Il dibattito

Gli USA sospendono le attività cyber contro la Russia: impatti sulla sicurezza nazionale



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La direttiva segreta del Cyber command della Difesa USA, che punta a un allentamento delle tensioni con Mosca, sta suscitando dibattito, anche perché al momento non c’è reciprocità. Ecco le implicazioni sulla sicurezza cibernetica americana, sui rapporti internazionali e sulla strategia di difesa cibernetica degli Stati Uniti d’America

Pubblicato il 5 mar 2025

Tommaso Diddi

Analista Hermes Bay



Sospensione Usa delle operazioni informatiche contro la Russia: l'impatto sul mondo

Pete Hegseth, segretario alla Difesa degli Stati Uniti, ha ordinato la sospensione delle operazioni informatiche offensive condotte dal Pentagono contro la Russia.

La decisione, che punta a un allentamento delle tensioni con Mosca, sta suscitando dibattito per le sue implicazioni sulla sicurezza cibernetica americana, sui rapporti internazionali e sulla strategia di difesa cyber degli USA.

Il blocco delle attività offensive nel cyber spazio

Nei giorni scorsi è emerso che Hegseth ha emanato una direttiva segreta per bloccare le azioni offensive nel cyberspazio rivolte alla Federazione Russa.

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Secondo fonti governative, citate dai media statunitensi, l’ordine – impartito al Comando Cibernetico degli Stati Uniti (U.S. Cyber Command) – impone di interrompere ogni operazione di hacking offensivo ai danni di entità russe.

Si tratta di un cambiamento netto nella postura americana: negli ultimi anni Washington aveva intensificato le attività cyber contro Mosca in risposta a interferenze elettorali e attacchi informatici attribuiti a hacker russi.

L’ordine di Hegseth non riguarda le attività condotte da altre branche dell’intelligence statunitense. In particolare, la National Security Agency (NSA) e la Cia potranno proseguire le loro operazioni di raccolta informativa.

Lo stop si applica, dunque, soprattutto alle offensive digitali su scala militare sotto l’egida del Cyber Command, lasciando inalterato il lavoro puramente di intelligence.

Funzionari del Dipartimento della Difesa, interrogati sulla vicenda, hanno rifiutato di commentare nel merito adducendo ragioni di sicurezza operativa. Nessun commento ufficiale è giunto finora dalla Casa Bianca, che mantiene il riserbo sulle motivazioni di questa scelta.

Cambiamento di approccio geopolitico

La mossa si inserisce in un più ampio cambiamento di approccio geopolitico da parte dell’amministrazione insediatasi a Washington a gennaio.

Il Presidente Donald Trump ha manifestato l’intenzione di normalizzare i rapporti con la Russia dopo anni di confronto acceso.

Nel tentativo di un riavvicinamento diplomatico, la Casa Bianca ha assunto posizioni che sembrano assecondare alcune richieste di Mosca.

In questo contesto, l’ordine di Hegseth viene interpretato come un gesto per accontentare il Cremlino e favorire un clima negoziale sul fronte ucraino.

La risposta russa

Mosca ha accolto positivamente i segnali di distensione statunitensi. Dmitry Peskov, portavoce di Vladimir Putin, ha dichiarato che i nuovi orientamenti della politica estera americana “coincidono ampiamente con la nostra visione”.

Peskov ha lodato il “buon senso” di Trump nel rivedere rapidamente diverse posizioni, interpretando lo stop alle ostilità cibernetiche da parte del Pentagono come un passo nella direzione auspicata dal Cremlino.

L’assenza di reciprocità

Finora, tuttavia, non risultano gesti reciproci da parte russa nel dominio informatico. La Russia continua a portare avanti attivamente operazioni di hacking e campagne di disinformazione sia in Ucraina che verso obiettivi negli Stati Uniti e in Europa.

La capacità statunitense di guerra informatica

La decisione di Hegseth investe direttamente la capacità degli Stati Uniti di condurre la cosiddetta “guerra informatica”.

Le operazioni informatiche offensive comprendono una vasta gamma di azioni: dall’intrusione nelle reti avversarie per rubare dati o intelligence, fino al sabotaggio di infrastrutture critiche e alla diffusione mirata di propaganda e disinformazione.

