L’immediata reazione al blocco delle piattaforme occidentali in Russia – Facebook, Twitter e Instagram – spinge i russi ad aumentare l’uso dei software VPN; ci sono segnali di adattamento anche da parte delle big tech, mentre Signal cresce come strumento per aggirare la sorveglianza russa.
Indice degli argomenti
Il boom della VPN in Russia
Instradando il traffico di rete del device dell’utente su server geolocalizzati in territorio oltre i confini russi, una VPN consente la fruizione di media, social e siti in genere bloccati proprio dagli ultimi provvedimenti governativi. Permettendo dunque ai cittadini, l’accesso a tutta una serie di informazioni altrimenti non veicolate dai media locali.
Non è infatti un caso che gli utenti Internet russi, nella prima settimana di invasione dell’Ucraina, abbiano scaricato le cinque principali app VPN su Apple e Google Store per un totale di 2,7 milioni di volte, un aumento della domanda di quasi tre volte rispetto alla settimana pre-invasione.
Stesso discorso vale anche per la tecnologia Tor, software utile per anonimizzare la propria navigazione online, che ha visto intensificare il suo utilizzo dagli utenti russi sempre dopo i primi fatti sull’invasione.
I cittadini russi non sembrano dunque accettare di buon grado le decisioni del proprio governo e ancor meno il loro distacco dai social occidentali, per i quali le alternative locali e gestite con le regole del Cremlino, non riescono a soppiantarne gli ormai stretti legami.
Proprio nella giornata di domenica 13 marzo, abbiamo potuto assistere, connettendoci ai profili Instagram di noti influencer della società russa, a vere e proprie Stories di addio (talvolta anche con lacrime) ricche di frasi e foto melanconiche, proprio in attesa della dipartita del giorno successivo (14 marzo), termine ultimo fissato dal governo russo, utile all’utilizzo della celebre piattaforma di condivisione foto. Messaggi dai quali si nota un vero e proprio senso di smarrimento nella popolazione russa, nei confronti di queste decisioni che però lo ricordiamo, non sempre coincidono con una presa di posizione nei confronti della crisi generata in Ucraina.
Le contromosse russe (update 16 marzo)
La Russia ha reagito bloccando 20 VPN. Un po’ come succede in Cina per gli stessi motivi. Bloccare una VPN non è mai la fine della storia; nell’eterna corsa tra guardie e ladri, i cittadini tendono poi a trovare altre VPN o le stesse VPN si adattano ai blocchi.
Signal e le big tech
Apple e Google controllano il software su quasi tutti gli smartphone in Russia e hanno dipendenti lì. YouTube, Instagram e TikTok sono siti popolari utilizzati per ottenere informazioni al di fuori dei media statali. Telegram, l’app di messaggistica nata in Russia e ora con sede a Dubai dopo le controversie con il governo, è uno degli strumenti di comunicazione più popolari del Paese.
SensorTower ha affermato che Signal è stato scaricato 132.000 volte nel paese la scorsa settimana, con un aumento di oltre il 28% rispetto alla settimana prima. Il traffico Internet russo verso Signal ha registrato una “crescita significativa” dal 1 marzo, ha detto Cloudflare.
Per facilitare la diffusione dell’utilizzo della tecnologia Tor, anche in territorio russo, il social network Twitter proprio la settimana scorsa ha ufficialmente acceso il proprio indirizzo .onion, con il quale qualsiasi utente può connettersi al sito, bypassando le più sofisticate tecniche di censura finora messe in atto dal governo. Esattamente come fanno ormai da tempo i cittadini cinesi, dietro il Grande Firewall governativo, ormai diventato parte integrante della politica del paese.
Altri social già presentavano l’adeguamento a questa tecnologia anni indietro: Facebook dal 2014, media internazionali come BBC, New York Times, ma anche portali indipendenti come ProPublica.
Amazon Web Services, uno dei principali fornitori di servizi di cloud computing, continua a operare in Russia, anche se afferma di non acquisire nuovi clienti. Sia Cloudflare, che aiuta a proteggere i siti Web da attacchi denial-of-service e malware, sia Akamai, che migliora le prestazioni del sito avvicinando i contenuti Internet al pubblico, continuano a servire i propri clienti russi, con eccezioni che includono il taglio delle società statali e imprese ora sanzionate.
