi sosteneva la legittimità dei questionari. Del resto, mancando la fiducia nel collaboratore, viene meno anche l’attendibilità dei questionari i quali, come è evidente, si fondano sul fatto che chi risponde non menta al proprio datore. Il momento è delicato e oggi più che mai vale la pena dare fiducia ai propri dipendenti e rispettare i ruoli delle autorità. È questo di fatto il sunto condivisibile del provvedimento del Garante. Il datore deve fare il datore. Non il medico. Non l’investigatore. Solo mantenendo la calma e rispettando i ruoli possiamo sperare di superare questo momento difficile.