Numerosi potrebbero essere i profili di criticità del servizio Weople, app fondata dalla società Hoda che promette ai propri iscritti una remunerazione in cambio della cessione dei loro dati personali. Analizziamo le problematiche relative a diritti degli interessati, concorrenza sleale e tutela del consumatore.
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Portabilità e commercialità dei dati
Ormai nota è la lettera a firma di Antonello Soro con cui l’Autorità Garante Privacy italiana ha posto all’attenzione del Comitato europeo per la protezione dei dati personali (Edpb) la questione di Weople con lo specifico obiettivo di valutare la corretta applicazione del diritto alla portabilità dei dati personali e della commerciabilità degli stessi.
Senza entrare nel merito dei due istituti (portabilità e commercialità dei dati) che richiederebbe un’analisi dettagliata in considerazione della delicatezza e della complessità delle tematiche e, allo stesso modo, senza effettuare una puntuale disamina di come Weople ha applicato, o forse, di come Weople potrebbe aver “forzato” l’applicazione della normativa in materia di protezione dei dati personali (alle Autorità competenti sono riservate le valutazioni finali del caso), ci si chiede in primis se e in che limiti sia corretto considerare i dati personali come una vera e propria merce di scambio dietro remunerazione nonché far diventare l’esercizio dei diritti degli interessati come uno strumento capace di generare valore economico.
Sembra degna di una breve nota l’attenzione da porre all’oggetto delle richieste di portabilità degli interessati effettuate tramite Weople, in quanto si riferiscono non solo ad informazioni di natura strettamente personale ma anche (e forse soprattutto), ad informazioni di carattere commerciale di cui è perlomeno discutibile la portabilità come ad esempio alcune informazioni richieste alle aziende della grande distribuzione organizzata quali il codice EAN dei prodotti, quantità e prezzo del prodotto, valore assoluto del singolo pezzo.
Oltre a ciò, un altro aspetto che desta qualche perplessità è che la scelta dei dati da far rientrare nel diritto alla portabilità è effettuata esclusivamente dall’app Weople evidentemente secondo il proprio interesse commerciale e non direttamente dall’interessato o secondo le effettive esigenze dell’interessato, al quale non è consentito effettuare alcuna selezione dei dati da richiedere attraverso la piattaforma.
L’obiettivo commerciale di Weople
In altre parole, Weople genera delle richieste che rendono impossibile per l’interessato esercitare la capacità di autodeterminazione nella gestione dei propri dati personali e che, a fronte di una remunerazione, sembrano avere come principale conseguenza la perdita di controllo dei dati stessi.
Una valorizzazione dei dati che non rispetti i diritti degli interessati e la commercializzazione tout court degli stessi rischia di svuotare di ogni significato una parte importante della normativa vigente, con importanti ripercussioni anche sotto il profilo della concorrenzialità tra i titolari del trattamento.
Tale ultima considerazione induce ad una riflessione più ampia, ovverosia comprendere prima di tutto il vero obiettivo commerciale dell’app Weople, indipendentemente da come questo si palesa, cosa dichiara e cosa promette agli interessati e consumatori.
L’utilizzo della normativa in materia di protezione dei dati personali e, in particolare, dei diritti degli interessati potrebbe essere strumentale all’ottenimento di informazioni estremamente riservate, afferenti politiche industriali che, anche se in parte pubbliche, non sono facilmente rinvenibili sul mercato nelle stesse forme e con le stesse modalità consentite dall’App Weople ovvero dalla condivisione dei titolari in modo completo, aggregato, periodico e comparato.
Questo sarebbe tutt’altro (o meglio è esattamente il contrario) degli obiettivi dichiarati dal gestore dell’app che sono invece il preteso maggior controllo dei dati personali, l’equità e la trasparenza della gestione dei dati.
A parere degli scriventi, si auspica che le Autorità di controllo coinvolte nella vicenda analizzino il quadro di insieme dell’operazione Weople, considerando la necessità di garantire, prima di tutto, una corretta applicazione delle norme in materia di protezione dei dati personali nonché trasparenza e chiarezza nei confronti degli utenti che accedono ai contenuti digitali per usufruire dei servizi messi a loro disposizione.
