La terribile vicenda della bambina di Palermo morta per aver partecipato ad una challenge online sul social aperto ai più giovani costringe il Garante a prendere provvedimenti immediati. Non è, però, un fulmine a ciel sereno: l’Autorità aveva già aperto un procedimento nei confronti del Social cinese a dicembre.
Si tratta di capire, ora, se il provvedimento avrà efficacia e quanto inciderà sulla sanzione che – a questo punto, quasi certamente – verrà irrogata alla piattaforma.
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L’antefatto: l’istruttoria aperta a dicembre
“Scarsa attenzione alla tutela dei minori, divieto di iscrizione ai più piccoli facilmente aggirabile, poca trasparenza e chiarezza nelle informazioni rese agli utenti, impostazioni predefinite non rispettose della privacy. Sono queste le principali violazioni che il Garante per la protezione dei dati personali ha contestato a Tik Tok, il social utilizzato soprattutto da giovanissimi che consente di creare, condividere e commentare brevi video. Per quanto sulle problematiche poste da Tik Tok sia in corso un’attività nell’ambito del Comitato che riunisce le Autorità europee, il Garante ha avvertito l’urgenza di aprire comunque un procedimento formale nei confronti del social network a tutela dei minori italiani”.
Questi i termini con cui il Garante Privacy ha aperto il comunicato stampa del 22 dicembre 2020 con cui annunciava di aver aperto l’istruttoria a carico del social network molto diffuso tra i giovanissimi.
Già in quella sede il Garante ha evidenziato le maggiori criticità poste dall’utilizzo della piattaforma da parte dei minori italiani, chiedendo una task force europea – necessaria dato che il social ha sede legale in Irlanda – e dando un termine di 30 giorni a Tik Tok per rispondere e rimuovere le criticità indicate.
Tik Tok ha chiesto una proroga del termine al 29 gennaio, per le difficoltà determinate dal periodo natalizio e dalla pandemia in corso.
Al 22 gennaio, quindi, la Società non solo non ha risposto ma non è, evidentemente, riuscita a porre rimedio alle falle evidenziate dal garante.
Il provvedimento dell’Autorità Garante e i probabili sviluppi
Il Garante, invocando l’articolo 58, paragrafo 2, lettera f) e l’articolo 66, paragrafo 1, del Regolamento UE 16/679 (Gdpr), ha “sospeso” il Social, disponendo la misura della limitazione provvisoria del trattamento.
Tik Tok, in pratica, non potrà trattare dati di utenti presenti sul territorio italiano (quindi anche stranieri) di cui non abbia “assoluta certezza dell’età” e di cui non possa garantire il rispetto scrupoloso delle normative in tema di requisiti anagrafici.
E’ verosimile che, per adempiere in modo “completo” alla misura presa dal Garante, il social debba “chiudere”, almeno in Italia, per qualche tempo.
D’altra parte, il caso della bambina palermitana è talmente grave da diventare uno scandalo internazionale, posto che, a livello UE, già si ipotizza il bando del Social cinese.
La sanzione
Tik Tok, a questo punto, oltre a rischiare – con probabilità prossima alla certezza – una sanzione elevatissima, fino al 4 per cento del fatturato, per il Gdpr – questioni di geopolitica commerciale permettendo e di confronti con l’autorità irlandese che ha la diretta competenza su TikTok per via della sua sede legale – dovrà necessariamente adeguare le proprie policy con urgenza.
Va detto che, più che i termini di utilizzo, ciò che deve cambiare sono le procedure interne di selezione degli utenti e le modalità del trattamento dei dati, del loro impiego e, soprattutto, il controllo sui contenuti.
Il Garante, infatti, ha evidenziato lacune sia in termini di privacy by design che di privacy by default “e, soprattutto, delle forme previste per verificare l’età anagrafica degli utenti medesimi con evidente riferimento, in particolare, ai minori”: come dire che il sistema impostato dal Social cinese è del tutto inidoneo garantire standard minimi di protezione per i minori.
