Super occhiali infrarossi e dispositivi video intelligenti: sistemi sui cui trattamenti dei dati è necessario far luce per verificare la sussistenza di eventuali irregolarità. Per questo motivo, i Comuni di Arezzo e di Lecce sono al centro di due istruttorie avviate dal Garante privacy in materia di videosorveglianza intelligente. La necessità di approfondimento da parte dell’autorità è data, in particolare, dall’intenzione da parte dei due enti pubblici di utilizzare rispettivamente tecnologie volte a favorire il controllo a distanza e il riconoscimento facciale.
Per l’avvocata Anna Cataleta, senior partner di P4I, “l’apertura di queste istruttorie da parte del Garante privacy desta particolari preoccupazioni sul fronte della tutela dei dati personali“. Non mancano infatti i precedenti da parte di altri enti pubblici e va ricordata la stringente normativa in materia.
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Il caso dei super occhiali infrarossi del Comune di Arezzo
Il Comune di Arezzo avrebbe manifestato l’intenzione di avviare dal primo dicembre la sperimentazione di super occhiali infrarossi. Uno strumento con cui, nelle intenzioni, rilevare facilmente le infrazioni partendo dal numero di targa di un veicolo e collegandosi alle banche dati nazionali e verificare se i documenti del conducente siano validi. Il Garante privacy, come indicato in una nota ufficiale, “ha messo in guardia dall’uso di dispositivi video che possano comportare – anche indirettamente – un controllo a distanza sulle attività del lavoratore e ha invitato al rispetto delle garanzie previste dalla disciplina privacy e dallo Statuto dei lavoratori”.
Il Comune di Arezzo dunque dovrà fornire all’autorità:
- copia dell’informativa destinata agli interessati, cioè sia i cittadini conducenti dei veicoli che il personale che dovrà indossare i super occhiali;
- valutazione d’impatto sui trattamenti dei dati.
Per Cataleta, “è necessario mettere in guardia sull’uso di dispositivi video che possano comportare – anche solo indirettamente – un controllo a distanza sulle attività del lavoratore” e dunque il Garante “ha invitato al rispetto delle garanzie previste dalla disciplina privacy e dallo Statuto dei lavoratori”.
Riconoscimento facciale a Lecce, cosa dice il Garante privacy
Intanto è stata aperta un’istruttoria anche nei confronti del Comune di Legge, che ha annunciato di voler introdurre un sistema basato su tecnologie di riconoscimento facciale. Il Garante ha precisato che “in base alla normativa europea e nazionale il trattamento di dati personali realizzato da soggetti pubblici, mediante dispositivi video, è generalmente ammesso se necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri”. Tuttavia, i Comuni possono usare tali strumenti “solo a condizione che venga stipulato il cosiddetto patto per la sicurezza urbana tra Sindaco e Prefettura“.
Il Garante ha inoltre chiarito che fino al 31 dicembre 2023, o meglio fino all’entrata in vigore di precise normative in materia, nel nostro Paese non sono consentiti “l’installazione e l’uso di sistemi di riconoscimento facciale tramite dati biometrici, a meno che il trattamento non sia effettuato per indagini della magistratura o prevenzione e repressione dei reati. La moratoria nasce dall’esigenza di disciplinare requisiti di ammissibilità, condizioni e garanzie relative al riconoscimento facciale, nel rispetto del principio di proporzionalità”.
Ora il Comune di Lecce dovrà fornire all’Autorità:
- il dettaglio dei sistemi adottati, delle finalità e delle basi giuridiche dei trattamenti dei dati,
- l’elenco delle banche dati che verranno consultate dai dispositivi
- la valutazione d’impatto sul trattamento dati in quanto, ricorda il Garante, “il titolare è sempre tenuto ad effettuare nel caso di sorveglianza sistematica su larga scala di una zona accessibile al pubblico”.
Il precedente
Ricorda Cataleta che “già nel 2020 il Comune di Como aveva acquistato telecamere dotate di riconoscimento facciale in luoghi aperti al pubblico. Lo stesso Garante era poi intervenuto chiedendo all’amministrazione comunale delucidazioni sull’impiego di tale tecnologia e della sua finalità, per poi vietare del tutto l’utilizzo delle videocamere”.
Cosa dice la normativa sul riconoscimento facciale
Inoltre, per Cataleta è utile ricordare “che il Decreto Capienze (D.L. 139/2021), successivamente convertito nella legge n. 205 del 3 dicembre 2021, lo scorso anno ha stabilito un significativo stop all’utilizzo dei sistemi di riconoscimento facciale incorporati nelle videocamere di sorveglianza poste in luoghi pubblici. In particolare, tale moratoria sarà applicata fino al 31 dicembre 2023, o comunque fino all’entrata in vigore di una normativa specifica in materia. Ad oggi, pertanto, l’impiego di tali sistemi di riconoscimento biometrico in luoghi pubblici è consentito esclusivamente in determinati casi: per indagini della magistratura o prevenzione e repressione dei reati. Inoltre, il Garante ha sottolineato che i Comuni possono utilizzare impianti di videosorveglianza, ma solo a condizione che venga stipulato il cosiddetto “patto per la sicurezza urbana tra Sindaco e Prefettura”.
La stringente regolamentazione di tale tema “non è casuale. Difatti, uno sfruttamento poco oculato di simili tecnologie potrebbe comportare un pericolo concreto di sorveglianza sistematica su larga scala, il quale deve essere evitato a tutti i costi all’interno di una società democratica e attenta al pieno rispetto dei diritti umani“.