Weople: il contesto attuale
Tornando al tema della valorizzazione economica dei dati personali, si tenga in considerazione che viviamo un’epoca storica in cui la cultura dei dati personali e la protezione della persona fisica tramite i dati personali dovrebbe essere considerata come un diritto fondamentale dell’individuo o meglio un diritto della persona che, in quanto tale, è elevato a diritto indisponibile o anche intrasmissibile.
Se consideriamo tale scenario di ipersensibilità alla protezione e sicurezza, la cessione dei propri dati personali dietro remunerazione e la conseguente “attività di investimento” dei dati per ottenere i ricavi e corrispondere quanto promesso all’interessato induce, senza dubbio, ad una minore o sbagliata impostazione della privacy con l’ovvia conseguenza di screditare il valore dei dati sotto il profilo del rischio e del pregiudizio (assolutamente sbagliato!), valorizzando invece i dati solo sotto il profilo economico ovvero di “facile guadagno” considerato che la cessione dei dati personali non richiederebbe sforzi di alcun tipo per gli interessati.
Se un atto personalissimo come quello dei diritti degli interessi dovesse essere veramente eterodiretto e al contempo essere considerato legittimo si svuoterebbe irreversibilmente di ogni significato l’intera disciplina della protezione dei dati personali senza contare i rischi di creare una molteplicità infinita dei dati stessi con impatti organizzativi complessissimi per le aziende che potrebbero ricevere centinaia di migliaia di richieste al giorno! Si rende quindi necessario intervento regolatore per il mercato selvaggio dei dati personali, anche in considerazione dei recenti fatti di Cambrige Analityca.
La concorrenza sleale
Con il sistema Weople (ovvero sfruttare a fini lucrativi i diritti degli interessati sanciti dalla nuova normativa in tema di protezione dei dati personali) si viene a dare vita a un’attività economica che, per come delineata da Hoda S.r.l., solleva inoltre plurime potenziali criticità anticoncorrenziali a fronte delle informazioni commercialmente sensibili ed importanti per titolari dei dati richiesti da Hoda nonché dell’inesistenza di garanzie che rassicurino che il dato venduto dalla startup alle aziende interessate sia correttamente ed indissolubilmente aggregato. Anzi con lo scopo estrinseco di Hoda di offrire alle aziende/clienti un quid pluris, ossia un servizio che metta a disposizione delle informazioni, anche facilmente rinvenibili sul mercato, ma in modo completo e comparato, così da conferire un valore aggiunto o conoscitivo ulteriore al dato reperibile sul mercato senza i costi, tempi e risorse necessari per la loro raccolta.
Tra le criticità anticoncorrenziali non può senz’altro passare inosservato il fatto che Hoda vede quale suo azionista qualificato la società Cooptech (controlla una percentuale non certo secondaria delle quote di Hoda), che è strettamente collegata a società appartenenti al mondo Coop, in diretta concorrenza con qualsiasi azienda della grande distribuzione organizzata destinataria delle richieste di portabilità tramite Weople.
Anche sotto questo profilo un’analisi da parte delle competenti Autorità potrebbe essere opportuna.
Tutela del consumatore
Non mancano infine problematiche relative alla tutela dei consumatori, i quali devono consegnare (o caricare) i propri dati personali, conferendo tali “assets” ad Hoda senza chiaramente sapere quando e come riceveranno il corrispettivo dovuto per tale attività (alcuni malumori traspaiono peraltro sul profilo Facebook dell’App Weople ).
La campagna pubblicitaria di Hoda sembra aver generato, oltre che elevate aspettative, una certa confusione circa i servizi erogati e in relazione alle effettive utilità ricavabili dall’applicazione. Dalle evidenze note sembrerebbe che l’app Weople, ad oggi, non stia funzionando esattamente come dichiarato nella campagna pubblicitaria degli scorsi mesi perché la possibilità di guadagnare denaro fornendo gratuitamente i propri dati personali, che rappresenta la principale finalità della piattaforma, è subordinata ad una condizione (che ad oggi non risulta dichiarata in modo chiaro) ovvero il raggiungimento dell’obbiettivo di 100.000 utenti (come può un utente essere certo, in autonomia, del raggiungimento di tale soglia?).
Insomma, non ci resta che seguire gli sviluppi dell’istruttoria e attendere la decisione degli organi chiamati ad esprimersi nel merito della legittimità del servizio.