I più grandi colossi, dunque, stanno adeguando le loro risorse, già oltre i confini dello Stato russo, di modo da non venir sottoposte a censura diretta, indirizzando i cittadini all’utilizzo di software utile a superare il controllo. VPN e Tor sono i due strumenti e le due armi più efficaci in questa guerra parallela per coloro che sono in grado di sfuggire alla propaganda statale, questo purtroppo, seppur un processo in divenire, vedrà comunque un rallentamento, almeno in questa fase iniziale, sulla copertura globale degli accessi a Internet. Per quanto semplice da utilizzare, questo sistema purtroppo esclude ancora un grande numero di utenti neofiti non in grado di impostare il proprio device, adeguandosi a questa tecnologia. Ma come per tutte le cose, se il progetto della Russia dovesse proseguire su questa strada, è destinato a trovare un muro tecnico insormontabile, creato proprio dalla diffusione massiva delle tecnologie VPN, che a quel punto diventerà pane quotidiano per chiunque.
Una internet “parallela” o quasi che cresce in Russia
Risale al 2019 il primo approccio della Russia all’isolamento dall’Internet che tutti conosciamo, l’anno in cui venne approvato e sperimentato il progetto RuNet. Con la guerra innescata dall’invasione russa dell’Ucraina, il Cremlino sembra prendere nuovamente provvedimenti di accelerazione di questo processo. Quasi come fossero delle sanzioni verso l’occidente, proprio in questi giorni Roskomnadzor, l’ente regolatore dei media e del digitale in Russia, ha inflitto una serie di ban verso i colossi del social a livello globale.
Il progetto di “Internet sovrana” RuNet, si differenzia dai parenti asiatici come la Cina che hanno adottato il Grande Firewall governativo, sostanzialmente perché questo grande processo prevede che tutta la presenza tecnologica di aziende rilevanti per lo stato, enti governativi e media che hanno legami e relazioni con il governo russo, rimangano geolocalizzati dentro il territorio russo, e sfruttino unicamente tecnologie e software dipendente dalla Russia. Questo permetterebbe, eventualmente, un giorno, la completa disconnessione dello stato dal resto dell’Internet, funzionando a internamente a pieno regime: con la propria app di messaggistica russa, con il proprio social network russo, con le proprie app per lo shopping…
Limitazioni per l’utilizzo in territorio russo di Twitter, Tik Tok e Facebook accusati di eccessiva moderazione nei confronti dei media pro narrazione Russia sulla vicenda della crisi ucraina, hanno portato prima a rallentamenti nelle connessioni verso i giganti social, poi come per il caso di Facebook e ora di tutto il gruppo Meta, grazie anche all’inclusione dal 14 marzo di Instagram nella lista nera, di un totale oscuramento.
Come già evidenziato da grandi esperti della comunicazione, gli eventi di questa invasione dell’Ucraina ad opera del governo russo stanno producendo una guerra parallela che si sta combattendo sul fronte della comunicazione. La propaganda, in entrambi gli schieramenti, è già diventata preponderante e, da ciò che possiamo rilevare, un’arma da difendere con la forza.
Quando si parla di sanzioni, nell’ultimo periodo si fa riferimento a tutte le azioni messe in moto da Stati Uniti ed Europa, nei confronti della Russia, come freno non armato all’escalation dei combattimenti che si sta producendo in territorio ucraino. La difesa della propaganda russa però, allo stesso tempo, sta mettendo in atto delle contro sanzioni nei confronti del mondo occidentale che però, difendono appunto la propaganda sulla narrativa del Cremlino, ma penalizzano le abitudini di milioni di cittadini russi. L’oscuramento in territorio russo di Facebook e Instagram, che ne sono solo l’ultimo recente esempio, nella realtà dei fatti, tocca un grande numero di utenti che quotidianamente accede alla propria vita “social di rete” come spettatore, come professionista o come influencer.