Il provvedimento è stato comunicato immediatamente alle altre Autorità garanti interessate ed al Comitato europeo per la protezione dei dati ed alla Commissione europea per le valutazioni sul punto – valutazioni che, è verosimile, non tarderanno ad arrivare.
Tik Tok può, comunque, opporre con ricorso il provvedimento provvisorio – ha efficacia, per ora, fino al 15 febbraio 2021 – ai sensi dell’articolo 78 del Regolamento UE 16/679, nonché degli articoli 152 del Codice Privacy e 10 del decreto legislativo 150 del 2011.
La vicenda potrebbe avere conseguenze di natura penale
E ricordiamo che non c’è solo il tema privacy. La Procura della repubblica presso il Tribunale di Palermo ha aperto un fascicolo, verosimilmente contro ignoti, per istigazione al suicidio.
E’ un’indagine “necessitata” dall’enorme clamore mediatico che ha avuto la vicenda e che può essere portata solo nei confronti di chi ha messo online la challenge; per ora appare improbabile che quel titolo di reato possa portare ad indagare i responsabili del social cinese.
L’istigazione al suicidio è un reato previsto dall’articolo 580 del Codice penale e punisce chi determina o rafforza in altri il proposito suicida; le pene sono quelle previste per l’omicidio nei casi in cui la vittima sia minore di anni quattordici o priva di incapacità di intendere e volere.
Al di là della difficoltà di individuare l’autore della challenge, per ipotizzare una responsabilità a carico dei gestori del social sarebbe necessario chiarire quali figure erano preposte alla vigilanza e quali poteri avevano di gestire concretamente e giuridicamente i contenuti.
Sarebbe inoltre necessario verificare con certezza quali deleghe sono state conferite e in capo a quale soggetto incombesse l’onere di vigilanza cosiddetta alta, ossia sostitutiva nelle ipotesi di inerzia dei delegati.
Non proprio una passeggiata, insomma.
Sotto il profilo della responsabilità penale degli enti, l’uso dei social dimostra, per l’ennesima volta, come il legislatore penale rincorra, senza mai raggiungerla, la chimera della tutela preventiva.
L’articolo 580 del Codice penale, infatti, non rientra tra i reati presupposto previsti dal Decreto legislativo 231 del 2001, né tra i reati inseriti con altre leggi speciali: per capire meglio il fenomeno, la check list di questi reati è composta da un elenco di oltre un centinaio di figure criminose.
Il Ceo di Tik Tok ed i delegati responsabili saranno certamente responsabili del reato di inosservanza della misura disposta dal Garante, prevista dall’articolo 170 del Codice privacy e la Società potrebbe incorrere nella sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’articolo 83, par. 5, lette e), del Regolamento Ue 16/679.
Conclusioni
La triste vicenda della bimba palermitana si inserisce in un contesto di violazione delle policy in tema di accesso dei minorenni sui social già noti e mai risolti invia di prassi.
Il legislatore penale dovrebbe accorgersi, una volta per tutte, del fatto che lo spazio digitale inizia a porre quesiti sempre più stringenti e specifici, non indifferenti nemmeno all’opinione pubblica.
Dopo la censura operata da Twitter a Donald Trump, i media tradizionali si sono incredibilmente accorti del fatto che non fosse chiaro, ai più, se i social network – soggetti privati e votati al profitto, senza finalità di natura pubblica – sono “editori o edicole”.
È, quindi, assolutamente auspicabile una risposta centrale a livello di Unione europea, anche perché gli ordinamenti nazionali, salvo poche eccezioni possono non avere la forza per contrastare fenomeni iperdiffusivi come l’utilizzo dei social media (in particolare in epoca di pandemia).
Sul legislatore nazionale, allo stato, non si può fare affidamento per ottenere tutela mirata per questo tipo di sfide: allo stato, appare inadeguato ed impegnato in altre faccende, con risultati altrettanto insoddisfacenti.
Su questo ultimo passaggio, peraltro, non è da escludere un futuro intervento della Corte europea per i diritti dell’Uomo, che in più occasioni ha sanzionato il nostro Paese per aver offerto tutele insufficienti al bene giuridico “vita”.