Da sempre l’ingegnerizzazione, la costruzione e la disposizione del dispositivo di difesa ha avuto a che fare con la “risposta” più “adeguata” alla metodologia d’attacco utilizzata (generalmente in termini di tattiche, tecniche e mezzi utilizzati).
Tuttavia, le aziende incontrano i limiti di budget, le difficoltà, e spesso le impossibilità di evolvere in termini di tecnologia, architettura, infrastruttura e misure organizzative con la stessa velocità e agilità della minaccia, dunque l’esigenza è quella sicuramente di predisporre le necessarie evoluzioni dei presidi in funzione del risk profile dell’organizzazione (prioritizzazione), ma anche di adattare in run le componenti del dispositivo di difesa all’evoluzione della minaccia traducendo in pratica il concetto di offesa che informa la difesa.
In ogni caso, un fattore determinante, generalmente, ha sempre affiancato il decisore: l’informazione, la conoscenza circa l’atteggiarsi della minaccia, la sua evoluzione attuale, le metodologie utilizzate, gli strumenti impiegati: come si comporta l’esercito attaccante dinanzi alle “nuove” mura.
In questo, il MITRE ATT&CK (acronimo di Adversarial Tactics, Techniques & Common Knowledge)[1] può divenire uno strumento pratico di grande utilità, vediamo come.
Indice degli argomenti
Cos’è il MITRE ATT&CK
MITRE ATT&CK è una knowledge base che consente di usufruire praticamente e facilmente della “conoscenza” acquisita dalla security community in termini di tattiche, tecniche e procedure utilizzate dagli attaccanti, documentandone il “comportamento” (adversary behaviors) e le modalità d’interazione di quest’ultimi, con gli elementi del sistema informativo target.
Inoltre, punto non meno trascurabile, il framework MITRE ATT&CK è strutturato per permettere il suo adattamento e deploy in un’ampia gamma di domini della sicurezza, prestandosi ad un numero significativo di adattamenti ed usi.
Il MITRE ha avviato questo progetto a partire dal 2013, inizialmente documentando le TTPs utilizzate (generalmente riconducibili a minacce APT) contro sistemi principalmente windows-based: in altre parole, documentando il “comportamento” degli attaccanti nella conduzione di attacchi, per utilizzarli nel progetto FMX, il cui obiettivo era quello di definire metodi di miglioramento della detection degli avversari nelle fasi di post-compromissione delle reti aziendali.
In particolare, sono quattro le problematiche che il MITRE ha cercato di risolvere sviluppando un framework che – come anticipato – possa “mappare” il comportamento degli attaccanti a prescindere dai singoli attacchi o campagne:
- Adversary behaviors: il solo utilizzo di IoC (Indicators of Compromise) – come malicious URL, IP addres, file hashes, registry keys, ecc. – che variano da attacco ad attacco, non bastano a poter rappresentare come gli attaccanti “interagiscono” in un dato momento storico con i sistemi target (e non soltanto in occasione di uno specifico e singolo attacco o campagna).
- Relate behaviors to defenses: l’utilizzo di modelli di descrizione delle tipiche fasi d’attacco, come ad esempio la Cyber Kill Chain, risulta troppo di alto livello quando si vuole costruire una correlazione tra il dispositivo di difesa e come gli attaccanti interagiscono con i sistemi attaccati (adversary behaviors), in modo che il secondo informi l’evoluzione del primo.
- Applicabilità concreta e pratica: generalmente le TTPs hanno bisogno di mantenere il collegamento a singoli attacchi o campagne, cioè hanno bisogno del loro contesto per essere utilizzate, e mal si adattano su un livello di astrazione maggiore.
- Common Taxonomy: le TTPs hanno bisogno di essere in un qualche modo “standardizzate”.
La necessità di descrivere, documentare, codificare, un “comportamento” e naturalmente di standardizzarlo, impone di utilizzare il punto di vista dell’attaccante: quale obiettivo si pone, quali step intermedi pianifica per raggiungerlo, quali metodi utilizza. Ciò consente di poter documentare il “perché” e “come” gli attaccanti interagiscono con il sistema informativo target, rispetto alle sue componenti architetturali, infrastrutturali e alla tecnologia impiegata, per raggiungere il loro obiettivo.
