L’app Immuni, recentemente rilasciata e definita come uno “strumento in più contro l’epidemia” creato per aiutarci a combattere la Covid-19, utilizza la tecnologia Bluetooth (Bluetooth Low Energy, per l’esattezza) per avvertire gli utenti che hanno avuto un’esposizione al virus, anche se sono asintomatici.
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I rischi cyber e privacy dell’app Immuni
Ricorderemo che in un primo momento l’app di contact tracing (di cui è possibile trovare tutte le informazione relative a documentazione e codice sorgente su GitHub) doveva e poteva sfruttare la geolocalizzazione per il tracciamento dei contatti, ma per motivi di privacy e di precisione è stata scartata: il suo funzionamento è stato quindi incentrato sull’utilizzo del Bluetooth.
In pratica, Immuni intercetta attraverso il Bluetooth i dispositivi aperti con il medesimo protocollo e, se il tempo di prossimità e la distanza sono adeguati, traccia il contatto.
Ovviamente, per utilizzare l’app, il Bluetooth del cellulare deve essere sempre acceso, specialmente in luoghi di potenziale assembramento come mezzi pubblici, negozi e strade affollate, ma anche per situazioni di incontri casuali.
Il Bluetooth solitamente è già usato quotidianamente per la connessione degli auricolari wireless per smartphone o per i vari dispositivi IoT, ma è un uso controllato perché l’associazione avviene con un dispositivo conosciuto e tipicamente via PIN code. Invece, per consentire la tracciabilità dell’APP non è così: dispositivi sconosciuti e app casuali potranno tracciare gli smartphone e tentare di mettersi in comunicazione a insaputa dell’utente o, meglio, al di fuori del suo controllo in quanto il Bluetooth sarà sempre acceso, attivo e rintracciabile.
Questo è un aspetto che mette in crisi e in pericolo la sicurezza del device, quindi dei nostri dati e della nostra privacy.
Nel 2019, ad esempio, il gruppo cyber criminale informatico ScarCruft ha sviluppato un malware che, sfruttando API Bluetooth di Windows, raccoglieva informazioni sui dispositivi come nomi, indirizzi e modelli dei dispositivi stessi.
Dopo che il sistema è stato compromesso, il malware (identificato come Trojan.Win32.SCARCRUFT.AA) scarica un dropper che gli consente di eludere il controllo dell’account utente di Windows (UAC, User Account Control), un componente vitale per la sicurezza globale di Microsoft.
Una volta che il malware bypassa il controllo UAC, può essere eseguito con privilegi più elevati e trarre vantaggio dal codice di penetration test legittimo all’interno dell’organizzazione compromessa. Infine, il malware installa Rokrat (rilevato come Trojan.Win32.ROKRAT.AB), uno strumento di accesso remoto (RAT) che viene eseguito su un servizio cloud.
ROKRAT ruba e sottrae varie informazioni da sistemi e dispositivi sulla rete compromessa per inviarle a provider di servizi cloud noti come Box, DropBox, pCloud e Yandex.Disk. Non è la prima volta che la backdoor ROKRAT produce attacchi e perdita di dati, nel 2017, ha utilizzato la piattaforma di social media Twitter come canale C&C (controllo e comando) e Yandex e Mediafire per scopi di esfiltrazione dei dati.
BlueBorne: le vulnerabilità che espongono miliardi di dispositivi
La società di sicurezza IoT Armis ha individuato quello che hanno chiamato BlueBorne, una serie di vulnerabilità nell’implementazione del Bluetooth in vari sistemi operativi: Android, Linux, iOS e Windows.
Se sfruttati con successo, possono consentire agli aggressori l’accesso da remoto al dispositivo. I difetti di sicurezza possono anche consentire agli aggressori di saltare da un dispositivo abilitato Bluetooth all’altro. Lo sfruttamento di BlueBorne potrebbe consentire a un utente malintenzionato di eseguire codice dannoso, rubare dati ed eseguire attacchi Man-in-the-Middle (MitM).
Di seguito le vulnerabilità riscontrate:
- CVE-2017-1000251: vulnerabilità in modalità remota (RCE) nel kernel Linux
- CVE-2017-1000250: perdita di informazioni nello stack Bluetooth di Linux (BlueZ)
- CVE-2017-0785: un bug nella perdita di informazioni per il sistema operativo Android
- CVE-2017-0781: vulnerabilità RCE in Android
- CVE-2017-0782: un difetto RCE in Android
- CVE-2017-0783: una vulnerabilità di attacco MitM nel Bluetooth Pineapple di Android
- CVE-2017-8628: un simile difetto MitM nell’implementazione Bluetooth di Windows
- CVE-2017-14315: vulnerabilità RCE tramite il protocollo audio a bassa energia di Apple
Un utente malintenzionato può sniffare, intercettare o reindirizzare il traffico tra dispositivi abilitati Bluetooth per accedere ai propri dati, ad esempio.
Armis ha spiegato nella loro analisi: “Esaminando il dispositivo, l’attaccante può determinare quale sistema operativo sta usando la sua vittima e regolare di conseguenza il suo exploit. L’attaccante sfrutterà quindi una vulnerabilità nell’implementazione del protocollo Bluetooth nella relativa piattaforma e otterrà l’accesso di cui ha bisogno per agire sul suo obiettivo maligno”.
Usare l’app Immuni in sicurezza
In conclusione, l’app Immuni può essere esposta ad attacchi informatici grazie a queste caratteristiche di utilizzo:
- Bluetooth sempre abilitato;
- raggio d’azione del dispositivo abilitato Bluetooth entro i 10 metri;
- l’attacco può avvenire per qualsiasi sistema operativo mobile.
L’aggiornamento del sistema operativo installato sullo smartphone aiuta a mitigare gli attacchi che possono essere eseguiti.
Bisogna adottare le migliori pratiche per la sicurezza mobile, come introdurre password complesse e diverse per ogni tipo di accesso, introdurre un PIN per lo sblocco del telefono, utilizzare applicazioni di crittografia dei dati che vengono salvati sul device.
È importante, inoltre, applicare politiche di gestione delle patch e se non abbiamo ancora patchato il nostro dispositivo, è consigliabile disattivare il Bluetooth e utilizzarlo solo quando è strettamente necessario.