Helsinki ha ospitato dal 23 al 25 maggio l’edizione 2023 del Critical Communications World (CCW), conferenza mondiale e itinerante che si concentra sulla sicurezza nell’ambito delle telecomunicazioni critiche per i corpi di protezione e sicurezza, siano questi eserciti, vigili del fuoco, forze dell’ordine o servizi di sicurezza privati.
Motorola Solutions ha presentato la propria interpretazione di veicolo connesso, una vettura che ha una vita propria e che, dotata di videocamere e sensori, non si limita a osservare ma funge da collettore di dati e informazioni.
Voce, software e video integrati restituiscono agli agenti un quadro complessivo della situazione che stanno affrontando o che si accingono ad affrontare. Un flusso di dati in tempo reale che permette a chi agisce sul campo di avere tutte le informazioni necessarie per lavorare al sicuro e gli permette di concentrarsi soltanto sulla missione da svolgere, sapendo che c’è qualcosa che gli copre costantemente le spalle.
Per capire meglio come funziona il veicolo connesso ci siamo avvalsi della collaborazione di Lorenzo Spadoni Government Account Manager Italy di Motorola Solutions.
Indice degli argomenti
Comunicazioni unificate
Dall’altra parte dei veicoli connessi c’è una Control Room che gestisce i flussi di dati e li condivide tra i diversi corpi impiegati attraverso applicazioni Push-To-Talk a banda larga che collegano dispositivi diversi su reti di trasmissione differenti.
Immagini e dati raccolti dai veicoli connessi vengono memorizzati in locale e possono essere convogliati in tempo reale alla Control Room e anche agli altri attori attivi sul campo, pure appartenendo a corpi di intervento diversi.
Al concetto di collaborazione propriamente detto si aggiunge la condivisione in tempo reale che, nel medesimo tempo, aumenta sia la sicurezza degli agenti sia quella dei cittadini.
I dati archiviati nei database delle centrali operative vengono inviati e, se del caso, condivisi in tempo reale agli agenti sul campo. Un flusso continuo di dati in entrata e in uscita che permette un elevato e costante grado di sicurezza.
Nei video promozionali il sistema di Motorola Solutions viene sempre utilizzato con CarPlay ma può venire impiegato anche con Android Auto.
Un uomo solo è un uomo morto
Nell’ambito della sicurezza si dice che un uomo solo è un uomo morto. Questo spiega perché, per principio almeno, le forze dell’ordine, le ronde militari e gli agenti così come ci arrivano dall’iconografia cinematografica si muovono sempre in coppia. Con la soluzione di Motorola Solutions gli operatori a bordo auto sono in realtà tre, come illustra Spadoni: “Le tecnologie a bordo del veicolo non sono puramente tecnologie fruibili con gli occhi, sono una fonte di dati e permettono di creare, grazie a tool di Intelligenza artificiale, qualcosa di proattivo e non più passivo. Per esempio, il veicolo può rilevare i numeri di targa delle vetture e avere, in tempo reale, le informazioni relative ai veicoli stessi e alle persone a questi associati. Tutto questo senza chiamare la centrale o interrogare i database digitando query”.
In altre parole, muovendosi sul campo anche a fronte di un’emergenza è come se gli operatori, giunti sul posto, potessero contare su informazioni che prima di oggi avrebbero potuto essere raccolte soltanto da una ricognizione. Gli operatori sono così nelle condizioni di potere lavorare senza concentrarsi su altro.
La sicurezza dei dati e la privacy
Sono aspetti cruciali che vengono spiegati da Spadoni: “I dati acquisiti non possono essere modificati. I video creati dalle bodycam e dalle videocamere a bordo dei veicoli vengono raccolti e resi accessibili secondo un modello gerarchico e sono dotati di watermark, la cosiddetta chain of custody, che sono garanzia per i cittadini. L’evento ripreso dal veicolo non può essere modificato”.