Questo consente di ottenere una knowledge base che contenga a quali tattiche gli attaccanti ricorrono per raggiungere i loro obiettivi (il “perché”) e quali tecniche utilizzano (il “come”), basandosi su un’osservazione di ciò che accade “nel mondo reale”.
In questo senso il MITRE ATT&CK potrebbe essere visto come un layer intermedio, che si posiziona tra un livello più “basso”, o di dettaglio se si vuole, che descrive – individuandoli – indicatori di compromissione, exploit kit utilizzati, vulnerabilità sfruttate, da specifici attacchi o compagne d’attacco; ed un livello più alto costituito dall’uso di metodologie di modellizzazione delle minacce di alto livello (es. Cyber Kill Chain, MS Stride ecc.).
Qual è dunque la caratteristica fondamentale che lo contraddistingue in questa scala?
Descrivere quali singole azioni l’attaccante compie, come si correlano tra di loro e con l’obiettivo intermedio (ad es. stabilire un foothold, lateral moving, data exfiltration ecc.) e – soprattutto – come queste azioni interagiscono con i sistemi di difesa, configurazioni, ed altre contromisure che possono essere poste a presidio del sistema informativo.
In altre parole fornisce un “contesto”, che agli occhi dell’analista, colora di nuovo significato il “come” ed il “perché”.
Dal punto di vista della difesa, l’utilità pratica del MITRE ATT&CK, non è tanto permettere di adottare un modello “offense is the best driver for defense”, o approdare ad un modello di difesa behavior-based (sui cui benefici la security community è concorde e pacifica), ma piuttosto sul fornire uno strumento utile al “come farlo”.
Come funziona il MITRE ATT&CK
Il focus, dunque, non è tanto sullo specifico toolset utilizzato dagli attaccanti o sulla tipologia di malware impiegato (così come le sue caratteristiche e diverse capabilities), ma piuttosto su come l’attaccante “interagisce” con i sistemi dell’organizzazione target.
Il framework MITRE ATT&CK organizza la sua base di conoscenza sulle metodologie di attacco in matrici le quali coprono diversi “ambiti” e piattaforme:
- PRE-ATT&CK, matrice che organizza le “tattiche” e le “tecniche” utilizzate nella fase tipicamente di information gathering e di preparazione dell’attacco;
- Enterprise, matrice che si focalizza sulla fase di attacco vero e proprio, dunque dall’accesso iniziale, passando dall’execution, persistence, priviledge escalation, lateral moving (etc.) fino all’exfiltration e all’impact.
- A sua volta, la matrice Enterprise si sviluppa in sotto matrici specifiche per diverse piattaforme (Windows, Linux, macOS), con un drill down per il mondo Cloud (AWS, GCP, Microsoft Azure, Office365, SaaS platform).
- Mobile, matrice che copre tattiche e tecniche utilizzate contro mobile device (piattaforme Android e iOS);
- Industrial Control System (ICS), che organizza tattiche e tecniche utilizzate dagli attaccanti in ambienti OT (Operational Technologies), dunque in ambiente prettamente industriale il quale ha caratteristiche architetturali e problematiche di cyber security peculiari.
Come precedentemente accennato, il MITRE ATT&CK ha strutturato ognuna delle matrici su una serie di “tattiche” (in rosso, in figura) ognuna delle quali comprende un certo numero di “tecniche” (in blue).
MITRE ATT&CK Enterprise Matrix.
Le tattiche rappresentano il “perché”, cioè l’obiettivo tattico che gli attaccanti si prefiggono durante una delle fasi un attacco (es. persist, discover information, move laterally ecc.), mentre le tecniche rappresentano il “come”.
Naturalmente, ci sono diversi modi per raggiungere un determinato obiettivo tattico, e di conseguenza per ogni “tattica”” il MITRE ATT&CK descrive più “tecniche” e “sotto-tecniche”.
Procedendo ad un esempio concreto, guardiamo in particolare l’Initial access, cioè le tecniche utilizzate per stabilire un primo accesso non consentito in una rete aziendale (il c.d. foothold).
