Una curiosa coincidenza di calendario su cui è interessante riflettere, vuole che il Data protection day che ricorre oggi 28 gennaio sia celebrato nella data successiva alla Giornata della Memoria. Quasi che la memoria storica, il diritto alla riservatezza e alla protezione delle persone si tengano per mano.
I temi sono effettivamente connessi, più di quanto non si possa immaginare e sul punto la storia è una maestra meticolosa e piena di aneddoti. È sufficiente ricordare che i rastrellamenti da parte delle forze naziste si dimostrarono particolarmente efficaci nei Paesi Bassi proprio perché vi era un’anagrafe centralizzata che ha consentito agli invasori di poter ovviare alla ricerca dei collaborazionisti.
I dati personali, quindi, raccolti e conservati centralmente in archivi organizzati per finalità istituzionali, una volta violati, hanno permesso di rendere più semplice e tragicamente efficiente uno dei più odiosi atti contro l’umanità.
Ogni guerra ci ricorda come l’accesso alle informazioni sia un elemento strategico per il controllo dei civili e dei territori conquistati. I conflitti in corso nelle varie parti del mondo vedono da anni l’utilizzo di sistemi di riconoscimento facciale, di droni e di attacchi cyber alle infrastrutture critiche dei paesi in guerra e ai sostenitori dei due schieramenti. Il progresso tecnologico è andato di pari passo con la ricerca di una maggiore attenzione agli aspetti di protezione.
Dalle anagrafi centralizzate olandesi siamo passati ai sistemi di identificazione biometrica che aprono scenari distopici sulla sorveglianza di massa e sul social scoring e che hanno portato l’Unione Europea a emanare una moratoria in attesa di definire quelle condizioni che rendano possibile utilizzare la tecnologia senza calpestare i diritti umani e la libertà individuale. Un approccio politico, quello europeo, che è un unicum nel contesto internazionale e che deriva proprio dalle lezioni che la storia ha impartito al Vecchio Continente.
Indice degli argomenti
Come nasce il Data protection day
La giornata mondiale della protezione dei dati personali si celebra in occasione dell’anniversario della Convenzione 108+ per la protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato dei dati personali. La Convenzione fu siglata a Strasburgo il 28 gennaio 1981 ed è l’unico atto multilaterale avente efficacia al di fuori dell’Unione Europea essendo stato sottoscritto anche da altri stati. Nel 2008 è stato presentato un protocollo di modifica che deve essere ratificato da 38 paesi entro l’11 ottobre 2023 perché abbia efficacia.
Le origini della Convenzione si possono ravvisare nell’articolo 8 della Carta europea dei diritti dell’uomo che tutela il diritto alla protezione dei dati personali e della riservatezza e nasce a seguito del diffondersi di schedature e profilazioni a partire dagli anni Sessanta, con l’obiettivo di tutelare gli individui da abusi e regolamentare i flussi transnazionali di dati.
Protezione dei dati e tutela della libertà
In questa giornata, vale la pena ritornare tra le pagine scritte da Stefano Rodotà che, in più occasioni, ha sottolineato il nesso inscindibile tra protezione dei dati personali e tutela della libertà, della dignità e della democrazia e, in tempi non sospetti, ha paventato le possibili derive di una tecnologia slegata da ogni vincolo normativo e rimessa completamente all’autonomia degli individui, non sempre consapevoli degli usi distorti che ne possono conseguire.
L’esempio di Cambridge Analytica ci ha illuminato negli scorsi anni sul modo in cui alcuni strumenti nati per il marketing siano stati trasportati con altrettanta efficacia nella comunicazione politica e quali impatti vi siano stati sulle comunità destinatarie delle campagne di disinformazione.
Le sfide future della tecnologia
Nel prossimo futuro, gli sviluppi dell’intelligenza artificiale e la quantità di dati che verranno automaticamente raccolti ed elaborati nel metaverso richiedono agli europei di mantenere saldo il timone di quel limite invalicabile, rappresentato dalla dignità umana, per evitare che la tecnologia, da fattore abilitante di sviluppo, mercato e sostenibilità, si trasformi in un elemento che finisca per schiacciare le libertà e che alimenta distorsioni informative, discriminazioni algoritmiche e la sorveglianza di massa.
I nuovi pacchetti normativi elaborati dalla Commissione e recentemente approvati vanno nella direzione della creazione di un ecosistema digitale che sia rispettoso dei diritti umani e delle libertà costituzionali che ne sono alla base.
La necessità di equilibrio tra diritti
C’è da augurarsi che l’effetto educativo rappresentato dal GDPR possa ripetersi nel contesto globale, andando a portare all’attenzione di altri ordinamenti temi quali il rispetto per le libertà e i diritti degli individui e la protezione da forme discriminatorie. Tuttavia, come ci ha insegnato l’esperienza pandemica, il diritto alla protezione dei dati personali non è un elemento a sé stante, ma va contemperato e bilanciato con altri diritti, anch’essi di rilevanza costituzionale.
Il bilanciamento dei diritti e degli interessi, insieme alla valutazione dei rischi, rappresentano l’architrave dell’approccio europeo, derivato direttamente dalle esperienze costituzionali che vedono diritti diversi da bilanciare e dal carattere intrinsecamente democratico dell’ordinamento europeo che vede istanze diverse confrontarsi nelle sedi istituzionali.
Il futuro ci chiederà di continuare a ricercare questo equilibrio, ad esempio, tra rischi e opportunità, tra lo sviluppo del mercato e la protezione dell’individuo, tra la tutela della salute e il diritto a non subire ingerenze nella propria sfera privata.
Lo scenario della data protection
Questa ricerca di un equilibrio potrà essere resa più complessa dall’evoluzione del web 3.0, dal passaggio dalla raccolta di contenuti generati dagli utenti (foto, video, testi) alla raccolta di esperienze e reazioni fisiche e psichiche a stimoli artificialmente indotti. I nostri dispositivi indossabili sono già in grado di registrare l’accelerazione del battito, la frequenza respiratoria e altri parametri vitali, un domani potranno registrare le nostre reazioni all’interno dell’ambiente virtuale del metaverso e, grazie alla potenza di calcolo connessa alla creazione di questi ambienti, creare interi database di analisi comportamentale e di predizioni sulle reazioni psichiche di milioni di individui.
Ciò potrà essere di ausilio per i soggetti fragili, ad esempio sviluppando progetti che consentono di elaborare le fobie, oppure potrà essere uno strumento di manipolazione degli individui. Saranno le scelte politiche che determineranno i limiti normativi che conformeranno il mondo digitale del futuro e la giornata mondiale per la protezione dei dati personali ci ricorda la rotta da seguire.