Una strategia di ingaggio persistente nel cyberspazio

Negli ultimi anni, il Cyber Command aveva adottato una strategia di ingaggio persistente nel cyberspazio, intervenendo attivamente nelle reti ostili per contrastare le minacce prima che potessero colpire gli Usa.

Per esempio, all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, squadre cyber americane furono inviate a Kiev per aiutare le autorità locali a rafforzare le difese digitali e condividere informazioni sulle attività hacker di Mosca.

All’interno degli Usa, la decisione ha suscitato un vivace dibattito. Alcuni membri del Congresso hanno chiesto spiegazioni, preoccupati per le implicazioni sulla sicurezza nazionale.

Il deputato Adam Smith, capofila democratico nella Commissione Forze Armate della Camera, ha affermato che Hegseth “deve fornire al più presto chiarimenti” sul provvedimento, chiedendo se abbia valutato le conseguenze sui partner e sulla sicurezza nazionale.

I democratici accusano Trump di eccessiva arrendevolezza verso Putin. Il leader democratico al Senato, Chuck Schumer, ha ammonito che “la miglior difesa è un buon attacco, e questo vale anche in ambito informatico”, contestando la logica di indebolire volontariamente le capacità offensive americane.

Il tomore dei Paesi Nato più esposti agli attacchi filo russi

Nel frattempo, la portata internazionale di questa mossa è oggetto di analisi.

Gli alleati europei, che da anni subiscono attacchi informatici attribuiti a Mosca, guardano con qualche apprensione al cambio di rotta americano: un minor attivismo di Washington nel cyberspazio potrebbe togliere un deterrente verso il Cremlino.

Paesi Nato più esposti alla minaccia russa, come quelli dell’Europa orientale, temono che un allentamento della postura statunitense dia ulteriore spazio di manovra agli hacker filogovernativi russi.

Stop alle attività offensive cyber americane: l’opinione degli esperti

Lo stop improvviso all’arma cibernetica offensiva americana preoccupa molti esponenti della comunità della sicurezza. Numerosi esperti sottolineano che le operazioni offensive servono spesso a sventare sul nascere campagne ostili e a raccogliere intelligence sulle capacità nemiche.

Rinunciandovi, gli USA potrebbero trovarsi con minori “allarmi preventivi” su eventuali attacchi in preparazione. Per esempio, infiltrarsi nei gruppi hacker legati ai servizi segreti russi consente di individuare in anticipo virus e malware progettati contro bersagli occidentali. Senza questa presenza attiva, aumentano le probabilità che minacce non intercettate si traducano in attacchi riusciti.

John Ratcliffe, direttore della Cia, ha ribadito in un’audizione al Senato l’importanza di disporre di tutti gli strumenti per passare all’offensiva contro gli avversari digitali, sottolineando come nel moderno scenario bellico la supremazia nel cyberspazio sia cruciale.

Sulla stessa linea, Snehal Antani – esperto ed ex ufficiale cyber delle forze speciali – avverte che un passo indietro dell’America sul piano offensivo rischia di far perdere terreno nella costante competizione cibernetica tra nazioni.

Prospettive future

La sospensione delle operazioni informatiche offensive contro la Russia, decisa da Hegseth, segna un momento delicato per la strategia americana nel cyberspazio.

Si tratta di un tentativo di calibratura fra l’esigenza di evitare escalation e quella di mantenere una solida deterrenza. Molto dipenderà dalle prossime mosse del Cremlino: se la moderazione americana verrà ricambiata da un ridimensionamento delle attività ostili russe, oppure se sarà interpretata come un segnale di debolezza.

Nel frattempo, gli apparati di sicurezza statunitensi dovranno colmare il vuoto lasciato da questo “cessate il fuoco” cibernetico, rafforzando le difese e affinando altri strumenti di sorveglianza.

L’equilibrio tra diplomazia e sicurezza nel dominio digitale non è mai stato tanto precario. E la comunità internazionale osserva attentamente per capire se questa scelta porterà a una stabilizzazione dei rapporti con Mosca o se esporrà invece gli Stati Uniti e i loro alleati a nuovi rischi nel vasto teatro della guerra cibernetica.

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