Quello della privacy è un tema tutt’altro che banale che non può essere letto sulla scorta di principi meccanicistici, occorre infatti stabilire quanto, in nome della sicurezza, possano essere lesi i diritti fondamentali degli individui. “La privacy è un diritto imprescindibile – continua Spadoni – ma è altrettanto vero che, negli ambienti di polizia, avere informazioni che invadono la privacy è fondamentale al fine di risolvere crimini. Per fare un esempio, un poliziotto dotato di bodycam interviene sul luogo di una rissa e, oltre a inquadrare l’aggressore, riprende anche l’ambiente circostante e se appaiono persone estranee al reato intervengono gli algoritmi AI di Motorola Solutions che ne sfocano i volti (effetto blur) mantenendoli non riconoscibili fino al momento in cui il caso approda in tribunale laddove, su espressa richiesta di un giudice, possono essere mostrati in chiaro”.
Il riconoscimento dei volti in tempo reale è nelle corde della tecnologia Motorola a bordo dei veicoli connessi ma, spiega Spadoni: “I sistemi di Motorola Solutions sono a prova di privacy, tant’è che non fanno face recognition al netto di disposizioni particolari”.
Qui l’argomento si fa particolarmente interessante perché subentrano i gemelli digitali, copie virtuali già note nella loro applicazione industriale e medicale.
I gemelli digitali
Senza autorizzazioni le tecnologie Motorola Solutions non possono essere impiegate per il controllo dei volti. Sembra venire meno una potenzialità importante, ossia quella di ricercare i sospettati di un reato. C’è un modo per aggirare questo dilemma che non lede alcun principio sulla privacy, come illustra Spadoni: “Si creano gemelli digitali che permettono una ricerca per similitudine e somiglianza. Si indicano colore dei vestiti della persona che si sta cercando, l’eventuale colore del cappello, il colore delle scarpe, la presenza di baffi, barba, la capigliatura, e il sistema restituisce delle immagini del soggetto potenziale che possono essere ulteriormente scremate. Non fa face recognition basato su caratteristiche proprie che sono coperte dalla privacy ma si lavora su macro-modelli per poi arrivare allo specifico”.
La tecnologia Motorola Solutions
Dopo avere conquistato gli Usa, anche i Paesi del Nord Europa si stanno affidando alle soluzioni Motorola per la sicurezza. In Italia c’è minore sensibilità, spiega Spadoni: “Siccome in Italia siamo maestri del ‘less is more’, la necessità di queste tecnologie di supporto è meno avvertita, basta vedere la dotazione dei nostri poliziotti o carabinieri rispetto alle forze di polizia americane. In Italia il mercato è un po’ più pragmatico e seleziona soltanto ciò che viene ritenuto come necessario e questo è da una parte un merito, da un altro lato un freno all’adozione delle nuove tecnologie”.
Mai più distopico
L’aggettivo distopico è inflazionato, se ne fa un uso isterico per sottolineare ciò che potrà essere, non di rado accostandogli un’accezione più negativa rispetto a quella intrinseca alla parola stessa, conferendole l’aura tipica di una sorta di scollamento onirico dalla realtà che sfocia in un mondo in cui una macchina o una tecnologia possono scavalcare la volontà umana. Ciò che potrà essere di fatto è già. Per ricorrere alla banalità della retorica, si può dire che il futuro è oggi.
È più rilevante però puntare il faro sulla fine della parola distopico che, i fatti confermano, non ha più modi di essere spinta nell’etere come un segnale d’allarme. Piaccia o meno, siamo già completamente immersi in ciò che a molti sembra una deviazione dalla realtà e che, invece, è tanto vero e reale da essere toccato con mano.
Sensori e nuove tecnologie possono rafforzare la fiducia delle persone nei confronti delle forze pubbliche e nei confronti delle tecnologie medesime. “Anche nell’ambito dell’ IoT– conclude Spadoni – un po’ come per la domotica casalinga (comune ormai nelle case dei cittadini) ci sarà un moto di adozione anche nell’ambito della pubblica sicurezza per avere maggiore consapevolezza di quello che accade attorno a noi”.