Con il Data Governance Act, la Commissione stima un impatto positivo diretto complessivo sull’economia europea dei dati nel 2028 compreso fra i 7,2 ed i 10,9 miliardi di euro. Tale strumento normativo mira a promuovere lo scambio e la disponibilità dei dati sul territorio dell’Unione Europea, sia nel settore imprenditoriale, che nel settore pubblico, cercando, allo stesso tempo, di aumentare la fiducia del cittadino nei confronti dei soggetti che gestiscono i suoi dati e ne fanno uso per i più svariati motivi (i cosiddetti intermediari).
L’assenza di standard comuni e di fiducia nel sistema di utilizzo dei dati hanno rappresentato infatti, negli anni, un ostacolo al raggiungimento di obiettivi strategici connessi alla condivisione dei dati, rappresentando un costo ingente sia nel settore privato che nel settore pubblico, anche in termini di perdita di opportunità (specie in settori fondamentali come la ricerca medica).
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Le finalità
Ciò premesso, il Data Governance Act si occupa di disciplinare le seguenti necessità:
- Rendere disponibili i dati del settore pubblico per consentirne il riutilizzo, ove tali dati siano oggetto di diritti altrui (come i diritti di cui alla normativa sul trattamento dei dati personali, le leggi sulla proprietà intellettuale, o il diritto di tutelare i segreti aziendali e/o ulteriori informazioni commerciali di particolare rilevanza);
- Consentire alle imprese di condividere i dati raccolti, a fronte di una remunerazione sotto qualsiasi forma;
- Consentire l’utilizzo dei dati personali raccolti con l’aiuto di un soggetto terzo, un c.d. “personal data-sharing intermediary”, garantendo agli interessati l’esercizio pieno dei propri diritti, nel pieno rispetto dei principi di cui al GDPR;
- Consentire un agevole utilizzo dei dati per motivi altruistici.
Tutto al fine ultimo di creare uno “Spazio Unico Europeo” all’interno del quale possa ritenersi correttamente tutelato ogni tipo di dato bisognoso di tutela, sia o meno esso di natura personale, ed adeguatamente disciplinato il suo utilizzo, anche alla luce dei principi affermati dal GDPR (Reg. UE 679/2016), dalla direttiva ePrivacy (Directive 2002/58/EC) e dalle normative sulla tutela della concorrenza.
Il framework normativo
Occorre evidenziare, altresì, come il Data Governance Act debba essere interpretato anche alla luce delle disposizioni contenute nella Direttiva (EU) 2019/1024 sugli open data e sul riutilizzo delle informazioni nel settore pubblico (Open Data Directive), non solo per gli obiettivi comuni ma anche, e soprattutto, per il fatto che essi rappresentano due dei numerosi tasselli della complessiva “strategia dei dati” europea. Le citate normative saranno poi integrate, nel 2021, da un ulteriore “Data Act” che avrà l’obiettivo di fornire ai cittadini ed ai governi un accesso ed un controllo semplificato sui dati dell’Internet of Things e sui big data raccolti e utilizzati nel settore industriale, al fine di creare un’economia più equa che vada a beneficio dell’intera società.
In sintesi, la creazione di un sistema coordinato di norme, in luogo di un insieme di regole di soft law, la cui efficacia è notoriamente limitata, consentirà a enti pubblici, cittadini ed imprese (non solo quelli aventi sede sul territorio europeo), a fronte della sempre maggiore interdipendenza della società dai dati generati, di usufruire in modo sicuro ed efficace degli stessi, contrariamente a quanto avvenuto sinora in assenza di una normativa ad hoc. Il perdurare, infatti, di uno spazio digitale incontrollato, nel quale solo le Big Tech hanno il monopolio dei dati, crea una pericolosa distorsione del mercato cui occorre porre rimedio. Prevedendo obblighi e opportunità comuni, invece, si potrà non solo regolare il fenomeno contenendo gli abusi, ma anche avere un controllo pieno e trasparente del rispetto delle normative.
L’impatto sulle società
L’impatto del Data Governance Act sul settore pubblico e privato è da ritenersi, ai sensi di quanto contenuto nell’Impact Assessment svolto dalla Commissione Europea, del tutto positivo:
- Nel settore privato, la rimozione dei limiti tecnici di disponibilità e riutilizzo dei dati consentirà alle imprese di migliorarsi, di sviluppare meglio e più rapidamente nuovi prodotti e servizi, nonché di prevedere con maggiore semplicità le sfide del mercato. Le imprese, infatti, potranno muoversi all’interno di precisi standard operativi, di interoperabilità, di certificazione, partecipando, a prescindere dalla propria dimensione, “attivamente all’economia dei dati”;
- Nel settore pubblico, una comunicazione più semplice dei dati, con assunzione, da parte dell’Europa, di un ruolo centrale nella disciplina della intercomunicazione di dati, consentirà agli enti di risparmiare tempo e risorse economiche, nonché di rendere l’azione pubblica più efficiente. Nel settore sanitario, in particolare, uno scambio più agevole di dati permetterà alle strutture sanitarie di sviluppare trattamenti all’avanguardia e maggiormente personalizzati in un tempo minore.
Il risparmio per imprese pubbliche e private
L’iniziativa fungerebbe da catalizzatore per la creazione di nuovi e migliori servizi e prodotti fondati sui dati, come l’intelligenza artificiale, avvantaggiando l’intera economia globale. Si pensi, infatti, all’impatto positivo che l’implementazione di nuove tecnologie basate sui dati, come l’IoT, possa apportare nel settore manifatturiero (1,3 trilioni di Euro in termini di aumento di produttività, secondo le stime della commissione) e nel settore sanitario (con risparmio stimato di circa 120 miliardi di euro).
A fronte di tali benefici, la Commissione mette in luce anche i possibili costi connessi all’implementazione di strutture che consentano di attuare gli obiettivi di cui al Data Governance Act. Costi, questi, ammontanti, in media, a 10,6 milioni di euro per ogni stato membro, con un costo di mantenimento annuale pari a 610.000 euro. A tali cifre occorre, tuttavia, confrontare il risparmio connesso all’innovazione, per stimati 684 milioni di euro annui.