La manipolazione mentale è intorno a noi, in ogni interazione sociale. Lo scopo di chi la mette in atto è quello di modificare il comportamento o le opinioni della vittima. Non è sempre effettuata con intenzioni negative, ma può diventare molto pericolosa in quanto, nonostante alla vittima sembri di decidere in maniera indipendente, in realtà si trova sotto l’influenza di un terzo.
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Cos’è la manipolazione mentale
Le tecniche di manipolazione mentale (o anche di controllo mentale) sono generalmente costituite da:
- un’azione, con l’invio di un messaggio verbale o non verbale, con lo scopo di ingannare l’altra persona;
- un mezzo di trasporto, tramite il quale il messaggio viene inviato per fa sì che la vittima lo comprenda nella maniera desiderata dall’attaccante;
- le intenzioni, in quanto chi inganna sa che le informazioni trasmesse sono false.
L’inganno, quindi, si può presentare sotto forma di:
- bugie: dare informazioni lontane dalla verità. Dalle menzogne deriva il caos ed è per questo che la società ha in essere leggi per punire che persegua questa strada;
- equivoci: fare dichiarazioni indirette, ambigue e contraddittorie, che potrebbero anche rispecchiare la verità ma sono utilizzate per confondere l’interlocutore;
- occultamenti: omettere informazioni importanti o pertinenti per il contesto della conversazione o tenere comportamenti che nascondano informazioni rilevanti;
- esagerazioni: sopravvalutare o ingigantire la verità. Le informazioni non vengono nascoste ma modificate per ottenere la reazione desiderata da parte di chi inganna;
- sottovalutazioni: minimizzare gli aspetti della verità. Chi inganna proverà questa strada per cercare di uscire dai guai.
Manipolazione mentale: le tecniche di ingegneria sociale
Come vengono sfruttate queste tecniche da un ingegnere sociale? L’attaccante procede sempre con la creazione di un cosiddetto pretesto, cioè di uno scopo o motivo presunto o aspetto assunto per mascherare la vera intenzione o stato delle cose.
Un pretesto nasce quando un attaccante crea un personaggio fittizio che ha un particolare ruolo, basandosi su informazioni a propria disposizione, per raggiungere un obiettivo specifico.
Un esempio pratico potrebbe essere quello in cui l’ingegnere sociale abbia la necessità che la vittima apra un documento ricevuto per e-mail.
Un pretesto funzionale a tale scopo potrebbe essere costruito assumendo l’identità fittizia di un componente dello staff IT che si occupa di supporto, è a conoscenza dell’indirizzo e-mail della vittima e invia una comunicazione strutturata in modo che chi la riceva sia spinto ad aprire il file in allegato.
Per far sì che un pretesto e il conseguente attacco di ingegneria sociale abbiano successo, è necessario che l’attaccante utilizzi storie semplici e corte, che spingano la vittima a non porsi o porre troppe domande.
L’attaccante deve essere inoltre a conoscenza di quali siano gli elementi tecnici coinvolti, il background e la cultura della persona o del gruppo sociale target, in modo da rendere credibile, nel caso specifico, l’e-mail che sta per inviare. Utilizzare ad esempio particolari acronimi o modi di dire tipici di una organizzazione, tende a far sì che gli utenti abbiano meno dubbi sulla veridicità del messaggio ricevuto.
L’ingegnere sociale deve inoltre essere confidente nei propri mezzi, sia che l’azione avvenga di persona o da remoto: ogni minima esitazione rischia di compromettere il successo dell’operazione.
Come avviene un attacco di manipolazione mentale
Il manipolatore procede quindi, nello svolgimento dell’attacco, a sfruttare le reazioni umane a precisi input. Possiamo rilevare queste metodologie:
- rinforzo positivo: essere gentili con la vittima, utilizzare modi affettati, donare regali o dare particolari attenzioni;
- rinforzo parziale ed intermittente: usato in maniera occasionale, con lo scopo di rendere la vittima spaventata e farle perdere le proprie certezze;
- rinforzo negativo: il manipolatore finge di aiutare la vittima ad uscire da una situazione negativa, ponendo le proprie azioni in modo che sembrino una ricompensa;
- punizione: tecnica basilare utilizzata dai manipolatori, in modo da far sì che le vittime pensino di aver fatto qualcosa di sbagliato e modifichino la propria attitudine o i propri comportamenti nei confronti dell’attaccante;
- intimidazione: il manipolatore usa rabbia esplosiva o abusi per mostrare chi sia dominante ed abbia il controllo.