Set di Tecniche mappate sotto la tattica “Initial Access”
In questo caso, le tecniche individuate sono 11, ognuna provvista di un approfondimento specifico con la mappatura di come, ad esempio, la specifica tecnica dello Spearphishing Link sia stata utilizzata da diversi collettivi attaccanti (le c.d. procedures), le conseguenti azioni di mitigazione e le misure per potenziare o consentirne la detection.
“Spearphishing Link” Procedure Examples
Azioni di mitigazione e misure per la detection
Qualora l’esigenza fosse quella di mappare sul MITRE ATT&CK il modus operandi di un collettivo attaccante – come ad esempio Dragonfly 2.0 – per ottenere rapidamente un footprint di come agisce un attore che targettizza generalmente infrastrutture critiche, l’informazione sarebbe facilmente ottenibile utilizzando il MITRE e ATT&CK Navigator, strumento consultabile via browser che semplifica e rende interattiva la consultazione della knowledge base MITRE ATT&CK e consente facilmente anche la comparazione dei profili di “comportamento” dei diversi attackers.
Dragonfly 2.0 techniques
Un altro esempio di informazione resa facilmente usufruibile, è quella relativa al toolset utilizzato dagli attaccanti, cioè alla mappatura delle capabilities del rootkit, piuttosto che del ransomware (in questo caso siamo scesi direttamente a livello IOC).
Guardiamo CozyCar, malware utilizzato da APT29 tra il 2010 e il 2015, il quale si presenta con una piattaforma modulare, che consente, tra le altre funzionalità che generalmente vengono scaricate da C&C server controllati dagli attaccanti, il credential dumping, utilizza meccanismi di persistenza quali la creazione di un servizio avviato al boot del sistema operativo (dunque ciò implica la capacità di modificare il registro di sistema) e così via. Tutto ciò è intuitivamente già mappato sulle matrici MITRE ATT&CK.
CozyCar
L’organizzazione dell’informazione, dunque, mediante la mappatura e descrizione di tattiche e tecniche, rende possibile inserire quest’ultime in un “contesto” e soprattutto ne consente una rapida e libera fruizione, prestandosi come si diceva in apertura ad una molteplicità di utilizzi: dall’indagine delle capabilities dei singoli malware, alla comparazione tra più collettivi attaccanti, fino alle diverse possibili analisi che possono essere portate avanti rispetto a singole piattaforme (es. Windows, piuttosto che Linux), o diversi domini della sicurezza delle informazioni (si pensi ai domini ICT tradizionali e OT), non trascurando Cloud e mondo Mobile.
MITRE ATT&CK: a cosa serve
Davanti a questa molteplicità d’uso, si possono qui riportare alcuni spunti circa l’impiego operativo del framework MITRE ATT&CK.
Partiamo ponendoci qualche domanda:
- Quant’è efficace il mio attuale dispositivo di difesa? Come posso migliorarlo?
- Qualora fossi oggetto di un attacco APT, le mie capacità di detection, basterebbero per rilevarlo?
- I dati che colleziono dai miei sistemi di difesa perimetrale, sono utili?
- La copertura dei tool che utilizza la mia organizzazione (e che magari reggono anche processi critici per il business), sono adeguatamente protetti?
- La soluzione applicativa di sicurezza che vorrei acquistare è realmente utile a rafforzare il mio dispositivo di sicurezza aziendale?
Quesiti che potrebbero già far sorgere nella mente del lettore un’idea circa i possibili ambiti di applicazione del MITRE ATT&CK. Ne accenniamo ad alcuni, senza nessuna pretesa di esaustività:
- Detection and analytics. Il rafforzamento delle capacità di detection “behavioral based”, mediante la strutturazione di analytics basati sul framework ATT&CK. In altre parole si passa dalla detection basata sul rilevare eventi conosciuti come potenzialmente nocivi e bloccarli, ad un modello che prevede l’uso di log ed event data per identificare “comportamenti sospetti” che corrispondono a quelli descritti nelle matrici MITRE ATT&CK.