Il manipolatore deve essere in grado di individuare le vittime adatte. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone che desiderano piacere a tutti, con bassa autostima e che vedono soddisfatta la propria necessità di intessere rapporti sociali ad ogni singola interazione.
Queste persone sono ingenue, con poca confidenza nei propri mezzi e solitamente con dipendenza emotiva. Proprio su queste caratteristiche interviene l’ingegnere sociale che gioca con le emozioni e lentamente procede sino a raggiungere il proprio obiettivo.
I metodi impiegati negli attacchi di social engineering
Secondo l’ultimo rapporto del Clusit, nel 2019 la tecnica di attacco che ha avuto un maggior incremento nell’utilizzo rispetto al 2018 è stata “Phishing / Social Engineering” con un +81,9%.
Analizziamo quali siano i metodi impiegati negli attacchi di social engineering più comuni:
Attacco | Metodi impiegati |
Phishing: un cyber criminale prepara un’e-mail con un link o un allegato malevolo e la invia alle vittime. I target interagiscono con il messaggio eseguendo le azioni desiderate dall’attaccante. |
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Vishing & Smishing: il cyber criminale usa la comunicazione verbale o via SMS per camuffare la propria identità, ottenere la fiducia dell’utente e raggiungere il proprio scopo. |
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Pretexting: l’attaccante crea un personaggio in base alle informazioni che ha raccolto sulla vittima e lo sfrutta per ottenere quanto desiderato, dopo aver costruito un rapporto con il target. |
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Baiting e Quid pro Quo: l’attaccante sfrutta un bene fisico o promette un beneficio per ottenere una informazione. |
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Tailgating: l’attaccante entra in un’area privata senza autorizzazioni, mettendo quindi in campo il proprio piano. |
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Come proteggersi
Per imparare a difendersi dai tentativi di manipolazione mentale è utile tenere presente che il nostro subconscio continua a scansionare l’ambiente circostante in cerca di minacce, ma non ci allerta se non nel caso in cui rilevi qualcosa che risulti essere una minaccia.
Un ingegnere sociale cercherà sempre di evitare che le proprie azioni e parole possano attivare il subconscio, sfruttando per l’appunto un pretesto che veli quello che in realtà è un pericolo per l’interlocutore.
Per quanto un ingegnere sociale possa essere esperto, saranno tuttavia sempre presenti alcuni indicatori inconfondibili che possono far capire di essere davanti a qualcosa di pericoloso:
- mancanza di autoreferenzialità: le persone ingannevoli utilizzano un linguaggio che minimizza i riferimenti a sé stessi. Descrivono gli eventi usando la voce passiva o usano “tu” invece di “io”;
- tempo verbale: le persone che dicono la verità si riferiscono ad eventi storici usando il passato. Le persone che mentono descrivono gli eventi come se stessero accadendo ora;
- rispondere alle domande con domande: chi inganna cerca il più possibile di evitare di mentire, in quanto ciò lo metterebbe in pericolo di essere scoperto. Di conseguenza queste persone tentano di schivare le domande ponendone altre;
- equivoci: chi inganna evita di rispondere alle domande, usando espressioni incerte e vaghe;
- giuramenti: il mentitore, mentre cerca di dare il minor numero di informazioni possibili, si sforza di convincere l’ascoltatore che le sue parole siano vere;
- eufemismi: l’attaccante sceglierà sempre le parole che descrivano le proprie azioni negative in maniera da renderle accettabili;
- alludere ad azioni differenti: chi inganna può alludere ad un fatto e non affermare mai con certezza se abbia o meno completato l’azione descritta. Ciò è utile per far sì che la vittima non possa successivamente contestare quando udito, alla prova dei fatti;
- mancanza di dettagli: quando si racconta un evento reale, sono presenti numerosi dettagli che derivano dalla memoria a lungo termine. Quando un attaccante costruisce una storia, tali dettagli sono mancanti;
- equilibrio narrativo: una storia è composta da prologo, evento critico e conclusione. Se una fra queste parti è troppo corta o mancante, significa che c’è qualcosa che non va;
- durata media dell’enunciato: il numero totale di parole, rispetto al numero delle frasi, ha solitamente un valore compreso tra 10 e 15. Se tale valore è molto più alto o più basso, siamo di fronte ad un campanello di allarme.
La miglior difesa è quindi quella di ascoltare con molta attenzione le parole che vengono pronunciate dai nostri interlocutori, restare in allerta e soprattutto accendere il proprio cervello.
Diceva O. Henry, pseudonimo di William Sydney Porter: “Era bello e semplice, come lo sono le vere grandi truffe”. Ricordiamocelo sempre.