- Threat Intelligence. L’obiettivo principale della threat intelligence è quello di collezionare “informazione” e generare intelligence che siano “actionable” (cioè direttamente utilizzabili). L’utilità del MITRE ATT&CK in questo senso, è quello di consentire facilmente di mappare le informazioni collezionate partendo dal monitoraggio di attacchi, campagne, attori, samples raccolti ed analizzati (quindi da IOC) direttamente sulle matrici MITRE: ciò significa, rendere operativamente utilizzabili le intelligence da parte del blue team per riposizionare adeguatamente il dispositivo di sicurezza (es. utilizzando le intelligence per la generazione di analytics e rafforzare la detection, o supportare la prioritizzazione delle diverse misure tecniche od organizzative da introdurre a gestione dei livelli di rischio). Questo consente l’allineamento della postura difensiva dell’azienda all’evoluzione della minaccia dal punto di vista immediatamente operativo, oltre a poter supportare le decisioni strategiche del decisore e le analisi di rischio.
- Assessment. Il framework MITRE ATT&CK può essere utilizzato per gli assessment del dispositivo di sicurezza e per determinare possibili aree di miglioramento. Il valore aggiunto risiede nel fatto che si verificano i gap delle difese dell’organizzazione (sia dal punto di vista tecnico che organizzativo) contro delle modalità d’interazione degli attaccanti con i sistemi informativi target, e non contro “statiche” best practice o standard. Inoltre possono essere pensati, costruiti, gli assessment più disparati: ad esempio, per platform (Windows, Linux ecc.), per dominio (Cloud, Mobile, ICS), oppure contro il “comportamento” di determinati collettivi criminali che attenzionano specifici settori produttivi di interesse per l’organizzazione, o anche contro determinate “tattiche” (ad esempio, un assessment per verificare il grado di maturità e di risposta contro le tecniche di persistenza nel perimetro aziendale ecc.).
- Red&Blue: Purple Team. L’impiego del c.d. Purple Team in un contesto che vede l’applicazione del MITRE ATT&CK risulta fondamentale per diversi aspetti, uno su tutti, che qui citiamo, è quello di poter consentire il “miglioramento continuo” delle capacità di detection dell’organizzazione: l’aver strutturato degli analytics basati sul comportamento degli attaccanti, applicando il MITRE e rendendoli così operativi, non esaurisce il compito. In altre parole, aver determinato una regola di monitoraggio per individuare il lancio di mimikatz.exe da linea di comando o mediante Powershell, probabilmente non ferma un attaccante, che per sua natura – nel mondo reale – si adatta allo specifico contesto in cui sta conducendo l’attacco. L’impiego del Red team per testare gli analytics e le difese sviluppate dal Blue team, apporta il valore aggiunto di supportare quest’ultimo nel miglioramento delle difese, spingendo “più in là” la linea di confine: ad esempio, se gli analytics sviluppati sul MITRE sono fermi su “come un attaccante interagisce con il sistema informativo per attaccarlo”, il risultato dopo l’intervento del Red Team è quello di scrivere degli analytics che tengano conto anche di “come un probabile avversario possa evadere i sistemi di monitoraggio stessi” (e passare inosservato, nell’esempio qui riportato, o addirittura evadere i presidi di sicurezza ed assicurarsi il raggiungimento dell’obiettivo dell’attacco).
In definitiva, gli usi possono essere diversi, il beneficio rimane però riassumibile nel seguente concetto (se si vuole anche una provocazione): se sappiamo che i nemici usano superare le mura scavando gallerie e non solo utilizzando scale, rampe, elepoli e onagri, potremmo ben consigliare al signore di scavare un fossato più profondo.
E qualora gli avversari, il giorno dell’assedio, utilizzassero una sorta di aereo? Ciò rappresenta il difficilmente prevedibile sulla base delle informazioni a disposizione, ma che comunque – se il dispositivo di difesa è ben predisposto e bilanciato – rimane in percentuale quell’1% che ha bisogno di mezzi e know how significativi da parte del nemico, in definitiva rappresentando la sua superiorità, e quando è così, c’è chi vince e chi perde.
NOTE
- Il MITRE è un’organizzazione americana no-profit che gestisce i centri di ricerca e sviluppo del governo federale. ↑